Un tumore maligno annidato in un organismo senza anticorpi. Ecco come i vertici della Corte dei conti definivano la corruzione che infesta il nostro Paese non più tardi di qualche settimana fa, quando già infuriava lo scandalo per gli appalti del G8 della Maddalena. Si fa fatica a pensare che cosa potrebbero affermare ora, dopo le ultime clamorose scoperte. Va detto subito che sui fatti spetterà alla magistratura fare chiarezza. Ma lo scenario che lasciano intravedere gli squarci aperti in questi giorni, al di là delle responsabilità individuali, è agghiacciante: se si trattava di un sistema generalizzato, dove si potrà arrivare? Anzi, dove si è già arrivati? La stessa Corte dei conti ha stimato in 60 miliardi di euro la «tassa occulta» che gli italiani pagano ogni anno a causa della corruzione: una somma che basterebbe quasi a ripagare gli interessi del nostro enorme debito pubblico. Una stima magari esagerata, come qualcuno sostiene.
Resta il fatto che nel solo 2009 la Guardia di finanza ha accertato un aumento del 229% per i reati di corruzione e del 153% per quelli di concussione. E che nella classifica stilata da Transparency International sulla corruzione nel mondo l’Italia è scivolata in un solo anno dal cinquantacinquesimo al sessantatreesimo posto. A fianco dell’Arabia Saudita, e in fondo alle nazioni europee. Si dirà che queste classifiche lasciano il tempo che trovano, e forse è vero. Comunque, la dicono lunga sulla nostra reputazione internazionale in questa materia. Come non bastasse, le notizie che tristemente hanno affollato le cronache nell’ultimo anno ci informano che a diciott’anni dalla esplosione di Tangentopoli la corruzione italiana avrebbe raggiunto la maturità attraverso una inquietante «mutazione genetica ». Se una volta era soprattutto lo strumento per finanziare illecitamente i partiti, adesso serve esclusivamente all’arricchimento personale. Non che rubare per il partito anziché per il proprio portafoglio sia meno grave. Il reato è identico. Ma questa «mutazione genetica», soprattutto se saranno confermati i sospetti sulla dimensione dilagante del fenomeno, denuncia un crollo ulteriore della tensione morale e del profilo etico di parte della nostra classe politica. Che dovrebbe essere seriamente preoccupata, anche per le conseguenze a cascata che un simile andazzo può avere per un Paese già disorientato dalla crisi economica.
E invece reagisce facendo spallucce. Illuminante la dichiarazione di Denis Verdini, coordinatore del Pdl tirato in ballo per alcuni appalti in Sardegna, il quale a chi gli chiedeva se avesse intenzione di dimettersi imitando Claudio Scajola ha risposto: «Non ho questa mentalità». Come se l’etica pubblica foss e u n a q u e s t i o n e d i mentalità… Appena insediato, il governo ha abolito l’Autorità anticorruzione, che con le poche risorse e i magri poteri di cui disponeva non poteva fare molto. Ma il «Servizio anticorruzione e trasparenza » istituito al suo posto, alle dipendenza del ministro Brunetta, può finora rivendicare un bilancio migliore? Il primo marzo il consiglio dei ministri, sull’onda degli scandali del G8, ha approvato un disegno di legge per combattere la piaga. Poi gli scandali sono spariti dalle prime pagine e anche quella promessa sembrava finita nel dimenticatoio. Due mesi dopo sta finalmente per iniziare l’iter parlamentare: un’occasione imperdibile per mandare un segnale chiaro agli italiani. Invece si è rivelato subito un nuovo pretesto per litigare all’interno del Pdl. Se ne sentiva proprio il bisogno.
Il Corriere della Sera 06.05.10