«Basta spendere, la ricreazione è finita ». L’avviso di Tremonti arriva insieme alla prima lista dei suoi tagli alle spese dei ministeri: solo per il Fas (il Fondo per le aree sottosviluppate) una mannaia richiesta soprattutto dalla Lega che significa meno 900 milioni per il 2011, meno 1 miliardo e 100 milioni nel 2013. Sarà molto difficile per SuperGiulio trovare la «quadra» con Regioni ed Enti locali, che chiedono di spalmare i tagli più equamente su tutti i livelli istituzionali (cioè sui ministeri), visto che sui loro bilanci pesano per il 90%.Critiche e richieste di correzioni alla manovra anche da parte dell’opposizione: «Nella battaglia parlamentare cercheremo di correggere almeno le distorsioni più gravi», spiega il segretario del Pd Pierluigi Bersani al termine della direzione del partito, da cui, dice, «è venuta fuori con grande forza l’idea che il Pd deve prendere per mano gli italiani più colpiti dalla crisi». Allontanato lo spettro di nuovi condoni, l’onda lunga delle manifestazioni anti-manovra continua a salire. Oggi i sindaci degli 8mila Comuni italiani saranno davanti al Senato su iniziativa dell’Anci (presente anche la Cgil, ha aderito il Pd) con le fasce tricolori listate a lutto, mentre le Regioni incontreranno Tremonti da cui si aspettano «modifiche significative ». In piazza anche i dirigenti pubblici, contrari ai «tagli con l’accetta », mentre i prefetti, i medici ospedalieri, i diplomatici e i professori universitari hanno convocato un’assemblea pubblica a Roma. Dalla lista della stangata spuntano intanto oltre 40 milioni in meno per gli organi costituzionali, compreso 1 milione al Consiglio superiore della magistratura. Spicca un taglio di 31,2 mln per le istituzioni scolastiche non statali. L’università dovrà rinunciare a quasi 24 mln, di cui 9,8 destinati al diritto allo studio. Tagli per 2,7 mln a ricerca e innovazione. Ridotte le spese per le politiche di immigrazione (-18 mln), al ministero della Sanità saltano 8,3 mln. La cultura perde 58,2 mln, di cui quasi 50 per la tutela e la valorizzazione dei beni e delle attività culturali.
BUS: PREZZI RADDOPPIATI Anche su Regioni e Comuni si profila una vittoria della Lega, che in un emendamento ha già chiesto di rimodulare i tagli, premiando gli Enti locali virtuosi, e dal Tesoro le aperture non hanno tardato. «Sui ministeri si può fare di più», dice il presidente dell’Anci e sindaco di Torino Sergio Chiamparino. Perchè senza virate sostanziali, a pagare saranno i cittadini. Lo esemplifica senza mezzi termini il sindaco di Genova Marta Vincenzi: se la manovra passa così com’è, dice, il prezzo dei biglietti dei bus per il trasporto pubblico a Genova salirebbe da 1.20 a 2.80 euro. E poi: «150 bus in meno, tagli, licenziamenti – continua – I Comuni saranno costretti a svendite del patrimonio pubblico, aumenti di tariffe e tagli nei servizi pubblici». Per Chiamparino non basta nemmeno la proposta che premiano i virtuosi: «Con queste cifre, che diconoche su16miliardi di tagli di spesa 14,8, ovvero più del 90%, sono a carico di Comuni, Province e Regioni, non c’è premio ai virtuosi che tenga». Ribadisce: «I Comuni dal 2004 in poi hanno fatto le formiche portando 2,5 miliardi alla finanza pubblica, mentre tutti gli altri hanno fatto le cicale portando 5,5 miliardi di passivo». E conferma: «In realtà viviamo nello Stato più centralista d’Europa, altro che federalismo». Il governatore leghista del Veneto Luca Zaia riapre l’ipotesi della dissobedienza fiscale, che sarà anche «l’ultima spiaggia», ma «è l’unica realtà quando ti trovi a non aver più risorse perchè qualcuno te le porta via». Il voto sugli emendamenti è slittato ad oggi. Ma dall’esecutivo è arrivato un messaggio chiaro: «c’è poco spazio per modifiche».
L’Unità 23.06.10
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“Governo bugiardo: la manovra correttiva è da 62 miliardi e non da 25”, di Franco Mostacci
Per non smentire gli annunci del Governo, che ha quantificato in 25 mld in due anni l’impatto della manovra correttiva, la Banca d’Italia, nel corso dell’audizione in Parlamento di alcuni giorni fa, ha utilizzato un’elegante locuzione, affermando che “la manovra prevede una riduzione del disavanzo tendenziale che giunge a 25 miliardi nel 2012”.
Ma la realtà è ben diversa. I numeri della Relazione tecnica allegata al d.lgs. 78, parlano di 62 mld di euro nel triennio, frutto di minori spese per 39,8 mld e di maggiori entrate per 22,2 mld. Un sesto del totale, fa sapere il servizio studi della Commissione Bilancio del Senato, lo pagheranno i pubblici dipendenti. Oltre al blocco del turn over si avrà il congelamento degli stipendi fino al 2013 senza possibilità futura di recupero, la riduzione delle finestre di uscita per il pensionamento e la trasformazione “pro rata” del trattamento di fine servizio nel meno remunerativo Tfr, per i lavoratori assunti prima del 2001. Una serie di provvedimenti strutturali che accompagneranno il lavoratore per tutta la vita, riducendone pesantemente le disponibilità economiche future ed incidendo, secondo le più note teorie economiche, sulla propensione marginale al consumo. Il Governo risparmierà ulteriori 23,3 mld con il patto di stabilità interno, ovvero con minori trasferimenti agli enti locali. Questi a loro volta dovranno aumentare le misure impositive di loro competenza, ridurre i servizi sociali e aumentare le tariffe locali (trasporti pubblici, rifiuti, asili nido, ecc.), con conseguente diminuzione del reddito disponibile delle famiglie.
Effetti depressivi sull’economia
E poiché la manovra correttiva non include alcuna misura che favorisce lo sviluppo, sono in molti a ritenere che avrà un effetto “depressivo” sull’economia, in un momento di timida ripresa, dopo la crisi del 2008-2009 le cui conseguenze devastanti sui livelli occupazionali hanno causato ferite tutt’altro che rimarginate nel tessuto socio-economico. La Banca d’Italia evidenzia che “a parità di tutte le altre condizioni (in primo luogo ciclo economico, inflazione, stabilità dei tassi, ndr), nel biennio 2011-12 la manovra potrebbe cumulativamente ridurre la crescita del Pil di poco più di mezzo punto percentuale, attraverso una compressione dei consumi e degli investimenti”. Per cui, diminuendo il denominatore, il rapporto deficit/Pil al 2012 non scenderebbe al 2,7% come ipotizzato dal Governo ma si attesterebbe al 3%.
Il disavanzo salirebbe al 3,5%
Se poi si considerano le stime di crescita per l’Italia del Fmi, che sono più prudenziali rispetto a quelle ipotizzate nella Ruef di Tremonti, il disavanzo salirebbe al 3,5%. Anche i tecnici del Senato rilevano che “qualora le misure contenute nel DL dovessero avere effetti negativi sulla dinamica attesa del Pil – gli indicatori di finanza pubblica risulterebbero modificati, sia per effetto della riduzione del denominatore, sia per la connessa variazione del gettito delle entrate”. Sempre che gli obiettivi della manovra siano raggiunti, soprattutto dal lato delle entrate che dovrebbero derivare dal potenziamento dei processi di accertamento (11 mld) e dalle misure anti-evasione (8,8 mld). Ma al di là delle speculazioni sui numeri, l’attuale situazione preoccupa un nutrito gruppo di economisti italiani, che auspicano una politica economica che scongiuri una ulteriore caduta dei redditi e dell’occupazione e criticano una politica restrittiva, come quella attuata dal Governo, che finisce per aggravare la crisi, alimentare la speculazione e può condurre alla deflagrazione della zona euro.
da Dazebao.org