A una settimana dal loro arresto liberati i tre italiani in Afghanistan. Cadute tutte le accuse. Rosy Bindi: “Fine di un brutto pasticcio. Confermata la buona fede e la correttezza di Gino Strada, della sua associazione e dei suoi collaboratori”. Fassino: “Emergency riprenda la sua attività”
Liberi e assolutamente innocenti. Si è finalmente conclusa la bruttissima avventura dei tre italiani arrestati in Afganistan. “Siamo molto contenti di essere fuori – ha detto Marco Garatti – abbiamo passato momenti terribili. Siamo soprattutto contenti di essere fuori con il nostro nome completamente pulito. La nostra reputazione e quella di Emergency sono intatte”.
Pier Luigi Bersani, segretario del Partito Democratico, dice: “E’ una svolta positiva della vicenda”, ringraziando tutti coloro i quali si adoperati per la liberazione.
Rosy Bindi, presidente del Pd, accoglie la notizia della liberazione dei tre operatori di Emergency, dichiarando che si tratta di: “una buona notizia che mette fine ad un brutto pasticcio. Da questa storia esce confermata la buona fede e la correttezza di Gino Strada, della sua associazione e dei suoi collaboratori.”
Una settimana di ansia. Una settimana passata a difendere con le unghie la dignità dei propri collaboratori, dell’organizzazione, del lavoro fatto fino ad adesso, di tutto il lavoro che ci sarà, purtroppo, ancora da fare. Oggi, con la liberazione dei tre cooperanti, tratti in arresto sabato 11 aprile, con l’accusa di voler compiere un attentato contro il governatore della provincia di Helmand, e di aver nascosto delle armi nel deposito dell’ospedale di Lashkar Gah, si chiude la settimana più dura per Emergency.
Ancora una volta ieri, dal palco della manifestazione di Piazza San Giovanni, Gino Strada aveva ricordato la passione, la professionalità di questi nostri tre connazionali.
Oggi la notizia più bella: Marco Garatti, Matteo Pagani e Matteo Dell’Aira sono stati liberati, ogni accusa nei loro confronti è caduta.
Piero Fassino, a nome del Partito Democratico, ha espresso “Sollievo e soddisfazione per la liberazione dei tre operatori di Emergency. Il felice esito di questa brutta vicenda – ha dichiarato Fassino – conferma quanto fosse ingiusto e infondato gettare accuse infamanti su Emergency e sui suoi operatori. Ci auguriamo – ha aggiunto ancora Fassino – che adesso Emergency possa riprendere la propria attività umanitaria e lo possa fare con il sostegno pieno delle autorità afgane e in un clima di fiducia”.
Per Vannino Chiti, vice presidente del Senato, “La positiva conclusione di questa vicenda è estremamente importante in quanto il lavoro, che organizzazioni umanitarie come Emergency svolgono, non solo in Afghanistan ma anche negli altri luoghi a rischio nel mondo, è motivo di orgoglio per il Paese”.
Filippo Penati, capo della segreteria di Pier Luigi Bersani, presente ieri alla manifestazione organizzata da Emergency, ringrazia “tutti coloro che si sono adoperati per ottenere il rilascio dei tre operatori, cui mi auguro si aggiunga al più presto anche la liberazione di quelli non italiani”.
Resta l’amarezza per quello che, a tutt’oggi, ha tutta l’aria di essere stato un tentativo di cacciare l’organizzazione umanitaria dal territorio afgano, e di gettare discredito sulla sua opera. Un tentativo di intimidazione che ieri è stato fermamente respinto dalle persone che si sono ritrovate in Piazza San Giovanni, non solo per chiedere la liberazione dei tre operatori, ma per rivendicare l’orgoglio per Emergency, un’associazione che tiene alta la bandiera del volontariato italiano e della sua professionalità.
Preoccupazione, commozione. Le si leggono negli occhi, nel volto di Gino Strada, sul palco della manifestazione “Io Sto con Emergency”, tenutasi in piazza San Giovanni in Laterano.
Ma soprattutto nelle parole e sui visi di Gino e Cecilia Strada, rispettivamente fondatore e presidente di Emergency, ci sono orgoglio e determinazione. Per loro non c’è ombra di dubbio, i tre sono innocenti e li rivogliono al più presto liberi. “Sono contro la guerra – dice Gino Strada- ma non sono proprio pacifista fino in fondo. E se qualcuno mi viene a dire che sono terroristi, rischia davvero uno schiaffone.”
Sulla folla svettano le bandiere bianche di Emergency, e quelle colorate della pace. Tanti cartelli, che chiedono la liberazione dei tre italiani, chi rivendica l’orgoglio che una organizzazione come Emergency sia italiana, chi chiede scusa alla mamma se oggi non studia, ma è per una buona causa.
A raccontare che cos’è e cosa fa Emergency ci sono le parole dei volontari, dei sanitari che hanno operato e operano nel Banshir, che si sono alternati sul palco. La commozione nella voce di Lella Costa nel leggere le parole con cui Marco Garatti, raccontava la sua avventura, la commozione negli occhi e nella voce della moglie di Matteo Dell’Aira che legge una delle lettere del marito, le sue paure, la sua convinzione, e del fratello di Matteo Pagani, che legge una delle mail inviate dal giovane.
L’indignazione di Vauro, che per una volta non parla con le sue vignette, ma commuove quando si presenta come testimone d’accusa: “Si, è vero, ho visto pallottole negli ospedale di Emergency. Ho visto schegge di mine, di missili intelligenti. Erano quelle conficcate nella carne di uomini, donne e bambini vittime di questa guerra. Sì ho visto un talebano in quegli ospedali. Era su una barella con la tempia sfondata da una scheggia, accanto a lui un militare dell’esercito regolare afghano, con un proiettile nel torace. Si, è vero, signori della guerra, tutti, voi in giacca e cravatta, e voi in uniforme, voi nei centri finanziari o nei centri del potere, ho visto le mani di Garatti sporche di sangue. Ma è il sangue che versate voi, il sangue di cui voi siete responsabili. Di cui voi siete i colpevoli!”.
Oggi Marco Matteo e Matteo sono liberi, ma è stata una settimana dura, una settimana in cui qualcuno ha più volte cercato di gettare fango su Emergency, una settimana nera per i diritti umani perché, va ricordato, per un’intera settimana ai tre italiani è stato negato di incontrare i propri avvocati, e per molti giorni il governo italiano non sapeva con certezza dove si trovassero i suoi cittadini.
Emergency non dimentica, però, i cittadini afgani arrestati sabato con le medesime accuse dei tre italiani, e comunica che: “Gli avvocati di Emergency continuano a seguire la situazione dei collaboratori afgani ancora trattenuti dai servizi di sicurezza, dei quali non abbiamo notizie né in merito alle loro condizioni di salute, né alla loro condizione giuridica, né al luogo presso il quale sono tuttora trattenuti.”
Oggi vogliamo festeggiare la liberazione di questi nostri tre connazionali, ma vogliamo anche ricordare che l’ospedale di, in cui loro lavoravano non c’è più, e che tanti pazienti sono stati dimessi dai militari. Ci auguriamo che Emergency possa presto riportare in quei territori la bandiera dalla solidarietà e della professionalità italiana.
Fra.Mino
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