"Manovra e federalismo scolastico, dove corre la lepre", di Fabrizio Dacrema
Curzio Maltese ha colto bene l’intento punitivo nei confronti degli insegnanti contenuto nelle manovra del governo. C’è una tale iniquità nel chiedere il contributo finanziario più oneroso ai lavoratori della scuola, già notoriamente sottopagati, che può solo essere spiegato con la volontà politica di colpire la categoria che ha sempre meno votato Berlusconi e che, grazie ai diffusi alti livelli di istruzione, meno abbocca alle sue trappole populistiche. Questo è vero, ma c’è dell’altro. Due federalismi scolastici Sommando la manovra Tremonti-Gelmini 2008 (alleggerimento del comparto scuola di 130 mila unità) alla Tremonti 2010 (impoverimento di 2 miliardi delle retribuzioni del personale e un altro taglio lineare al Ministero dell’Istruzione) emerge anche il disegno di ridurre al livello minimo il perimetro della spesa statale per l’istruzione in vista dell’attuazione del federalismo fiscale. Dietro alla parola federalismo in Italia, a partire dagli anni novanta, si confrontano, infatti, due strategie contrapposte. Da un lato, il federalismo unitario e solidale del centrosinistra finalizzato a decentrare e responsabilizzare la spesa pubblica per migliorare l’allocazione delle risorse, potenziare la capacità di …