La protesta dei ricercatori universitari contro la riforma Gelmini, scoppiata nelle facoltà scientifiche della Statale, ha raggiunto tutti gli atenei milanesi. Alla Bicocca, nei consigli di facoltà di Scienze della formazione e Psicologia, professori ordinari e associati hanno espresso ufficialmente la loro solidarietà ai ricercatori, che minacciano di «rifiutare ogni incarico didattico non obbligatorio» se la riforma diventerà legge. Che equivale a dire, di fatto, che non si terrà più lezione. E che, di conseguenza, dal prossimo settembre si bloccheranno i corsi di laurea. Al Politecnico un gruppo di ricercatori si è riunito per discutere «azioni da intraprendere contro un provvedimento che cancella la nostra esistenza». Il problema è sentito a livello nazionale. Oggi alle 10.30, nel polo scientifico della Statale a Città Studi, in via Colombo, si incontreranno ricercatori di 27 atenei, dalla Sapienza di Roma all´università di Lecce, per studiare un documento comune con l´obiettivo di mettere pressione al governo e convincerlo a fare marcia indietro.
Le preoccupazioni dei ricercatori si basano sul fatto che il documento licenziato dal ministero dell´Istruzione – che il 18 maggio andrà al voto del Senato ed entro settembre approderà alla Camera – introduce la figura del ricercatore a tempo determinato in carica sei anni, che al termine del periodo dovrebbe diventare professore associato (se ci sono soldi per assumerlo) o ricevere il benservito e andare a casa. Ma nella bozza non si menziona chi già oggi fa ricerca, e non si indicano le risorse con cui verranno pagate le eventuali progressioni di carriera. In più, si cancella la presenza dei ricercatori negli organi di governo degli atenei. «La riforma è tanto più grave se si tiene conto dei tagli all´università previsti dalla Finanziaria del 2008 – dice Stefano Simonetta, 42 anni, ricercatore a Lettere e membro del Cda della Statale – con gli atenei senza soldi, non solo ogni progresso di carriera sarà impossibile ma gli atenei non riusciranno nemmeno a chiudere i bilanci». La Finanziaria di quest´anno (la cui approvazione è attesa per l´autunno) potrebbe infatti confermare i tagli per 1,6 miliardi di euro in tutta Italia previsti due anni fa dalla legge di bilancio.
La minaccia dei ricercatori non lascia indifferenti i vertici delle università. Ieri a Roma la Crui, ovvero la conferenza dei rettori italiani, presieduta dal rettore della Statale Enrico Decleva, ha passato in analisi il progetto di riforma. E Marcello Fontanesi, capo della Bicocca, già da tempo ha annunciato ai suoi 412 ricercatori che sosterrà la loro causa «nelle sedi opportune». La speranza è che si eviti di arrivare ad un muro contro muro che paralizzerebbe le università. I numeri della protesta sono infatti sempre più importanti: a Lettere e Filosofia si dicono pronti a non fare più lezioni “non dovute da contratto” (cioè tutte) 53 dei 93 ricercatori. E se ad Agraria (sempre in Statale) tutti i ricercatori sono pronti allo stop della didattica, in alcune facoltà della Bicocca si conta di non consegnare nemmeno i programmi didattici: primo, tangibile passo verso il rifiuto di presentarsi in aula. «Speriamo di non dovere arrivare a tanto – dice Silvia Vignato, ricercatrice a Scienze della formazione in Bicocca – amiamo il nostro lavoro e vogliamo che l´università viva. Ma di fronte a una riforma che ci condanna a sparire, dopo tanti anni di sacrifici, non possiamo stare a guardare».
La Repubblica Milano 29.04.10
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