cultura, politica italiana

"Se la corruzione svuota la democrazia", di Nadia Urbinati

Mentre la marea della corruzione monta come un oceano in tempesta, il presidente del Consiglio promette che i singoli responsabili pagheranno per gli errori, che le mele marce verranno selezionate e scartate. E così tutto potrà continuare come prima. Ma si tratta di una rassicurazione che non rassicura poiché più i giorni passano più appare chiaro che qui non si tratta di casi individuali ma di una rete nazionale di illecito, di un vero e proprio sistema di arricchimento alimentato e coperto anche da norme specifiche, come quella sulla Protezione Civile.
In aggiunta c´è che questo è un tempo di crisi economica grave, e la corruzione, il furto delle risorse pubbliche, sono un delitto se possibile ancora più grave.
Non ci sono ancora dati statistici capaci di confermare la relazione diretta tra regime democratico e sviluppo economico; quella stabilita dagli studiosi è solo una relazione indiretta. Ci sono invece dati certi sulla relazione, diretta, tra corruzione e sviluppo economico o benessere generale. La triangolazione di questi tre fattori – democrazia, sana politica, sviluppo economico – è uno dei temi più studiati e anche quello che ci offre molti interessanti argomenti per contestare la favola delle mele marce. Detto a rovescio, è provato che indirettamente la democrazia serve a mitigare gli effetti economici negativi della corruzione. La prima e fondamentale ragione di questa “utilità” della democrazia sta nel fatto che il meccanismo elettorale consente ai cittadini di mandare a casa i politici corrotti (se un paese dovesse affidarsi solo ai tribunali, non avrebbe una società civile efficiente e libera). In buona sostanza, è l´effetto di deterrenza delle elezioni che dovrebbe riuscire a tenere sotto controllo i politici, ed è la sconfitta elettorale la punizione più efficace (proprio perché, come si vede, gli uomini di potere tendono a non volersene andare spontaneamente). Molto più chiara è la relazione tra salute politica e sviluppo economico. Detto a rovescio, la corruzione politica ha effetti diretti di impoverimento della società.
Perché corruzione e impoverimento vanno insieme? La risposta ci viene dalla natura stessa della corruzione. La corruzione è “l´abuso dei pubblici uffici o delle funzioni pubbliche per scopo di arricchimento” di privati o/e di gruppi. L´obolo offerto in vista di un calcolato guadagno dagli uomini d´affari ai politici può andare sia nelle tasche di un singolo ministro sia in quelle di un partito. La corruzione per il partito (che comunque non riguarda questo nuovo sistema di illecito) è corruzione. La natura del fatto non cambia con l´identità dell´«utilizzatore finale». La necessità che ha di celarsi alla legge e all´informazione qualifica la corruzione come una gravissima violazione di tutti principi, non solo quelli morali, etici, giuridici e politici, ma anche quelli economici. E veniamo così alla relazione diretta tra corruzione e impoverimento.
Lo scambio di favori – sul quale si raccontano casi tra i più bizzarri in questi giorni – agevola privati che operano nell´impresa, in quella delle costruzioni o industriale, commerciale o dei servizi. L´impresa del signor Anemone ha fatto grandi affari con i politici italiani in barba alle regole della libera competizione. Come un baro, il corruttore trucca il gioco e si arricchisce con e a spese di tre cose: il denaro dei contribuenti, le leggi e le norme, i potenziali competitori. Prestando attenzione a questa terna (fatale in tutti casi di corruzione) si intuiscono gli effetti devastanti che la corruzione ha sull´economia di un paese. E siccome nel caso della corruzione il danno è sempre fatto a tutte e tre insieme le vittime (le finanze dello stato, le leggi, il mercato) risulta evidente che davvero la corruzione deturpa la società democratica impoverendo l´intera società.
Impoverisce per l´ovvia ragione che si alimenta con i soldi che sono di tutti e che violando la trasparenza delle regole (per esempio quelle per l´attribuzione di appalti nelle Grandi opere o nei lavori pubblici ordinari) fa saltare il principio che presiede al contenimento dei costi: competenza su un piede di parità. La corruzione è un caso vero e proprio di attentato monopolistico all´economica di mercato. E una delle conseguenze perverse di questa turbativa delle buone pratiche è che gli imprenditori, sapendolo, si premuniscono in anticipo e si preparano a fare quello che fan tutti. Ecco spiegata la ragione per la quale la storia delle “mele marce” è una favola: la corruzione deve farsi sistema per avere successo; deve essere messa in conto da tutte le imprese che vogliono lavorare per il pubblico.
L´effetto escalation della corruzione – e la prova che la storia delle mele marce è una favola per gli stupidi – è molto ben descritto da queste parole usate da due studiosi (Shleifer e Vishny) a proposito del paese governato da Vladimir Putin: «Per investire in una compagnia russa, uno straniero deve corrompere ogni agenzia coinvolta nella transazione, inclusi il ministero degli esteri, quello dell´industria e dello sviluppo economico, quello delle finanze, il governo locale dell´area dove avverrà l´investimento, la banca centrale, l´ufficio centrale delle opere pubbliche e così via. L´ovvio risultato è che gli stranieri non investono in Russia». E qui siamo nella perfetta condizione di impoverimento generale a causa dell´arricchimento di pochi o pochissimi per vie illecite. Gli impoveriti non fanno notizia. Ne farebbero, e farebbero un gran rumore, se la democrazia funzionasse. E qui veniamo al punto: la democrazia ha le regole adatte per disincentivare la corruzione mandando a casa i politici corrotti. C´è da pensare, proprio perché questo teorema è noto a chiunque, che chi vive di corruzione non ami la democrazia e voglia fare di tutto per imbavagliarne la voce libera e pubblica. Questa è una storia di casa nostra.

La Repubblica 16.05.10

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