Non siamo un paese rassegnato», dice Susanna Camusso, «emozionata» come ad un esordio, quando le riferiscono i dati di adesione allo sciopero generale di ieri indetto dalla Cgil. Un milione di persone nelle piazze di tutta Italia per dire no alla manovra del governo “iniqua, ingiusta e depressiva” che grava “tutta sulle nostre spalle”. A fine giornata, il sindacato di Gugliemo Epifani, ieri a Vancouver per un congresso internazionale, certifica lo «straordinario successo inaspettato»: 100 mila persone a Bologna, 70 mila a Napoli e Milano, 40 mila a Roma, 25 mila a Palermo, 20 mila all´Aquila, 80 mila in tutto il Veneto. Alte adesioni nelle fabbriche (punte del 100% in quelle metalmeccaniche della Lombardia), negli enti locali e nei trasporti che ieri si sono fermati per 4 ore e hanno causato disagi soprattutto a Roma e Milano, con 86 voli annullati a Fiumicino. In piazza anche gli studenti, i poliziotti, i lavoratori delle aziende in crisi a Cagliari come ad Ancona, e gli operai della Fiom di Pomigliano in corteo a Napoli dietro lo striscione «Siamo tutti di Pomigliano». Per il governo la mobilitazione è stata un flop e il ministro della Funzione pubblica, Brunetta, riferisce di una partecipazione limitata al 4% nel pubblico impiego.
La Camusso, vicesegretario Cgil, parla da Bologna, da una piazza Maggiore stracolma e rumorosa, tra fischietti e vuvuzelas. «Cgil isolata? Basta guardarsi intorno», risponde ai cronisti. Dal palco attacca il governo: «Questa manovra va cambiata, perché è depressiva, non guarda al futuro e la pagano solo i lavoratori, gli enti locali e i cittadini». Poi rilancia: «Sappiamo dove si può tagliare. Partiamo dalla tassazione delle rendite». E continua sollecitando chi ha condonato i capitali a pagare più del 5% e chi ha redditi sopra i 150 mila euro di contribuire «per due anni con un´addizionale che permetta a chi guadagna mille euro di non rinunciare ai contratti». «Così recuperiamo 180 miliardi», chiude.
La signora del sindacato, che da ottobre potrebbe guidare la Cgil quando Epifani lascerà, chiede al governo di sciogliere le norme speciali per la Protezione civile per “liberare” gli appalti e «risparmiare qualche miliardo» e di non procedere alla costituzione della Difesa Spa. Poi va giù duro contro gli «urlatori della modernità» anche sulla vicenda di Pomigliano: «Vorremmo un paese in cui il governo non fosse silenzioso e ininfluente di fronte alla più grande fabbrica di auto. Un paese moderno non mette in alternativa lavoro e diritti».
A sorpresa, Pierluigi Bersani spunta nel corteo di Milano. «Alziamo l´aliquota sulla rendita finanziaria come ha fatto Cameron in Inghilterra dal 18 al 25%. Noi l´abbiamo al 12%», dice il segretario del Pd che sulla Fiat aggiunge: «La Fiat confermi, senza se e senza ma, gli investimenti. Ha detto Panda e Panda sia». A Napoli arrivano anche il leader Idv Antonio Di Pietro che indossa la maglietta con la scritta «Pomigliano non si piega» e il governatore della Puglia Nichi Vendola che parla di democrazia e dignità violate a Pomigliano. «Mi auguro che sia l´ultimo sciopero del ‘900 italiano, vista la bassa adesione», commenta il ministro del welfare Sacconi.
La Repubblica 26.06.10
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Milano: Cortei e sciopero, centro bloccato
C’è l’impronta di Pomigliano su una piazza Duomo a Milano rossa di bandiere, magliette e cappellini come non si vedeva da un po’. Color Cgil, che nel giorno dello sciopero generale contro la manovra del governo porta a sfilare 70 mila persone (la metà secondo la Questura) e rivendica un’adesione «in alcune fabbriche al 100%». Disagi Sopra, il segretario del Pd, Bersani. A fianco, piazza Duomo dove sono confluiti i due cortei. Registrati disagi al traffico in centro
Nino Baseotto, segretario lombardo, alle 10.45 legge un messaggio al cellulare e sorride: «Siamo ancora fermi a porta Venezia», quando la testa del corteo s’è già mossa da un’ora. I partecipanti sono più del previsto. Numerosissimi quelli della funzione pubblica, i lavoratori dei trasporti (che in serata hanno fermato bus, tram e metro), i tessili. Ma l’ovazione è all’arrivo dei metalmeccanici della Fiom e di 7 cartelli che compongono la parola «dignità». Baseotto dal palco: «L’alternativa tra lavoro e diritti è un’idea barbara e medievale che non accetteremo mai». Poco lontano qualche migliaio sfila sotto le insegne della Cub, il sindacato di base. Bersaglio della protesta è per tutti la manovra. «Ingiusta e iniqua» sostiene la Cgil, perché colpisce i dipendenti, taglia risorse a Comuni e Regioni, deprime i consumi e allontana l’uscita dalla crisi. «Minestra indigeribile», dice il segretario nazionale Enrico Panini. «Va corretta», s’aggiunge il leader pd Pier Luigi Bersani, a sorpresa nel corteo. È il turno di Monica Mazzoleni, Indesit di Brembate Sopra, Bergamo, che chiude tutto e trasferisce altrove. Fa il suo discorso tosto, allenata da settimane di protesta, scende: «Ho 35 anni, un compagno, figli? C’era l’intenzione, ma adesso…». Da 13 anni alla catena di montaggio, Monica difende il posto suo e di 430 operai. Con poche speranze. «Siamo andati a parlare ovunque, al Comune, alla Provincia, anche a Pontida. È venuto pure Calderoli. Tante belle parole…».
Il Corriere della Sera 26.06.10
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“Bologna: Un fiume rosso invade piazza Maggiore “, di Sara Scheggia
Tantissimi, forse 60 mila, almeno 100 mila per gli organizzatori. Due serpentoni rossi che si sono riversati in Piazza Maggiore armati di fischietti, striscioni e pure trombette sudafricane vuvuzela, al loro esordio in una manifestazione sindacale. Lo sciopero generale della Cgil contro la manovra del governo ha invaso Bologna, per una mattinata di protesta come non se ne vedevano da anni. «Con una piazza così, si può cambiare il paese», ha detto dal palco Susanna Camusso, vice segretario generale del sindacato, pasionaria prossima a prendere il posto di Guglielmo Epifani. Davanti a lei, lavoratori e pensionati da tutta l´Emilia Romagna, arrivati sotto le Due Torri su oltre 500 pullman. «La Cgil isolata? – commenta – Basterebbe guardarsi intorno…». Il colpo d´occhio fa effetto, nemmeno i segretari regionali se l´aspettavano. «Non pensavamo a una cosa così grande», confessa Vincenzo Colla, della Cgil Emilia Romagna.
I due cortei, partiti da Piazza Azzarita e da Piazza dell´Unità alle 9 di ieri mattina, hanno paralizzato le vie della città, portandosi verso il Nettuno come due affluenti in piena. La Camusso li ha seguiti entrambi, cominciando dall´omaggio al cippo dei caduti a Porta Lame, dove ha deposto una corona insieme ai colleghi emiliani. A sfilare, tutte le realtà produttive regionali, accompagnate da tanti pensionati dello Spi, operatori sanitari, dipendenti pubblici, precari della scuola. In prima fila, per le Due Torri, le tute blu della Magneti Marelli, della Titan, della Lamborghini. «La lotta è credere in un futuro migliore», «Senza diritti siamo solo schiavi», «Io sto con la Fiom», gli striscioni più gettonati. C´è stato tempo anche per i no alla legge “bavaglio” con l´intervento di Giovanni Rossi della Fnsi, poi, a chiudere la giornata, il comizio della Camusso, il primo sulla piazza “rossa” di Bologna, che ha toccato punti spinosi come i tagli della manovra e l´operato del Governo, che sulla crisi «ha raccontato una fiaba di 600 giorni».
Dal Crescentone sono arrivati i primi numeri sulla partecipazione, poi confermati dalla Cgil: adesioni fino il 70% nelle bolognesi Gd, Ducati, Telecom. All´aeroporto si è sfiorato il 90% (12 voli cancellati), tra i ferrovieri il 60%. Molti supermercati Coop sono rimasti chiusi, mentre a Palazzo d´Accursio hanno scioperato quasi sei dipendenti su 10, così come al Sant´Orsola. Cifre importanti, ma contestate e contraddette dagli industriali che parlano di percentuali molto più basse. Per Unindustria, infatti, la media tra le associate si è fermata al 30,5%, con un picco di oltre il 40 tra gli operai, ridotto al 19,8% tra impiegati e quadri.
Piazza Maggiore, intanto, si prepara per un´altra protesta, lunedì 28, contro i tagli del Comune, che non ha rinnovato i fondi al blog dei senza dimora di Piazza Grande «Asfalto».
La Repubblica Bologna 26.06.10
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Puglia: Cgil, manifestazioni in tutta la regione: siamo l’insofferenza
La parola d’ordine è contrastare una manovra «che mortifica il mondo del lavoro e scarica le difficoltà sulla parte più debole del Paese». La Cgil, ieri, ha chiamato a raccolta il suo popolo (dipendenti, pensionati e precari): 20mila manifestanti, secondo le stime del sindacato, che hanno dato vita a cortei in tutta la Puglia. «Siamo riusciti a rappresentare l’insofferenza che serpeggia tra la gente — afferma Giovanni Forte, segretario generale della Cgil Puglia— vista anche la nutrita presenza nei cortei di amministrazioni locali: questo testimonia che non siamo soli. Gli enti territoriali stanno assumendo posizioni sempre più dure e contrarie nei confronti della manovra, come dimostra la bocciatura da parte della Conferenza Stato-Regioni».
A Bari la protesta è stata animata da 8mila persone con in testa i lavoratori del teatro Petruzzelli interessati, come altre realtà dello spettacoli, dai tagli dei trasferimenti statali. Ad aprire il corteo una delle statue utilizzate per l’allestimento della Turandot «vestita» con una maglietta rossa. «Il Mezzogiorno— prosegue Forte — non ha certo bisogno di tagli indiscriminati, ma di risolvere tutte le vertenze in piedi e di sconfiggere evasione fiscale e lavoro nero. Inoltre, c’è la necessità di attivare investimenti che generino occupazione rispettosa dei diritti delle persone». La risposta della zona industriale barese ha raggiunto la media del 70% (Isotta Fraschini 60%, Sirti 80%, Magneti Marelli 60%). Nel complesso, il comparto del pubblico impiego ha superato il 70% di adesioni (il picco al Policlinico con il 75%). Tra i presenti Fausto Durante, segretario nazionale della Fiom Cgil, che ha lanciato stoccate anche nei confronti delle altre sigle sindacali: «Non siamo isolati, i milioni di lavoratori che stanno scioperando lo dimostrano. Con noi si sono tutte le categorie sociali».
A Brindisi la partecipazione, meno sostenuta, ha interessato 3mila lavoratori. Il settore dell’igiene ambientale ha registrato un’adesione del 75%, mentre il dato complessivo è di un modesto 30%. La protesta è andata meglio nella Bat dove il comizio conclusivo è stato aperto da una lavoratrice del tribunale. Pubblico impiego e industria hanno raggruppato il 60% della forza lavoro (l’agenzia delle entrate di Barletta è rimasta chiusa). In Capitanata i cortei hanno interessato mille persone. Chiusi i due sportelli Inps del capoluogo, mentre nelle aziende si è registrato l’80% di scioperanti nel consorzio di igiene ambientale Sie, il 90% alla Hydro (San Severo) il 60% nel gruppo Franci (appalto delle pulizie negli stabilimenti Alenia di Foggia), il 40% negli uffici pubblici della provincia e il 35% nelle officine di Trenitalia. In Salento sono scesi in piazza 5mila lavoratori con un’astensione totale nella zona industriale. Bloccate le sedi Inps di Nardò e Casarano. La media di adesione allo sciopero, a livello provinciale, si è attestata al 70% (pubblico impiego 50%, industria e servizi 80%). Tremila persone, infine, si sono date appuntamento a Taranto. Nel pubblico impiego la partecipazione è risultata del 60%, mentre nel terziario del 70%. Poco sentita la protesta all’Ilva: nell’acciaieria più grande d’Europa solo il 30% dei dipendenti ha incrociato le braccia.
Il Corriere della Sera Puglia 26.06.10
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Palermo: Il popolo della Cgil scende in piazza “Non paghiamo gli sprechi delle cricche”, di Giovanni Scarlata
Calà: “Con l´aumento della Tarsu i cittadini pagano per tappare i buchi di bilancio del Comune e delle società”
Il popolo della Cgil scende in piazza contro la manovra economica del governo Berlusconi. A migliaia, provenienti da tutta la Sicilia (25 mila secondo il sindacato), hanno sfilato da piazza Croci a piazza Verdi, sede del comizio conclusivo, con uno striscione dal messaggio inequivocabile a far da apripista: “Tutto sulle nostre spalle? No”.
Dalla folla in corteo come dal palco allestito ai piedi del Teatro Massimo, sono state molte le critiche indirizzate all´operato del governo nazionale accusato in diverse occasioni di avere abbandonato il Mezzogiorno. «Questa manovra va cambiata e resa più giusta e più indirizzata verso le reali esigenze del paese – ha detto nel corso del suo intervento Vera La Monica, segretaria confederale della Cgil nazionale – Occorre risanare e recuperare gli sprechi, recuperando quanto viene perso a causa della corruzione e delle cricche». Maurizio Calà, segretario della Camera del Lavoro di Palermo, ha spiegato quali saranno gli effetti della manovra sul capoluogo siciliano: «L´anno prossimo Palermo si troverà a far fronte ad un mancato introito di 46 milioni di euro, in una città nella quale si aumenta la Tarsu per provare a tappare i buchi di bilancio del Comune e delle società partecipate avrà un´unica conseguenza possibile: ancora una volta saranno i palermitani a doverne pagare lo scotto». In piazza c´erano circa 5 mila dipendenti pubblici aderenti alla Fp Cgil Sicilia: «In città – dice il segretario Michele Palazzotto – sono arrivati 18 pullman con delegazioni di impiegati comunali e regionali tra cui moltissimi precari alle prese in questi mesi con la scadenza dei contratti. Come categoria abbiamo voluto fosse proprio un rappresentante di loro a prendere la parola».
Mariella Maggio, segretario generale della Cgil Sicilia, nel corso del suo intervento ha invitato la Regione a ricoprire un ruolo attivo nella soluzione della crisi: «La Regione faccia la sua parte, sia in sede di trattativa con il governo nazionale che nel modificare la sua politica economica. Nell´Isola ci sono 500 mila persone senza lavoro e questa manovra causerà un ulteriore impoverimento dei cittadini, che si ritroveranno a dover pagare di più per ottenere servizi minori». Distribuite migliaia di cartoline con la scritta «Vogliamo restare italiani» da spedire al Quirinale, e dal palco anche gli interventi dei rappresentanti dei precari della scuola, dell´industria e della pubblica amministrazione.
La Repubblica Palermo 26.06.10
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Veneto:Cgil, ottantamila in piazza «Non cederemo al ricatto»
«Vogliono che Pomigliano sia un modello da esportare, vogliono che faccia scuola. Ma noi non ci faremo spezzare le reni, resisteremo». Rumba di bandiere rosse, applausi, urla di incitamento.
Ecco come ieri mattina la piazza di Padova, nel giorno dello sciopero generale della Cgil, ha accolto le parole pronunciate sul palco da Antonio Silvestri, il leader cittadino della Fiom. Cioè il sindacato dei metalmeccanici che in Campania si sta opponendo al piano Marchionne. E’ stata una dimostrazione di vicinanza, quasi di simbiosi, quella tra il Veneto e Pomegliano. Non solo a Padova, dove in piazza De Gasperi sono scesi in 12 mila; ma anche in tutto il resto della Regione, dove alla fine si sono contate circa 80 mila presenze.
Tutti per strada a dire no al modello voluto dai vertici della Fiat per lo stabilimento del Sud e invocato anche dagli industriali di Treviso. Il discorso di Silvestri, in questo senso, è stato significativo. «Marchionne ha chiesto qualcosa di più che un semplice sacrificio – ha affermato il segretario della Fiom -. Ha posto un volgare ricatto, ha chiesto ai lavoratori di arrendersi».
Il numero uno dei metalmeccanici ha proseguito. «La vicenda di Pomigliano non si ferma in Campania, va molto più lontano, arriva qui – ha sostenuto il sindacalista, tra gli applausi della gente -. La posta in gioco è nazionale. E’ chiaro, infatti, che quello a cui ambiscono i vertici dell’azienda e del governo è imporre Pomigliano come modello da esportare».
Per la piazza, però, il modello Marchionne si può declinare in un unico modo. E cioè «più sacrifici, meno diritti». «Ma noi questo non lo possiamo accettare – ha ribadito Silvestri -. Perché deroga dopo deroga il modello arriverebbe immediatamente nelle nostre fabbriche. E questo vorrebbe dire fare un passo indietro di cento anni». Sulla stessa linea del leader della Fiom si è posto anche il segretario generale della Cgil di Padova, Andrea Castagna. Che ha iniziato il suo discorso affermando che «a Pomigliano non è stato richiesto qualche sacrificio, ma è stata chiesta la rinuncia ai diritti costituzionali».
E anche queste parole sono state sottolineate dall’applauso della piazza rossa. Pomigliano, Veneto. Il muro contro il sistema-Marchionne si è alzato anche nelle fabbriche, dove, secondo il sindacato, la partecipazione allo sciopero è stata particolarmente sostenuta: si sarebbero toccate punte del 100% di astensione del lavoro in due storiche industrie metalmeccaniche di Padova, la Anselmi e la Zen. Al fianco delle ragioni di protesta della Cgil, inoltre, è giunto anche il sostegno aperto del sindaco di Padova Flavio Zanonato. Che, dopo aver guidato in pratica il corteo tra le piazze del centro, è salito sul palco e ha fatto un breve intervento. «Compagni – ha detto il primo cittadino, ricevendo sulla parola d’esordio l’applauso della piazza -, sono al vostro fianco in questa battaglia comune. Questa manovra è irragionevole, perché produce tagli agli enti locali e quindi ai cittadini. Meno soldi ai Comuni significa meno servizi per la gente, ma in questo modo si perdono anni di conquiste sindacali». Zanonato ha dunque concluso. «Questa bellissima manifestazione infonde coraggio agli enti locali, siamo al vostro fianco».
Il Corriere della Sera Veneto 26.06.10
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“Napoli: Sciopero Cgil, in 70 mila per Pomigliano”, di Tiziana Cozzi
Per la Cgil, sono in settantamila, per la gente è un fiume di bandiere rosse. Tutti per Pomigliano. Un plebiscito spontaneo. Doveva essere lo sciopero Cgil contro la manovra economica del governo. Invece è stato un corteo di solidarietà per gli operai della Fiat di Pomigliano. Alle 9,30 piazza Mancini è già un tripudio di bandiere rosse. In testa al corteo, i metalmeccanici. Gli operai della Fiat di Pomigliano arrivano in ritardo ma raggiungono la testa del corteo, in mezzo agli applausi della gente. Impugnano lo striscione bianco con la scritta “Pomigliano siamo noi”. Un mare di magliette bianche con la scritta “Pomigliano non si piega” invade il corso Umberto, come non lo si vedeva da anni. “Un successo” dirà nel pomeriggio la Cgil Campania. In corteo ci sono i pensionati, i precari della scuola, gli universitari della Federazione lavoratori della conoscenza, i lavoratori della funzione pubblica, gli autonomi della polizia, gli immigrati della rotonda di Castelvolturno.
Tra loro, anche qualche politico. Nichi Vendola non arriva nemmeno che gli operai già lo acclamano. “Nichi, uno di noi”, gli dicono. Lui sorride e risponde: «È un amore ricambiato. Sono qui perché Pomigliano è la capitale della dignità del mondo del lavoro. Napoli è la capitale del Sud che non si è voluta piegare. E non è una strana questione sindacale. Riguarda la democrazia». C´è Paolo Ferrero, leader di Rifondazione Comunista («una lezione di dignità»). Per l´Idv ci sono Antonio Di Pietro e Luigi De Magistris che a piazza Matteotti hanno installato un gazebo. «È una giornata importante soprattutto a Napoli e in Campania – commenta Di Pietro, mentre indossa la maglietta con la scritta “Pomigliano non si piega” – dove si sta giocando una partita fondamentale con i diritti. Siamo di fronte a una logica dell´impresa che produce schiavi». C´è l´europarlamentare Andrea Cozzolino e l´ex assessore Valeria Valente. Tutti dietro a quella scritta che ormai è un emblema: “Pomigliano siamo noi”. Tutti a marciare in sostegno a quella che sembra diventata una battaglia per la dignità del lavoro. Ognuno spende una parola di solidarietà. Anche se di mestiere fa l´insegnante e una catena di montaggio non l´ha mai vista. «La vertenza di lavoro della Fiat di Pomigliano è una pietra miliare per tutti i rapporti di lavoro futuri» dice Maria Grazia Colucci, 46 anni, da 24 precaria nella scuola primaria. Alle 11 il corteo arriva in piazza Matteotti. I Cobas, su un furgoncino contestano Cisl, Uil e Cgil con l´accusa di aver dato indicazione per il sì al referendum: nessuna tensione.
Salgono sul palco un lavoratore della Ssc ex Telecom, una dipendente dell´Asl Napoli1, Mario Di Costanzo della Fiat di Pomigliano, l´attrice Rosaria De Cicco interviene contro i tagli alla cultura, il presidente dell´Ordine dei giornalisti Ottavio Lucarelli parla degli effetti della legge bavaglio. Conclude Fulvio Fammoni, segretario confederale «Diciamo no a questa manovra perché è sbagliata, iniqua, punisce i lavoratori. Questa è l´Italia vera, non quella del falso ottimismo». Ieri lo sciopero ha provocato disagi anche nei trasporti, stop al 50 per cento dei bus. Praticamente bloccata la linea 1 del metrò, corse riprese a partire dalle 13. Intanto nei giorni scorsi le elezioni Rsu/Rls nel Centro di produzione e tv Rai di Napoli. La Slc Cgil è prima (241 voti), seguono Uilcom (216), Snater (151), Ugl (110), Cisl (91).
La Repubblica Napolli 26.06.10
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Un milione in piazza con la Cgil. «Paghi di più chi ha di più», di Andrea Bonzi
Un milione di «no» al governo. Un milione di volti, storie e problemi si sono mescolati ieri nelle piazze di tutta Italia, in risposta alla chiamata allo sciopero della Cgil, che ha lanciato l’allarme sull’impatto devastante che la manovra da 25 miliardi di euro messa a punto dal ministro Tremonti avrà su lavoratori, precari, pensionati.
IL CUORE BATTE A BOLOGNA A Bologna, Napoli e Milano i comizi principali: nel capoluogo emiliano si sono ritrovati, sempre secondo stime del sindacato, quasi 100mila persone, da tutta l’Emilia-Romagna. Due cortei sono partiti da fuori le mura per riunirsi sul Crescentone, “cuore” della città, che non è riuscito a contenerle tutte. Assente Guglielmo Epifani, impegnato in un convegno in Canada, a parlare dal palco, davanti a una «straordinaria» e gremitissima piazza Maggiore è stata Susanna Camusso, numero due della Cgil nazionale. Una sorta di investitura sul campo, in vista della sua probabile nomina a leader del più grande sindacato italiano. «C’è chi dirà che la Cgil è sempre rivolta al passato e che la Costituzione ormai è vecchia perché ha 60 anni. Mi viene da dire che ha sempre meno anni del nostro premier», esordisce Camusso. E strappa il primo, caloroso, applauso. Sventolano migliaia di bandiere Cgil: nella marea rossa ci sono tutte le categorie, dagli insegnanti ai metalmeccanici delle aziende emiliano- romagnole (Ducati, Bonfiglioli, Magneti Marelli, per citarne alcune), dalle operaie Omsa ai lavoratori del turismo della Riviera, passando per i pensionati e i dipendenti pubblici di Comuni ed Enti Locali. Picchi di adesione anche del 95% e del 100% nei luoghi di lavoro: il porto di Ravenna, ad esempio, è rimasto bloccato. «Siamo qui per reagire al governo che ci nega il futuro – li sprona Camusso -. Dopo averci raccontato per 600 giorni una fiaba dove la crisi non c’era, lo specchio si è rotto: si dice che si fa la manovra per rispondere all’Europa e non si ammette di aver sbagliato previsioni». La Cgil è un sindacato «responsabile», quindi ben conscio della situazione. Ma Tremonti ha messo a punto un pacchetto di provvedimenti «iniquo e depressivo», che finisce per gravare sempre sulle stesse spalle: quelle dei lavoratori. Da qui la richiesta di «un’addizionale per due anni a chi ha un reddito superiore ai 150mila euro» per evitare il salasso su chi ne prende 1.000 al mese, e di un prelievo maggiore a chi ha usufruito dello scudo fiscale e agli speculatori finanziari: «Possibile che il governo non chieda a queste persone di contribuire? In Gran Bretagna l’hanno fatto», ricorda la numero due di Corso Italia. Invece «l’imprenditore S.B. con un reddito di 23 milioni di euro nel 2008 non pagherà un euro» esemplifica Danilo Barbi, segretario emiliano-romagnolo della Cgil. Non è solo un problema di buste paga, ma anche di diritti. Alcuni lavoratori hanno al collo un cartello: «Fiat Panda. 700milioni di euro. Schiavi inclusi». Inevitabile, per Camusso, toccare l’argomento Pomigliano: «Se fosse per il governo, nel Mezzogiorno non ci sarebbero più stabilimenti della Fiat – attacca Camusso -. E vorremmo che ora chi grida al trionfo e alle svolte epocali quando si vogliono cancellare i diritti dei lavoratori, stesse zitto». Come «zitto e ininfluente» è stato l’esecutivo di fronte al Lingotto. Ma non ci sono diritti senza legalità. «Il governo sciolga le norme speciali per la Protezione civile, la faccia tornare alle regole per gli appalti che devono rispettare tutti. E rinunci a costituire la Difesa Spa, altro luogo dove si costruiranno di nuovo corruzione ed evasione. Noi vogliamo un Paese trasparente ».
BERSANI IN CORTEO A MILANO Nel capoluogo lombardo hanno manifestato in 80mila (35mila secondo la Questura). Il corteo è arrivato in piazza Duomo. Anche lì, adesione massiccia allo sciopero, con picchi del 90% alla Galbani e del 70% alla Perfetti, Citterio e tra i dipendenti pubblici. Tra la folla Pierluigi Bersani, segretario nazionale del Pd, che chiede che almeno il governo «corregga le cose più inaccettabili, che colpiscono i servizi e i redditi fondamentali. Noi delle proposte alternativa per 24 miliardi le abbiamo fatte, perché non le si guardano?». E mentre il ministro Brunetta, tramite una nota, parla del 4% di adesione nell’amministrazione pubblica in tutta Italia, a livello nazionale la Fiom parla di una media del 70% di tute blu che hanno incrociato le braccia. Il Centrodestra, infine, si aggrappa alla Grecia. Per Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, «l’effetto delle ricette di questo Pd e di questa Cgil sarebbe quello di portarci dritti verso un esito “greco”, tra perdite massicce di posti di lavoro nel privato, assunzioni insostenibili nel pubblico, e il mix tasse alte-spesa alta-debito alto ».
L’Unità 26.06.10