cultura

"Enti lirici, evitato il peggio", di Emilia De Biasi

Abbiamo votato contro il decreto Bondi sulle fondazioni lirico-sinfoniche perché lo riteniamo un provvedimento sbagliato che ha l’unico intento di colpire i diritti dei lavoratori. Nel corso dell’intenso lavoro parlamentare il gruppo del Pd ha voluto scongiurare che i tanti professionisti del settore fossero gettati nell’incertezza più assoluta e che si mettesse un’ipoteca sulla qualità delle produzioni liriche italiane.
Dopo la forzatura con cui la maggioranza ha approvato il provvedimento al senato, avevamo di fronte due scenari: subire l’ennesimo voto di fiducia senza alcuna possibilità di migliorare il decreto oppure fare in modo che la camera potesse esercitare il suo ruolo fino in fondo e cercare di ridurre il danno inferto alla cultura e ai suoi lavoratori. Abbiamo scelto questa seconda strada e siamo riusciti a modificare il provvedimento in diversi punti nonostante una parte dell’opposizione, l’Italia dei Valori, abbia voluto usare il provvedimento per fare propaganda e cimentarsi in un incomprensibile ostruzionismo utile solo ad acquisire una visibilità di corto respiro.
Con la nostra azione parlamentare abbiamo invece ottenuto importanti modifiche che, seppur non cambiano il nostro giudizio negativo sul complesso del provvedimento (e il nostro voto contrario lo dimostra) ne rendono meno drammatici gli effetti. L’approvazione di diversi nostri emendamenti ha evitato che si travolgesse lo spirito della riforma del 1996 che ha trasformato gli enti lirici in Fondazioni di diritto privato, valorizzando il contributo congiunto delle risorse economiche pubbliche e private.
Abbiamo inoltre sancito il principio della responsabilità dei massimi vertici gestionali delle fondazioni (sovrintendente e consiglio di amministrazione) circa il rispetto dei vincoli e dell’equilibrio di bilancio. Siamo riusciti ad eliminare quell’assurda e demagogica disposizione che avrebbe voluto imporre un tetto massimo ai cachet degli artisti ingaggiati: una norma che avrebbe impedito di poter avvalersi dei più prestigiosi nomi della lirica e della musica internazionale nelle produzioni nazionali e che avrebbe condannato definitivamente i nostri teatri. Abbiamo poi scongiurato che si affermasse il principio per cui si può decurtare del 25 per cento, a posteriori, il trattamento economico aggiuntivo, derivante dalla contrattazione integrativa aziendale (pari a una decurtazione netta del 12/15 per cento dello stipendio) per i lavoratori della lirica. Un pericoloso precedente che avrebbe potuto rappresentare il presupposto per ulteriori interventi legislativi volti a mettere in discussione i diritti acquisiti dei lavoratori.
Grazie a noi gli stipendi non si toccano, per il futuro si rinvia alla contrattazione nazionale e integrativa e slitta di un anno il divieto di prestazioni di lavoro autonomo per i dipendenti delle fondazioni. Infine, abbiamo evitato che venisse cancellata la legge 800 del 1967, l’unica legge italiana in materia di musica che all’articolo 1 sancisce che «lo stato considera l’attività lirica e concertistica di rilevante interesse generale, in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale». Insomma, con la nostra opposizione siamo riusciti a limitare il danno con risultati di non poco conto. Adesso, nel paese, proseguiremo a batterci contro un provvedimento che è una vera e propria ingerenza sull’autonomia delle fondazioni lirico sinfoniche perché le vorrebbe sottoposte alla politica, che non coinvolge le regioni e che prosegue nella sforbiciata dei tagli a Fus. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per una grande battaglia culturale, per la difesa del lavoro e della dignità dei tanti operatori della lirica.

Europa quotidiano 25.06.10