L’ultima in ordine di tempo è la notizia dell’esposizione per 115 milioni di euro della regione Lombardia verso la Grecia. Ennesimo anello di una lunga catena di pasticci finanziari combinati dai due amministratori di riferimento del Pdl lombardo.
Ovvero il governatore Roberto Formigoni e il sindaco milanese Letizia Moratti. Infortuni finanziari che, oltre a far male alle casse dei due enti, sono la migliore pubblicità per una Lega che gli ultimi sondaggi berlusconiani danno in ulteriore crescita rispetto alle regionali di un mese fa.
Al Pirellone hanno poco da esser contenti. Sul Corriere di ieri è risaltato fuori un vecchio scoop del Sole24Ore, che già un anno fa avvertiva degli investimenti ellenici della regione. Questi i fatti.
Nel 2002 la Lombardia ha emesso un bond da un miliardo di dollari con scadenza nel 2032. Per arrivare a quella data con i soldi necessari per restituire il prestito, gli uomini di Formigoni accantonano presso le due banche d’affari Ubs e Merrill Lynch un tot di soldi ogni anno. Questo fondo (in gergo sinking fund) a sua volta viene investito in altri strumenti finanziari. E qui c’è l’inghippo: ben 115 milioni sono stati usati per acquistare titoli di stato greci, oggi tutt’altro che sicuri. Ma non solo. Nel “paniere” ci sono anche altri bond più o meno discutibili: quelli di regioni in difficoltà finanziarie (come Lazio e Sicilia) o di aziende dall’elevato indebitamento (come Telecom). Insomma, il fondo non è propriamente simile a un sicuro salvadanaio.
Tanto che i consiglieri del Partito democratico hanno invitato Formigoni a dare spiegazioni sull’operazione, non contenti delle prime sommarie rassicurazioni da parte del governatore.
Le disavventure finanziarie della regione si sposano bene con quelle capitate al comune di Milano. A partire dalla vicenda dei derivati-truffa.
Palazzo Marino ha stipulato nel 2005 uno swap di durata trentennale, legato a un bond di 1,68 miliardi di euro.
In soli quattro anni, però, l’ente guidato dalla Moratti ha accumulato una minusvalenza di circa 300 milioni di euro, senza considerare i costi impliciti dell’operazione, che oscillano tra i 73 e gli 88 milioni di euro. Una storia che ha visto l’apertura di un’indagine della procura milanese con conseguente rinvio a giudizio per truffa aggravata di mostri sacri della finanza come Jp Morgan, Deutsche Bank, Ubs e la tedesca Depfa Bank. Ma i guai per la prima cittadina milanese non finiscono qui. Perché a turbarle il sonno c’è anche la questione della Zincar, una partecipata che doveva migliorare lo stato dell’aria meneghina e che invece ha solo prodotto un buco di 18 milioni di euro ed è fallita.
Anche stavolta è subito arrivata la magistratura: il crack Zincar è al centro di una inchiesta del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, lo stesso che ha portato in tribunale le quattro merchant bank per i derivati.
A questo punto non è difficile immaginare che gli echi mediatici delle grane finanziare causate dal Pdl lombardo siano uno dei fattori che sopra il Po affossano il partito di Berlusconi e invece premiano quelli di Bossi. Del resto, lo stesso Cavaliere ha fatto sapere che gli ultimi sondaggi in suo possesso testimoniano una crescita vertiginosa del Carroccio, proprio a scapito del suo partito. Confermando e avvalorando il trend che già s’è manifestato nelle ultime elezioni. Alle regionali, infatti, s’è verificato una specie di pareggio: in Piemonte, Lombardia e Veneto la Lega risulta inferiore al Pdl di soli 152 mila voti. E adesso mette la freccia.
Da Europa 01.05.10