Atenei a rischio paralisi. Sempre più ricercatori stanno aderendo alla mobilitazione contro il disegno di legge Gelmini di riforma universitaria e se decidessero di incrociare le braccia tutti (in Toscana sono 2.010, tra ordinari e precari), un terzo dell’attività didattica rimarrebbe scoperta. A Firenze hanno già aderito i ricercatori delle facoltà di scienze, architettura (70%) e scienze politiche (18 su 23). A Siena l’80% di quelli di ingegneria, 40 su60 a scienze e pare che anche medicina parteciperà allo “sciopero”. A Pisa per ora si sono mossi solo a Scienze politiche, dove i firmatari sono 23 su 25. Maggio è stato scelto per lanciare una settimana di mobilitazione, che si chiuderà il 21 con una manifestazione nazionale, perché è il mese della programmazione didattica per l’anno successivo. Ma senza la disponibilità dei ricercatori a insegnare, attività che per altro non compete loro per legge e viene svolta a titolo gratuito, molti corsi corrono il rischio di saltare, facendo andare in cortocircuito tutta la macchina universitaria. Una presa di posizione forte, ma da cui i ricercatori non intendono retrocedere. «Finché il Ministero non ritirerà o modificherà il disegno di legge», annuncia il rappresentante fiorentino della categoria Alberto Di Cintio. «La riforma sancisce il disimpegno economico dello Stato nei confronti degli atenei». A pagarne le spese, in massima parte, sono i ricercatori: «Non si risolve il problema del precariato – precisa Mauro Stampacchia di Pisa – anzi si istituzionalizza la figura del ricercatore a tempo determinato fino a un massimo di 6anni, dopodiché dovrà sperare di diventare docente, sennò dirà addio alla carriera». Il problema è che il reclutamento degli insegnanti va a dir poco a rilento. «Negli ultimi vent’anni sono stati fatti concorsi pari al5%dei potenziali candidati – spiega Enrica Bianchi di Siena – molti di noi vantano curricula eccellenti:non abbiamo paura di essere valutati. Anzi, sono anni che lo chiediamo ». La figura del ricercatore assunto, poi, è destinata a scomparire. E in fretta: chi ha più di40anni di contributi dovrà andare in prepensionamento coatto. Una misura che colpisce 48 accademici a Pisa e 35 a Firenze, ma che a Siena è stata neutralizzata tramite un parere legale che potrebbe diventare un modello nazionale. Sempre a Siena, è allo studio un ricorso alla Corte europea per fare chiarezza sullo status giuridico del ricercatore post-riforma. Per non rendere vana la protesta dei colleghi, molti professori rinunceranno a ricoprire incarichi didattici aggiuntivi. Non mancheranno di partecipare alla mobilitazione gli studenti, contrari datempo al ddl Gelmini che, tra le altre cose, abolisce il tetto massimo alle tasse universitarie, che così potranno essere innalzate a piacere: «È il ritorno all’università classista» conclude Di Cintio.
L’Unità 30.04.10
Pubblicato il 30 Aprile 2010