Lunedì è stata una giornata importante per le piccole e medie imprese italiane. È nato, infatti, il coordinamento tra le più significative associazioni imprenditoriali: “Rete Imprese Italia”, l’accordo tra Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casartigiani. Un passaggio storico per la rappresentanza delle PMI che, di fatto, cambia il modello di concertazione per molti di coloro che Dario Di Vico definisce opportunamente “Piccoli, la pancia del Paese”. Noi democratici accogliamo con grande interesse questa novità, nella consapevolezza di poter intervenire molto efficacemente a favore delle istanze, dei problemi e dei sogni dei piccoli imprenditori italiani.
Proprio per la necessaria attenzione che intendiamo riservare a questo mondo così vivace non vogliamo perdere di vista gli effetti che si potrebbero determinare anche in Italia a seguito dell’ulteriore recrudescenza della crisi finanziaria di questi giorni. Come già nel 2008, il rischio è che proprio la piccola e media impresa paghi un conto altissimo per problemi che non ha contribuito a creare. Conosciamo bene lo stato di emergenza che i piccoli imprenditori si trovano ad affrontare e per questo vogliamo discutere con loro per costruire, insieme, risposte in grado di vincere le sfide che ci attendono nel prossimo futuro.
Come, a ragione, ricorda il presidente di Rete Imprese Italia, Sangalli – «la politica intervenga subito a favore delle piccole e medie imprese e quindi di tutto il Paese» –, dobbiamo evitare che questa turbolenza internazionale si scarichi nel cuore e sulle gambe dell’impresa italiana. Il timore diffuso è che i fattori finanziari della crisi, che hanno provocato un crollo della fiducia nei rapporti interbancari, e la chiusura dei bilanci 2009 (i primi di piena recessione) si ripercuotano in maniera durissima sul credito, provocando un’ulteriore stretta creditizia e un aumento del suo costo.
Tutto ciò, unito alle inadempienze nei pagamenti della pubblica amministrazione, a causa del patto di stabilità interno, al ritardo dei pagamenti dei privati e alla contestuale piccola ripresa degli ordini che si sta registrando, genera un fabbisogno straordinario di credito. Esigenza, questa, che deve essere soddisfatta per cogliere i primi timidi segnali di ripresa che pure ci sono e che già si intravedono dopo anni bui. Il pericolo vero è che ora non ci siano più risorse per rispondere a queste opportunità.
In un simile quadro di crisi perdurante, la questione occupazionale, con la fine della cassa in deroga, si ripercuoterà sui territori, provocando una maggiore richiesta protettiva rivolta agli enti locali. Corriamo il rischio, dunque, che appunto sui territori si scarichino tensioni che vanno al di là della tradizionale capacità di tenuta della coesione sociale. Gli enti locali, per rispettare le regole del patto di stabilità, potrebbero improvvisamente affievolire l’intervento di supplenza del governo fin qui attuato.
Il rigore delle politiche di bilancio è un valore assoluto prima di tutto per noi. Anche per questo sappiamo bene che occorre un lavoro comune sulla prossima manovra di aggiustamento dei conti, per intervenire scegliendo priorità vere per il Paese, agendo realmente sulle inefficienze della spesa, al fine di garantire un supporto concreto all’immensa fatica del rischio d’impresa che, oggi più che mai, i nostri imprenditori portano sulle spalle senza ricevere alcun tipo di aiuto. Su queste emergenze abbiamo risposte concrete e di rapida realizzabilità: un nuovo modello di “credito paziente”, un nuovo patto interno, la golden rule.
La parte più vivace della manifattura europea nasce, vive e opera in Italia, nei capannoni e nei negozi di 4,5 milioni di imprenditori. In questi mesi si stanno affrontando pesantissime ristrutturazioni e inaugurando percorsi di innovazione per rispondere alle trasformazioni del mercato. Negli ultimi anni è stata la tempra delle relazioni intra-aziendali e dei territori a tessere una rete di supporto attorno all’impresa. Sono state la forza del territorio e dei legami personali e la condivisione degli obiettivi tra imprenditore e maestranze a consentire la sopravvivenza di molte di queste straordinarie realtà. Una strategia di sopravvivenza che, tuttavia, non ha evitato una impennata nella “mortalità” d’impresa e una crescente difficoltà nell’avvio di nuovi soggetti.
Oggi è nata ‘Rete Imprese Italia’: gli imprenditori mandano alla politica un segnale forte e concretissimo per avere risposte vere. Oggi, da soli, si sta forse sul mercato nazionale, ma di certo non si riesce a navigare nei mari della competizione globale. Solo insieme è possibile affrontarli e vincere.
L’Unità 12.05.10