Centinaia di scrutini deserti anche ieri in Puglia, Marche, Veneto, Umbria e Sardegna. E oggi si replica. Per fare saltare una riunione basta l’assenza di un solo professore e lo sciopero di Cobas e precari per denunciare i tagli a stipendi e organici scolastici sta avendo un successo inaspettato. Oltre 40 mila posti di lavoro in meno e una pesante decurtazione salariale hanno indotto molti docenti, amministrativi, tecnici e personale ausiliario a incrociare le braccia. “È andata molto bene e siamo soltanto al primo tempo: la maggior parte sciopererà lunedì e martedì”, spiega Piero Bernocchi, leader dei Cobas. Secondo le rilevazioni del sindacato, lunedì e martedì in Emilia-Romagna sono stati bloccati gli scrutini in più di una classe su cinque. Buona anche l’adesione ieri in Veneto (12 per cento) e in Sardegna (26 per cento). “Complessivamente sono almeno 4 mila – afferma Bernocchi – le classi delle superiori dove non è stato possibile tenere gli scrutini”.
L’iniziativa proseguirà lunedì e martedì in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio. Liguria, Lombardia, Molise, Friuli Venezia-Giulia, Piemonte, Sicilia, Toscana, Valle d’Aosta e provincia di Bolzano. E, a questo punto, che possa essere intralciata la prova nazionale Invalsi del 17 giugno per gli allievi di terza media o l’esame di maturità, al via il 22 giugno con il compito di Italiano, è un’ipotesi tutt’altro che remota. “Dopo le nostre diffide – spiega il leader del sindacato di base – la maggior parte dei presidi, per non ostacolare l’effetto della protesta, ha convocato le riunioni dopo la fine delle lezioni, e non prima. Nelle classi dove non si sono potuti svolgere gli scrutini occorrerà ripeterli”,. In 12 regioni italiane le lezioni si chiudono oggi e solo dopo sarà possibile iniziare gli scrutini: lo sciopero potrebbe far slittare tutto in avanti. Complessivamente – tra elementari, medie e superiori – le classi da scrutinare quest’anno sono oltre 207 mila.
Intanto, con un fronte sindacale spaccato e con i leader che litigano, nel Paese la protesta contro i tagli prende anche altre forme. A Milano duecento tra insegnanti, genitori e studenti hanno improvvisato un “flash mob” in piazza Duomo. A Firenze, piazza Santissima Annunziata è stata trasformata in un’aula con tanto di banchi, cattedra e lavagna. A Torino, l’altro ieri è cominciata l’occupazione dell’ex istituto magistrale Regina Margherita da parte dei docenti. Mentre ieri a Cagliari si è svolto un sit-in di protesta davanti i locali dell’Ufficio scolastico regionale. I più colpiti dai tagli imposti da Tremonti saranno i soggetti più deboli, i docenti non di ruolo. Con la scomparsa di 40 mila posti già dal mese di settembre si troveranno in difficoltà 15 mila precari: i pensionamenti, appena 30 mila, indorano soltanto la pillola. E con la manovra da 25 miliardi varata pochi giorni fa il governo “mette le mani nelle tasche degli insegnanti”, dicono i sindacati.
Tre gli effetti sugli stipendi di prof, maestri e personale non docente: niente rinnovo del contratto, blocco degli automatismi stipendiali e pesanti ripercussioni sulle pensioni. È la stessa relazione tecnica allegata alla legge di conversione del decreto che chiarisce i termini della questione. Il blocco degli scatti automatici (ogni 6 anni) peserà per quasi 19 miliardi di euro e produrrà effetti fino al 2048. Ogni addetto alla scuola, docente e no, perderà dal 2011 a fine carriera dai 29 mila ai 42 mila euro che non potrà più recuperare e avrà una pensione più “leggera”. Oggi, supportata dagli studenti, sarà in piazza a Roma con due cortei la Flc Cgil. Lunedì 15, Cisl scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda degli insegnanti manifesteranno sempre nella capitale e il 25 giugno sarà la volta dello sciopero generale indetto dalla Cgil.
La Repubblica 12.06.10