È un film visto e rivisto troppe volte per crederci. «Quando Tremonti minaccia gli evasori spunta sempre un condono» taglia corto Pierluigi Bersani, che ben conosce la sostanza degli slogan battaglieri del ministro dell’Economia. E ben si ricorda di quando si atteggiava a Robin Hood annunciando una tassa sui profitti delle banche, ma nel frattempo smontava le liberalizzazioni introdotte da Bersani medesimo per tutelarne gli utenti. Perchè dovrebbe andare diversamente, ora che Giulio Tremonti ha in cantiere una manovra che, parole sue, «dovranno temere gli evasori»?
LO SCETTICISMO DI BERSANI Lo scetticismo del segretario del Pd, del resto, trova solide fondamenta nella nebulosa confusione d’indiscrezioni stampa ed uscite ministeriali che ancora circonda la sostanza della stretta da oltre 25 miliardi. «Per sapere qualcosa dei contenuti della manovra bisogna chiedere ai servizi segreti, che penetrino nelle segrete stanze del ministro dell’Economia e portino qualcosa in Parlamento» insiste Bersani, ponendo «una onesta e trasparente illustrazione della situazione economica del Paese» come condizione preliminare al dibattito con i democratici. «La verità è che dobbiamo fare una manovra correttiva, perchè non è vero che negli ultimi due annihannomesso in sesto la finanza pubblica». Quanto al peso della manovra, il leaderPd nutre pure seri dubbi sulla capacità del premier Berlusconi di andare a fondo: «Lui preferisce mettere la faccia vicino ai miracoli e non ai problemi. Non so adesso come farà questa giravolta, ma se la manovra toccherà i ceti popolari ci faremo sentire» avverte.
LA PREOCCUPAZIONE DEI SINDACATI I sindacati non possono certo definirsi più possibilisti nei confronti dei proclami di Tremonti. Secondo il segretario generale della Cgil, in particolare, il governo «ha il dovere di spiegare agli italiani perchè fa una manovra da lacrime e sangue» quando aveva sostenuto che l’Italia stava meglio di altri Paesi, «di uscire dalle incertezze di queste ore, dalle fughe di notizie che allarmano lavoratori e pensionati e di aprire un tavolo di confronto sia con le organizzazioni sindacali, sia in Parlamento ». Per Guglielmo Epifani sarà «fondamentale il segno dell’equità della manovra», dato dagli «interventi sui grandi patrimoni, dall’uniformazione della tassazione delle rendite», perchè «non può essere una manovra in cui pagano sempre e soltanto lavoratori e pensionati». Non molto diversi i toni usati dal leader Cisl: «Sarà immancabile la nostra protesta laddove si guarda solo alla spesa sociale». Raffaele Bonanni non annuncia mobilitazioni «perchè stiamo lavorando per far guardare il governo anche verso il taglio agli sprechi e alle ruberie», ma alza le barricate di fronte all’ipotesi, quasi scontata ormai, di una stretta sui pubblici dipendenti. «Voglio sapere cosa si dà in cambio e quali soluzioni si propongono, perchè presumo che loro stiano cercando soldi, ma se il discorso è solo sui contratti, sulla sanità e sulla scuola, allora noi non saremo d’accordo». L’avvertimento per l’esecutivo è chiaro: «La Cisl sa che ci sono delle cose che poco gli piaceranno però, se si troverà di fronte a un cambiamento di fronte da parte del governo, allora si prenderà la sua responsabilità. A noi interessa il pugno di ferro sulla vicenda fiscale. La spesa sociale non può essere l’agnello sacrificale del mercato». Sulla stessa linea la Uil, che chiede «un aspetto etico» nell’elaborazione della manovra. Per il segretario Luigi Angeletti, favorevole a un taglio deciso allo stipendio dei parlamentari, «chi governa il paese deve dare il buon esempio e dire: questa volta cominciamo da noi». La manovra, dunque, dovrebbe riguardare «tutte le spese pubbliche che non hanno una incidenza su produzione di ricchezza e consumi». Anche la Confsal si unisce alle altre organizzazioni sindacali nel chiedere al governo un incontro «in tempi brevi» per affrontare la questione del decreto correttivo della finanza pubblica, invece di «sottrarsi al confronto, preventivo e doveroso con le parti sociali».
L’Unità 19.05.10