Il giorno dopo l’annuncio che dal prossimo anno i professori potrebbero essere legati al territorio e quindi reclutati sulla base di una graduatoria regionale la maggioranza è compatta, questa è la strada da seguire. Dall’opposizione in tanti accusano la Lega di essere all’origine di questa rivoluzione ma a scavare un po’ si scopre che a crederci non sono soltanto i politici del Carroccio. Anzi. A confermarlo è proprio un ex di An, il senatore Giuseppe Valditara, oggi uno dei punti di riferimento del Pdl per le politiche scolastiche. «Se ne parlava già nell’articolo 5 del decreto Moratti. Non è necessaria nemmeno una legge per dare il via a questa riforma, basterebbe approvare i regolamenti di quel provvedimento».
Oppure bisogna provare a chiedere a Daniela Santanchè, anche lei non esattamente vicina al mondo della Lega. «Una proposta ottima – risponde -. Basta leggere l’intera proposta per capire che non può essere letta come una discriminazione tra professori ma soltanto come un modo per garantire la continuità didattica e per valorizzare il merito».
Oppure, come ha spiegato Paolo Valentini Puccitelli, capogruppo del Pdl nella Regione Lombardia dove il presidente Formigoni intende andare avanti in modo spedito sull’albo regionale degli insegnanti, si tratta di raggiungere l’obiettivo di «una scuola di qualità e l’albo regionale è semplicemente uno strumento, ancora tutto da definire nel rispetto dei diritti di tutti».
Ma dall’opposizione rispondono che la riforma avrebbe proprio l’effetto opposto. «Il principio territoriale non può prevalere sul merito e le capacità dei docenti», ricorda la capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni. E i sindacati sono già sul piede di guerra a minacciare ricorsi. «È una proposta priva di senso, inaccettabile e contro il dettato costituzionale», afferma il segretario generale delle Flc Cgil, Domenico Pantaleo. E poi, si chiede Pantaleo, «cosa succederebbe delle attuali graduatorie a esaurimento? Come si risolverebbe il precariato? È un controsenso perché si parla tanto di Europa e così avremmo un sistema regionale chiuso».
Per Rino Di Meglio, coordinatore della Federazione Gilda-Unams, «le normative dell’Unione europea prevedono il libero accesso anche dei cittadini non italiani, ponendo come unico vincolo la conoscenza della lingua». Mentre Marcello Pacifico presidente dell’Anief, ha rilevato l’incostituzionalità della riforma: «Ricordiamo al ministro di studiare gli articoli 3, 4, 16, 51, 97 della Costituzione, di leggere le recenti ordinanze di Tar e Consiglio di Stato di remissione alla Corte Costituzionale di una legge nazionale, la 167/09, e della legge della provincia autonoma di Trento, la 5/06».
La Stampa 21.04.10
Pubblicato il 21 Aprile 2010