«Ancora una volta le leggi nazionali non riconoscono l’importanza del lavoro svolto da noi ricercatori, che da anni ci occupiamo anche di insegnamento a titolo volontario e gratuito. Per questo, fino a quando le cose non cambieranno, non accetteremo incarichi legati alla didattica». Ieri i ricercatori dell’Università di Modena e Reggio hanno occupato (pacificamente)
la sede del rettorato, in via Università. A gran voce, i dottori hanno chiesto un incontro con il rettore, che al termine dell’iniziativa di protesta ha parlato con loro mezz’ora. Arrabbiatissimi, i ricercatori hanno posto un problema molto serio all’attenzione del Magnifico e degli studenti: «A Modena e Reggio Emilia — hanno spiegato — noi ricercatori copriamo circa il 30 % degli insegnamenti dell’università. Se smettiamo di accettarli, gli studenti rischiano di iscriversi a un corso di laurea per non vederlo partire, a ottobre». La protesta, scandita dai battimani e dagli slogan degli striscioni, ha amplificato le critiche che i ricercatori hanno fatto al disegno di legge
Gelmini. Sono fondamentalmente tre. La prima: «Nel ddl non sono indicati il numero e le risorse economiche per l’inquadramento in ruolo dei ricercatori in tre o sei anni». La seconda: «Il testo dimentica che esiste già un numero di ricercatori a tempo determinato che operano dopo aver conseguito il titolo di dottore di ricerca da tre a dieci anni, e non si preoccupa di valutarli e di
considerare di stabilizzare prima chi di loro meritevole». Infine, i manifestanti ricordano che ci sono anche «ricercatori a tempo indeterminato che legittimamente aspirano a vedere riconosciuta l’attività svolta di ricerca e didattica e che, se meritevoli, vogliono essere inquadrati nel ruolo di professori». L’iniziativa, che rientra nella settimana di mobilitazione
nazionale del personale docente, ricercatori, personale tecnico amministrativo e collaboratori esperti linguistici, è stata appoggiata dalla Cgil.
Il Resto del Carlino 19.05.10