Se presa per tempo questa crisi sarebbe stata perfettamente gestibile, adesso tutto è più difficile”. Critico per i “ritardi” che hanno contraddistinto l’intervento dell’Europa nella crisi greca, Romano Prodi prova a guardare al dopo, a ciò che sarebbe urgente mettere in campo per “arginare” la speculazione che approfitta “del ruolo debole della politica e delle sue incertezze”. Se ne può uscire, quindi. A patto “che non prevalga quell’istinto al suicidio che a volte accompagna il vecchio continente”, dove “l’interesse generale spesso soccombe di fronte a quello particolare e all’egoismo degli stati nazionali”. La memoria del Professore torna agli anni Ottanta, alla caduta del Muro di Berlino.
Allora, ricorda, “tutti si mobilitarono per aiutare la Germania dell’unificazione che attraversava un momento difficilissimo”. Insomma “quando non si risponde con più Europa e non con meno Europa” i problemi si presentano in modo diverso. Mai e poi mai l’ex premier criticherebbe apertamente Angela Merkel, ma il riferimento esplicito al voto nel North-Rhine Westfalia – nel suo editoriale pubblicato ieri sul Messaggero – e ai “governanti” che hanno agito “tenendo conto non degli interessi di lungo periodo ma delle passioni del momento” esprime con chiarezza a cosa si riferisca la speranza che “fra poche ore”, quando in Germania si chiuderanno le urne, si possa “ricominciare a parlare del nostro futuro comune”. La crisi greca, in sostanza, “era perfettamente gestibile, purché ci fosse da parte delle istituzioni europee e dei governi la piena consapevolezza che bisognava agguantarla per tempo, gestirla con tempestività”.
Le “incertezze”, invece, “hanno via via peggiorato la situazione”. Un problema “di dimensioni circoscritte”, in sostanza, ha provocato così “le peggiori conseguenze possibili sconvolgendo i mercati azionari e obbligazionari di tutta Europa”. Anche i “no” inglesi di queste ore “non possono far del bene”. E per Prodi “non è stato bello che dovesse intervenire il presidente Obama per convincere un europeo a fare la propria parte”. Tutti, adesso, devono meditare sul fatto che “il ruolo dell’Europa non può ritornare a essere centrale solo quando esplodono i problemi”.
E serve subito, allora, “quella cabina di regia sull’economia comunitaria” che il Professore propone da anni. Senza contare che la costruzione dell’Europa “non è mai stata completata, mentre dovrà esserlo senza incertezze”.Gli stessi tentennamenti fatti registrare in queste settimane delle istituzioni Ue dimostrano dove stanno i problemi. La voce di Barroso, ad esempio, si è fatta sentire in modo flebile. Adesso bisogna “rassicurare i mercati”, fermare “le speculazioni che minacciano direttamente l’euro” e in questa direzione devono muoversi le istituzioni europee. L’Italia? “Il nostro Paese – riflette il Professore – non è stato tramortito da ciò che sta avvenendo”.
E questo anche grazie alla politica di risanamento avviata nel 2006, con la prima finanziaria del suo gabinetto bis che, pure, “diventò bersaglio di molti attacchi”. Prodi ha apprezzato molto le parole pronunciate da Piero Fassino nell’Aula di Montecitorio a proposito della crisi finanziaria in atto e del ruolo positivo giocato quattro anni fa dal suo governo. Se l’Italia di oggi “non è come la Grecia”, in sostanza, lo si deve a quel “durissimo risanamento dei conti pubblici” che – pure – venne imputato a Padoa Schioppa, attentissimo – invece – ai parametri di Maastricht e al patto di stabilità. Prodi non entra nel merito della politica dell’attuale esecutivo, ma il giudizio che si ricava dal suo ragionamento è che Tremonti si sia avvantaggiato da ciò che era stato fatto prima di lui.
Anche per questo, adesso, il governo italiano non si è comportato peggio di altri spingendo l’Europa a dare una mano alla Grecia. Italia fuori pericolo, quindi? “Se l’Unione non è mossa da istinto suicida anche il nostro Paese non ha nulla da temere”, sottolinea il Professore. Anche da noi, quindi, si tratta “di governare bene questa crisi”. E il problema non è dolersi di questo o di quel paese – Grecia e non solo – che “sarebbe stato meglio non facesse parte dell’ Unione”. Non si affrontano i problemi “con meno Europa ma con più Europa”, infatti.
A patto, però, che “ci sia una politica comunitaria forte che prevalga”. Se l’Ue, in sostanza, “avesse avuto quella mente economica che non le si è voluto dare in nome di un eccesso di nazionalismo, le stesse istituzioni europee sarebbero state messe al corrente per tempo della verità sugli stessi conti greci”. Se ne uscirà, allora? “La settimana scorsa Helmut Kohl mi ha assicurato che la Germania è pienamente consapevole della necessità di una solidarietà europea – sorride il Professore -. Spero che ciò sia vero per Berlino, per Londra e per le altre cancellerie europee”.
L’Unità 10.05.10