L’opposizione: spuntano norme «anti-D’Addario» e un’altra che avrebbe vanificato l’inchiesta di Trani. Dodici emendamenti che riscrivono di fatto il ddl intercettazioni ora all’esame della commissione Giustizia del Senato: li hanno presentati il relatore Roberto Centaro (Pdl) e il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, a nome del governo. Ma le novità introdotte, tra cui il ritorno ai «gravi indizi di reato», non convincono l’ opposizione che continua a chiedere a gran voce il ritiro del provvedimento e scatenano la protesta dei giornalisti.
GIORNALISTI – La Fnsi, infatti, annuncia che il 28 aprile i cronisti scenderanno in piazza contro il ddl. A far insorgere il centrosinistra contribuiscono, tra l’altro, due proposte di modifica destinate a far discutere: una ribattezzata subito, da Felice Casson e Luigi Li Gotti, «Anti-D’Addario» e un’altra che avrebbe di fatto vanificato l’inchiesta di Trani su «Agcom-Annozero». È vero, sintetizzano nell’opposizione, che il centrodestra ha fatto «un piccolo passo in avanti» per rendere il testo «il più “firmabile” possibile dal Colle», tornando ai «gravi indizi di reato», ma nel non voler rinunciare al principio della «soggettivizzazione», non «ha cambiato di molto il quadro». La maggioranza infatti prevede che si possano intercettare solo le utenze di chi è indagato o di terzi che si sa ben informati. E solo se le intercettazioni risultino «assolutamente indispensabili» nel proseguimento delle indagini.
CARCERE – E poi Centaro e il governo hanno rafforzato i divieti di pubblicazione: carcere fino a due mesi (più ammenda) e sospensione temporanea dalla professione per chi divulga il contenuto delle intercettazioni; carcere fino a sei anni per chi si rende complice della ‘talpà nello svelare atti secretati; divieto assoluto a pubblicare quelle di cui sia stata ordinata la distruzione; detenzione fino a quattro anni per chi registra «fraudolentemente» conversazioni. Quest’ultima proposta di modifica, già nota come «Anti-D’Addario», esclude però la punibilità nel caso in cui si valuti che da tali registrazioni, anche visive, possa emergere un reato. In questo caso si dovrà avvertire subito l’autorità giudiziaria. «Ma è assurdo – insiste Li Gotti – che sia il cittadino a dover valutare se si tratti o meno di un reato». Centaro propone anche più tutela per deputati e senatori con un emendamento che, a detta dell’opposizione, avrebbe vanificato di fatto l’inchiesta di Trani. Se durante un ascolto si dovesse intercettare anche la conversazione con un parlamentare, infatti, il contenuto di questa dovrà essere messo in un fascicolo a parte e conservato in un archivio riservato. E, nel caso la si voglia utilizzare, si dovrà attendere il via libera della Giunta della Camera di appartenenza. Il presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro boccia gli emendamenti della maggioranza dicendo che di fatto si limita il diritto di cronaca con punizioni eccessive e non si fa nulla, invece, per prevenire la fuga di notizie. Con questo ddl, incalza il leader Idv Antonio Di Pietro, si mette «definitivamente il bavaglio alla stampa» e si creano «norme ancora più criminogene». I 12 emendamenti piacciono poco anche al segretario del Pdci Oliviero Diliberto secondo il quale «sta andando in porto un altro tassello della strategia berlusconiana contro la giustizia e l’informazione». Ma il centrodestra stavolta è intenzionato ad andare avanti. «Entro mercoledì 28 aprile – avverte il presidente della commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli – cominceremo a votare gli emendamenti. Ho dato tempo per la presentazione dei sub-emendamenti fino a lunedì prossimo, alle ore 17». Critico, ma comunque disponibile al dialogo, è il presidente dei senatori Udc Giampiero D’Alia che vede di buon occhio il ritorno ai ‘gravi indizi di reato anche se ritiene che si debbano apportare «ulteriori modifiche» che sono «praticabili con uno sforzo comune».
Il Corriere della Sera 21.04.10