Legambiente presenta il rapporto ‘Mare Nostrum 2010’: “Cattiva depurazione e cementificazioni abusive restano i mali endemici”. E tra i nuovi nemici delle nostre acque arrivano le trivellazioni petrolifere off-shore
VENEZIA – Crescono i reati di inquinamento e abusivismo sulle coste italiane, sono a rischio aree di pregio e le isole minori. L’allarme viene lanciato da Legambiente nel rapporto ‘Mare Nostrum 2010’ presentato oggi a Venezia. “Cattiva depurazione, inquinamento e cementificazioni abusive restano i mali endemici del mare italiano, che niente e nessuno sembra poter scalfire”, spiega Legambiente. Il rapporto è stato presentato in occasione della partenza della Goletta Verde, la campagna di monitoraggio delle acque marine dell’associazione ambientalista.
Le percentuali. Il 2009 ha visto una crescita dell’abusivismo edilizio del 7,6% rispetto all’anno precedente. L’inquinamento per scarichi fognari illegali, cattiva depurazione e inquinamento da idrocarburi è aumentato addirittura del 45%. I sequestri sono saliti del 46,2% passando dai 4.049 del 2008 ai 5.920 del 2009. Calati invece del 40% circa i reati accertati fra la costa e il mare, 8.937 infrazioni nel 2009 a fronte delle 14.544 del 2008, una diminuzione determinata soprattutto dalla riduzione di reati accertati nel campo della pesca (-72,4%) e della nautica da diporto (- 76,6%).
Le trivellazioni. Secondo quanto reso noto da Legambiente, “molte società energetiche hanno avanzato richieste di ricerca, e in alcuni casi ottenuto permessi in un’estensione di circa 39mila chilometri quadrati in 76 aree, per la gran parte di elevato pregio ambientale e considerate zone sensibili proprio per i loro ecosistemi fragili e preziosi da tutelare”. Le attività di ricerca in mare di idrocarburi sono concentrate nel mar Adriatico, nello Jonio e nell’area davanti alla Sicilia meridionale e occidentale: si tratta di 24 permessi di ricerca rilasciati per una superficie complessiva di circa 11mila chilometri quadrati. I luoghi più interessati dalle attività di ricerca di petrolio sono la costa tra le Marche e l’Abruzzo con tre permessi, il tratto di costa pugliese tra Bari e Brindisi con due, il golfo di Taranto e il canale di Sicilia con 12. L’ultimo permesso in ordine cronologico è stato rilasciato pochi giorni fa alla Shell Italia per avviare le prospezioni in un’area di mare di 1.356 chilometri quadrati di fronte al golfo di Taranto. I tratti di mare che rischiano l’arrivo di trivelle e piattaforme, conclude il dossier, nei prossimi anni potrebbero essere molti di più: dal 2008 ad oggi sono state presentate altre 41 domande per 23.408 chilometri quadrati.
La mafia. In testa nella classifica delle illegalità le regioni a tradizionale presenza mafiosa, dov’è stato accertato il 59% del totale dei reati (a fronte del 55,5% del 2008). La Campania con 1.514 infrazioni è stabile al primo posto, seguita dalla Puglia con 1.338 infrazioni, dalla Sicilia con 1.267 infrazioni e dalla Calabria con 1.160 infrazioni.
Reti killer. Ogni anno migliaia di esemplari tra tartarughe, piccoli delfini, capodogli o balenottere trovano la morte per soffocamento in queste reti killer non selettive che dovrebbero già essere state distrutte grazie ai milioni di euro spesi dall’Ue per indennizzare i pescatori proprietari. In Calabria, Campania, Sicilia e Puglia sono state sequestrate nell’ultimo anno, complessivamente, più di 133 mila metri di reti spadare e quasi 111 mila di ferrettare (una piccola spadara lecita, ma spesso utilizzata in maniera fraudolenta). Le marinerie più coinvolte nelle operazioni di polizia sono state quelle di Reggio Calabria, Catania, Roma e Napoli. Le due località italiane tristemente note per l’utilizzo delle spadare sono Bagnara Calabra (Rc) e Porticello (Pa). Ma anche San Vito lo Capo si è rivelata lo scorso anno una specie di “porto franco”, soprattutto per i pescherecci catanesi, così come alcuni porti esteri, tra cui quello di Biserta, in Tunisia, di fronte alle coste trapanesi, scelto da numerose flottiglie per scaricare il pescato.
Abusivismo. Dal punto di vista dei reati accertati sul demanio, la Sicilia è la regione con più illegalità sul fronte dell’abusivismo con 749 infrazioni accertate; seguono la Campania con 702, la Calabria con 561 e la Sardegna con 499.
Scarichi e depuratori. Numeri imbarazzanti per il settimo Paese più industrializzato al mondo sono anche quelli sugli scarichi civili non depurati: il 30% degli italiani – pari a 18 milioni di cittadini – non è servito da un impianto di depurazione, mentre il 15% non ha a disposizione una rete di fognatura dove scaricare i propri reflui e, tra questi, ci sono tutti i veneziani del centro storico e delle isole. Dati che viaggiano spesso insieme con quelli dell’abusivismo edilizio di cui, di solito, gli scarichi illegali sono la conseguenza. Per quanto riguarda le fognature, solo la Lombardia supera il 90% di copertura della popolazione, fanalino di coda la Sardegna e la Liguria con il 75%. Le 15 regioni costiere sono tutte sotto il 90%. Ma i problemi principali riguardano il servizio di depurazione. La regione in cui si registra il deficit maggiore è la Sicilia dove 2,3 milioni di persone (il 54% del totale) riversano i propri scarichi non depurati nel mare. A seguire la Campania dove il servizio copre solo il 67% della popolazione lasciando scoperti quasi 2 milioni di cittadini, poi il Lazio e la Toscana, con circa 1,4 milioni (il 38% del totale) di persone scoperte.
Caso Campania. Quattro reati al giorno, tre infrazioni per ogni chilometro di costa per un totale di 1.514 infrazioni, 2.577 persone denunciate o arrestate e 1.030 sequestri effettuati. Le storie di mare raccolte da Legambiente in Campania sono quasi sempre storie di illegalità: veleni scaricati nel golfo, rifiuti e scarichi fuorilegge, petrolio, bracconieri e cemento che dilaga sul demanio. Sono le coste che pagano il prezzo più alto: la Campania, con 702 infrazioni e 480 sequestri, si piazza seconda a poca distanza dalla Sicilia per casi accertati di abusivismo sul demanio marittimo nell’ultimo anno. Detiene il primato invece per il numero di persone arrestate o denunciate, che sono ben 1.363, il 25% del totale nazionale. Epicentro dell’illegalità la periferia di Napoli, l’isola di Ischia, la Costiera Amalfitana e la penisola Sorrentina, dove, secondo i dati della Procura generale della Repubblica di Napoli, a ottobre 2009 erano stati abbattuti 106 immobili.
Le reazioni Ue. A causa di questi numeri, l’Italia ha in corso una procedura d’infrazione europea per il mancato trattamento delle acque reflue in ben 178 comuni di dimensioni medio-grandi. Le regioni nel mirino dell’Europa sono la Sicilia, con 74 comuni inosservanti, fra cui spiccano diversi capoluoghi di provincia come Palermo, Catania, Messina, Ragusa, Caltanissetta e Agrigento; la Calabria con 32 comuni tra i quali Reggio Calabria, Lamezia Terme e Crotone; la Campania con Benevento, Napoli, Salerno, Avellino, Caserta e altri 18 agglomerati tra cui Ischia; la Liguria con 19 comuni fra cui Imperia, Genova e la Spezia; e poi 10 comuni pugliesi, le province di Campobasso, Isernia, Trieste e Chieti e così via. Uno degli esempi più evidenti di cattiva depurazione è quello dei Regi Lagni, una serie di canali d’acqua che attraversano un bacino di più di 1.000 chilometri quadrati tra l’area napoletana e quella di Caserta, la provincia che da anni si attesta al primo posto per maggiore percentuale di costa vietata alla balneazione: solo il 35% è considerato balneabile.
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