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"Banda larga per tutti, o perdiamo il treno dell'innovazione"

Bersani alla no stop banda larga del Forum ICT boccia Berlusconi. “E’ older, pensa solo alla tv, non capisce che servono risorse per le nuove tecnologie. Sono 20 milioni gli italiani che usnao la rete”. Gentiloni, promotore della no-stop banda larga propone di investire almeno 800 milioni: “O perdermeo il treno dell’innovazione”.

“Riconosco a Berlusconi un grande fiuto ai temi del business, ma è older, lo appassionano i ragionamenti legati alla tivù, al digitale terrestre, senza pensare che dobbiamo liberare risorse per sviluppare altre tecnologie. Ma sulla banda larga è mancato un impulso pubblico, i soldi che noi avevamo messo da parte quando eravamo al Governo sono stati presi e buttati nel calderone della Presidenza del Consiglio, che li ha utilizzati per le cose più svariate, per finanziare il comune di Palermo. Adesso potranno anche ritagliare 800 milioni per la banda larga e sarebbe un bene ma il fondo di impresa 2015 era molto più ampio e serviva a tutto l’ICT, in tutti i campi. invece hanno usato quei fondi e per altre cose. ..noi siamo il PD che mette al primo posto quest’operazione, che si può ancora finanziare con la gara per le frequenze, e anche gli emendamenti che stiamo per presentare li conterranno”. E’ una delle frasi con cui Pier Luigi Bersani a PDigitale: Non stop banda larga ha messo a nudo i ritardi del governo Berlusconi nel campo dell’ICT: “Qui o acceleriamo o perdiamo un treno proprio noi che avevamo dei punti di vantaggio! Adesso è ministro per lo sviluppo economico in conclamato conflitto d’interessi: si occupa di tutte le cose che hanno a che fare con i business. Ma è complicata anche la questione degli assetti, a partire da telecom, un’azienda molto ricondotta alla dimensione nazionale negli ultimi anni, con problemi ad avere prospettive d’investimento, con un azionariato complesso e singolare, è un impasse: né con né senza Telecom”.
Una lunga giornata con poche parole chiave: dare accesso ad internet a tutti, incentivare la diffusione della banda larga e dell’ultrabanda (quella dai 50 ai 100 MB) per fare dell’Italia un Paese ancora competitivo nel settore delle comunicazioni, per non finire in un vicolo cieco. Perché su internet e i nuovi media si gioca, oggi, la competitività dei Paesi. Questa la proposta/battaglia intrapresa dal Partito democratico ce dal Forum ICT presieduto da Paolo Gentiloni, che mette in guardia dal pericolo per l’Italia di rimanere indietro se, entro pochi mesi, non si farà qualcosa per incentivare e finanziare la realizzazione di una rete in fibra ottica che possa rendere possibile un’ampia copertura della banda larga anche nel nostro Paese. E Gentiloni, in questo senso, esorta a “lavorare tutti e insieme” per lo stesso obiettivo, al di là dei poli.
Il primo obiettivo del Pd è “garantire l’accesso alla banda larga a tutti i cittadini sbloccando il Piano del governo. Investire almeno una parte degli 800 milioni promessi, anche come contributo alla ripresa dell’economia. Eliminare il digital divide entro il 2012 affermando così la banda larga come servizio Universale”. Inoltre “assegnare con una gara ai nuovi servizi di tlc le frequenze liberate dalla transizione della tv dall’analogico al digitale come nel resto dell’Europa”
Intervistato da Giovanni Floris Bersani rilancia: “Nel grande business il capitalismo italiano raramente ha un azionariato che esprime una visione strategica, servirebbe una sponda almeno programmatica con il pubblico, come per l’energia elettrica. La stessa cosa che facevo da ministro con il programma Industria 2015: grandi investimenti pubblici per un obiettivo che finivano anche ad imprese che avevano nuovi progetti negli stessi settori”. E lega il tema all’attualità: “Ma che vuol dire cambiare la costituzione per dar libertà all’impresa?non ho mai sentito un imprenditore alzarsi e dire: la costituzione non ci fa lavorare. Serve a distrarre, se si vuol fare serve altro, senza scomodare la costituzione, ho riproposto un emendamento delle lenzuolate liberalizzatrici per la semplificazione, quello serve. Anche per la Rai sono preoccupato,, e quando vedo un’azienda portata ad andare contro se stessa che devo fare? Si danno soldi ai conduttori per andare via, si cancellano trasmissioni che vanno bene. La Rai va ricondotta a una logica d’azienda, e dico a Tremonti: te che parli di libertà d’impresa e sei azionista della Rai per favore dai libertà all’azienda tua e rispondi dicendoci cosa ne pensi. il servizio pubblico può avere una sola visione: quella di essere il posto della libertà, della creatività, la nave scuola della capacità, creando idee da far girare, rilanciando i talenti dell’arte, i giornalisti con la schiena dritta.”. Fresca di giornata la nomina di Aldo Brancher a ministro e Bersani attacca: “A che serve un ministro al federalismo? Ne abbiamo già 3-4 che se ne occupano tra Calderoli, Brunetta, Bossi – Fitto alle regioni…- spero non arrivino anche 3-4 sottosegretari”.
Ma allora perché si fatica a nominare il ministro dell’industria? Per Bersani i motivi sono almeno due: “Per problemi di equilibri nella maggioranza e perché quel ministero è in via di distruzione: via i fas, via la legislazione, via le risorse. E siamo un paese che da 10 anni cresce molto meno degli altri, tanto che siamo sotto la media del PIL pro-capite, convergiamo verso le economie più deboli per la prima volta. E siamo penalizzati su industrie e servizi, quel che ci serve di più?! Perdiamo 6 punti quando glia altri ne perdono 3, dovremo crescere il doppio per tornare dove eravamo. Ma fare una politica industriale è fare le reti, fare le liberalizzazioni, aiutare l’innovazione nelle piccole e medie imprese perché la globalizzazione chiede ora prodotti in tempo reali, senza magazzino, i fornitori servono in rete così’ da fare una fabbrica in 30 posti diversi, assumendo persone che sanno lavorare a questo, è l’innovazione in concreto. Dobbiamo aiutare le pmi che fanno fatica ad affacciarsi al mondo o fan fatica. e poi dobbiamo fare il mercato interno, non possiamo vivere di esportazioni. Succede però che da anni i consumi sono troppo bassi perché si toglie solo a chi ha di meno, ma un ricco non può mangiare più di 10 volte al giorno! Per anni si è fatta la distribuzione a rovescio, ora ne paghiamo il conto”.

Poi si arriva al rapporto con il web: “Non c’è la contraddizione antico moderno, 20 milioni di persone girano su internet, 20 milioni guardano la tv generalista e un grande partito popolare deve avere strumenti e linguaggio per parlare a una società che cambia, internet è un luogo di libertà, di relazione e dobbiamo usarla di più, è sangue giovane da far circolare. Dobbiamo darci un programma che a partire dai gruppi dirigenti usi la rete per avere un ritorno, per affinare le proposte, un vero circuito di partecipazione. E poi troviamo luoghi dove la gente possa guardarsi all’altezza degli occhi, Obama ha usato meglio di tutti la rete ma poi 15o.000 volontari usavano la rete per andare casa per casa. Il PD sta cercando di recuperare i 10.000 amministratori locali, in gran parte tra 3° e 40 anni, li mettiamo in rete. lo stesso con i segretari di circoli. si può dire: perché non fare i circoli di rete? ci sono problemi per le elezioni ma le sperimentazioni le stiamo per fare”.
C’è spazio per la nuova legge anti intercettazioni e per le sue ricadute sulla rete: “E’ improprio abbinare la stampa a rete e blog, così come dobbiamo superare la legge Pisanu che parla di terrorismo. Attenzione, o si mette in circolo l’idea che la limitazione delle opinioni e delle informazioni sia un bene!Gli italiani sembrano preoccupati delle conseguenze sulle investigazioni, meno della libertà di stampa. E’ normale che le persone si preoccupino della privacy ma nella sostanza bisognerebbe individuare de responsabili della distruzione delle intercettazioni non necessarie. invece la destra ne ha fatto il pretesto per un’offensiva alle capacità d’indagine e alla stampa. io non mi fido, spesso han d etto che ci avrebbero ripensato, discutono non trovano l’accordo e tornano sui loro primi passi”. Tante el domande del pubblico in sala e all’imprenditrice che chiede quali servizi vanno sulla banda larga, altrimenti non si diffonderà mai realmente Bersani risponde con un prudente “sfatiamo il mito dell’uovo e la gallina. Dobbiamo sapere che è un’opportunità di crescita e usarla in prospettiva”. A chi gli chiede se ha un i-pad, qual è il suo rapporto con il web dice sorridendo che per ora l’i-pad se lo sogna, “mi incuriosisce, invece uso l’iphone a casa, google per la ricerca delle distanze, di siti di news, sulle mail, che controllo, però mi faccio aiutare che son tante”. Insiste sull’uso ella rete per migliorare la vita di tutti: “Io feci una battaglia senza successo per togliere il PRA perché con le tecnologie web si potrebbe fare in tabaccheria, e allo stesso modo si potrebbe usare il web per gli acquisti di beni e servizi per la PA. Invece ad opportunità enormi non si affianca la capacità di usarle”. E a chi gli chiede se la politica deve veicolare il messaggio della buona rete risponde: “Pensiamo ad un’agenda di investimenti, mettiamo sul tavolo la bontà delle tecnologie per le infrastrutture, quando è partita la telefonia mobile siamo diventati i campioni mondiali. il punto di partenza è una decisione politica più della buona pedagogia. Stiamo facendo una manovra da 24 miliardi quando son rientrati 105 miliardi di capitali scudati, che non possiamo toccar neanche nel redditometro. ..è possibile? Poi è difficile recuperare l’evasione, aiutare l’innovazione. E’ un guaio che siamo ancora al palo sulla rete di nuova generazione in fibra ottica: la banda larga è una delle poche prospettive che ha l’Italia per sostenere la crescita”.
E della nuova sfida alla banda larga si è parlato in una tavola rotonda moderata da Stefano Quintarelli e a cui hanno partecipato, oltre allo stesso Gentiloni, il presidente dell’Autorità garante delle comunicazioni, Corrado Calabrò, il presidente della Cassa depositi e Prestiti Franco Bassanini, il Presidente di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici Stefano Pileri, il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti e il deputato del Pdl Luca Barbareschi.
Il punto su cui ci si è confrontati è l’urgenza di potenziare in Italia il sistema delle reti di prossima generazione. Come ha sottolineato Paolo Gentiloni, il nostro paese rischia di “perdere anche uno dei pochi vantaggi competitivi che ha finora avuto: il numero di accessi in banda larga da rete mobile”. L’ex ministro afferma ancora: “Una cosa da fare è distribuire con asta pubblica tutte quelle frequenze che sono state liberate dal passaggio dalla tv analogica a quella digitale. L’Italia è l’unico Paese dove non c’è una redistribuzione di queste frequenze, che potrebbero essere utilizzate per lo sviluppo di nuovi servizi di telecomunicazione e invece ancora oggi vengono concesse alla tv. Si ha la sensazione che siamo di fronte ad un governo televisivo che non ha ancora capito l’importanza del passaggio alle nuove reti di comunicazione”.
Un ragionamento che trova un favore bipartisan. Luca Barbareschi, del Pdl, non ha infatti avuto timore a denunciare un “dolo politico” di questa arretratezza tutta italiana. Dolo che, in gran parte, lo stesso Barbareschi attribuisce alla sua parte politica: “Romani che aspetta? – ha affermato il deputato Pdl – Abbiamo finanziato molte municipalizzate a Palermo che sono fallite nel giro di 24 ore e non troviamo i soldi per fare lo start up della banda larga?”. “Evidentemente – ha aggiunto Barbareschi – c’è qualcuno che lavora perché l’Italia rimanga un Paese vecchio, magari Publitalia”.
Il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò, ha prima di tutto sottolineato che molti paesi, anche fuori dall’ Europa, stanno investendo tantissimo su internet veloce, sulla fibra ottica e sulla banda larga. Ha poi esortato ad un “balzo di mentalità” pur nel rispetto delle regole “inefficienti” dell’Unione europea nel settore delle comunicazioni. Per Calabrò puntare a dare la banda larga, entro pochi anni, al 50% della popolazione italiana non è segno di incoerenza ma, sottolinea il presidente di Agcom, ci vogliono delle regole e, soprattutto, “bisogna che ci mettiamo tutti insieme, che gli operatori di telecomunicazione si mettano insieme e che lo faccia anche il governo”. Per arrivare allo start up e al passaggio dalla rete di rame a quella in fibra ottica, hanno sostenuto Franco Bassanini e Stefano Pileri, servono almeno quattro precondizioni. Prima di tutto l’esistenza di un’unica rete e un’intesa tra gli operatori delle telecomunicazioni per utilizzare tutti la stessa rete. Secondo, come ha sostenuto anche Calabrò, regole stabilite dall’Agcom e costi fissi. Terza precondizione è la partecipazione degli enti locali. Quarto, sostiene Pileri, che il passaggio dalle reti di rame a quelle in fibra ottica avvenga entro cinque anni. Solo in questo modo, sottolinea Pileri, l’Italia avrebbe qualche speranza di essere ancora competitiva rispetto agli altri Paesi che già adesso stanno investendo tantissimi soldi sulle reti di nuova generazione.
Eppure dal governo, come ha sottolineato Nicola Zingaretti, finora ci sono stati solo passi indietro, con il mancato finanziamento a progetti che vadano verso la banda larga per tutti. Per il presidente della Provincia di Roma manca la volontà politica per attuare un progetto simile. La politica, per Gentiloni, “deve astenersi dal fare danni e deve capire l’importanza della faccenda” perché, sostiene, “come Paese siamo lì lì per fare un passo in avanti sulle telecomunicazioni e il ritardo che abbiamo accumulato finora non è incolmabile” anche se, avverte, “ci dobbiamo muovere in pochissimi mesi e in questo è necessario un contributo del governo”. A tal proposito Gentiloni ha ricordato che nel Cipe di maggio il governo ha stanziato 16 miliardi per le infrastrutture e che quindi, a livelli di costi, i 50/100 milioni che si propone di stanziare per le nuove reti di Tlc, sarebbero alla portata delle spese dello Stato. Il governo finora, sottolinea “non ha deciso finanziamenti nè per chi non ha internet veloce, nè per la banda ultralarga” mentre quello che serve ora è proprio “uno slancio dal governo”. Ma, sottolinea l’esponente del Pd, “ad oggi non abbiamo nemmeno un ministro del governo Berlusconi che si occupi di telecomunicazioni…”.

di Marco Laudonio da partitodemocratico.it