Credo sia giusto accettare questo vincolo non considerandolo una sconfitta nè subendolo, ma assumendo come interesse nazionale prioritario questo passaggio ad un nuovo equilibrio. Bisogna cogliere questa occasione preziosa che l’Europa ci offre per uscire dal nostro vecchio “equilibrio mediterraneo” anche perché i periodi di grave crisi sono quelli in cui scelte del genere si possono fare con maggiore incisività». Il senatore Pietro Ichino, uno dei massimi esperti italiani di diritto del lavoro, è solito assumere posizioni controcorrente nel suo partito, il PD. Ma in questo caso va anche oltre, rivolgendo una «proposta choc» a Tremonti.
Cosa dovrebbe fare il governo, professore?
«L’Europa non ci chiede soltanto questa misura di parità previdenziale, ma anche un drastico aumento del tasso di occupazione femminile, dal 46% al 60%. Noi oggi siamo gravemente inadempienti su entrambi i fronti. L’Europa ci chiede di non usare anche le. pensioni per tenere le donne lontane dal lavoro professionale e l’Italia ha bisogno proprio di questo per ripartire».
Intanto è giusto mettersi in regola sulle pensioni?
«Sì e aggiungo che per ogni euro risparmiato su quel terreno ne devono essere reinvestiti quattro in misure che favoriscano l’aumento dell’occupazione femminile, fattore indispensabile affinché l’Italia torni a crescere avendo metà della sua forza lavoro gravemente sottoutilizzata».
Che genere di misure?
«Oltre alle classiche della ricetta di sinistra , come l’aumento dei servizi alle famiglie con figli o con persone non autosufficienti, occorre una misura choc di tipo fiscale, la più efficace anche da un punto di vista culturale: una riduzione drastica dell’aliquota Irpef sul reddito di lavoro femminile. Il vantaggio si ripartirà automaticamente tra le due parti, portando ad un aumento della domanda e dell’offerta di lavoro femminile».
A quanto dovrebbe ammontare questo sgravio fiscale?
«A fine aprile insieme a Enrico Morando abbiamo presentato un disegnodi legge che prevede una riduzione delle aliquote Irpef sui redditi da lavoro femminile, con un incremento del reddito che va dal 30% per i redditi fino a 15 mila euro l’anno, al 15% per quelli dai 25 ai 55 mila euro e oltre. E sarà questo uno degli emendamenti qualilicanti alla manovra che questa settimana proporremo al gruppo del Pd in Senato».
Perdoni l’obiezione: come è pensabile una disparità di trattamento fiscale così netta tra uomini e donne?
«Si tratterebbe di un’azione positiva volta a disattivare un meccanismo sistemico di discriminazione, destinata a ridursi fino a cessare col raggiungimento dell’obiettivo.
L’ordinamento comunitario non lo vieta affatto».
E le imprese che cosa ci guadagnano?
«Se, contemporaneamente, i minimi sindacali verranno espressi in termini di salario netto invece che lordo, questo consentirà che il vantaggio si suddivida tra lavoratrici e imprese anche nelle fasce professionali più basse».
La Stampa 08.06.10
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