«Ghe pensi mi»: un avvertimento a quanti nel Pdl gli remano contro sui tagli e i bavagli. «In Italia la situazione non mi pare precisamente tranquilla, ma da lunedì torno al lavoro su tutti i temi della politica, la manovra finanziaria, la legge sulle intercettazioni e la riforma della giustizia» e, appunto, «come si dice a Milano “ghe pensi mi”. Ci penso io e vedrà che queste cose andranno a buon fine». Silvio Berlusconi lancia un messaggio a reti unificate dalle edizioni principali del Tg1 e del Tg5 delle 20 e al Gr Rai. Messaggio registrato con luci soffuse dal regista Gasparotti a Palazzo Chigi, con stendardi e tanto di statua giunonica sullo sfondo.
Un messaggio quasi in codice che punta a far capire (a Gianfranco Fini) che non si farà piegare, ma semmai tramite Gianni Letta sarà lui a ricucire i rapporti con il Colle accogliendone i rilievi sul ddl intercettazioni. In tv non lo dice, ma a Palazzo Grazioli Berlusconi sbotta: se Fini «non rientra lo caccio». Il premier non vuole «impiccarsi» sulla legge bavaglio (tentato da mollare tutto) o, ma non arretrerà su Lodo Alfano e sulla manovra. Dai Tg Berlusconi lancia un altro avviso alla stampa che, secondo lui, ha travisato le sue gesta in Sudamerica. Qui Berlusconi mostra una certa debolezza nell’esaltare «il tour de force per un giovane di 35 anni come me…», dal Canada al Brasile fino a Panama, per cancellare i racconti stampa di notti folli con ballerine brasiliane di «lap dance» e Dame bianche in aereo di Stato.
Così quella che giovedì (per qualche ora) era stata prevista come conferenza stampa ieri alle 12 si è trasformata nell’uscita in tv con domande concordate. «Più di 33 mila chilometri, più di 43 ore di volo, due visite di Stato, un G8, un G20…», insomma «nessun dissidio ma concretissimi risultati. Ho portato a casa quasi un punto di Pil, circa 15 miliardi di euro». Con un contentino a Bono degli U2 sugli aiuti «alle mamme africane». Il Tg1 di Minzolini apre con l’intervista effettuata da Nicoletta Manzione, con titoli ripresi nel «sottopancia» sul video. Il Tg5 di Mimun maschera il conflitto d’interessi del proprietario dopo un’apertura sui Mondiali e cronaca nera. Ma qui Berlusconi ribadisce: «Quando faccio una cosa mi impegno a fondo».
Silenzio, parla Silvio: ricorda una vecchia pubblicità della pasta, è la parola d’ordine uscita dal lungo vertice a Palazzo Grazioli sulle intercettazioni. Bocche cucite fino alle otto di sera. La giornata è cominciata sotto le nuvole del nuovo strappo col Quirinale, effettuato a freddo da Niccolò Ghedini. Un falco, che ha messo in imbarazzo anche il Guardasigilli Angelino Alfano. I due si sono avvicendati nella riunione con i coordinatori del Pdl La Russa e Verdini, ma non Sandro Bondi, i capigruppo Gasparri e Cicchitto, il vice Quagliariello. Nel vertice Berlusconi, furioso per come Fini ha strapazzato Bondi, ha lanciato un ultimatum al presidente della Camera: «Nessuna resa con il traditore», è la road map. «O rientra nei ranghi o lo caccio dal partito». Avviso poi comunicato da Cicchitto: «O si definiscono i termini della convivenza o è meglio una separazione consensuale» che potrebbe essere definita mercoledì nell’ufficio di presidenza del Pdl. Dal divorzio Fini potrebbe creare un suo partito, dicono i rumors di Montecitorio, ma non è chiaro con chi e con quale forza. E il finiano Bocchino replica: «Mai e poi mai lasceremo il partito che abbiamo costruito».
Verso le cinque arriva a Palazzo Grazioli anche Aldo Brancher, neo ministro del nulla i cui legali fanno sapere che «deciderà all’ultimo momento» se essere presente lunedì al processo che riguarda lui e la moglie. A Via del Plebiscito è stata vagliata l’ipotesi delle dimissioni per evitare il voto sulla mozione di sfiducia l’8 luglio alla Camera: richiesta da Pd e Idv, potrebbero votare sì l’Udc e i finiani. Dal Pdl fanno sapere che «c’è una riflessione in corso», domenica Brancher sarà ad Arcore, convocato anche Calderoli. E proprio dalle divisioni nella Lega viene la pressione per le dimissioni. E non solo. Al Carroccio non è piaciuta affatto la sparata di Ghedini sul Colle. Dopo il Consiglio federale a via Bellerio il capogruppo alla Camera, Regazzoni, manda un messaggio al premier: «Siamo disponibili al dialogo, l’appello di Napolitano è la sintesi più importante a cui attenerci».
Così per la prima volta Silvio comincia a diffidare dell’Umberto…
da www.unita.it