Il messaggio Bossi non lo ha voluto certo dare ai suoi elettori. Si rivolgeva invece ai suoi eletti. Col suo reiterato «ci tocca una fetta delle banche del Nord» non ha «raccolto un invito degli elettori», ma ha voluto rassicurare i sindaci della Lega. Non solo quelli che sono assetati di potere e che guardano ai posti nei Consigli d´Amministrazione di fondazioni e banche locali come a un´occasione per piazzare gli amici e ampliare il proprio potere. Si rivolgeva anche a quegli amministratori che hanno meno ambizioni personali e che si trovano in obiettiva difficoltà a far quadrare i conti delle loro amministrazioni. Sono sempre in più a temere di non riuscire a far fronte agli impegni presi nei confronti degli elettori. Non a caso molti dei protagonisti della «marcia» dei 521 sindaci lombardi che hanno simbolicamente consegnato la loro fascia di sindaco al Prefetto di Milano, hanno esplicitamente minacciato di tagliare le prestazioni sociali per le loro comunità nel caso in cui le loro richieste non fossero state accolte.
Forse un giorno nel recitare il de profundis della Lega si dirà: chi di immigrazione ferisce, di immigrazione perisce.
La Lega è più forte nelle zone a più alta immigrazione. Nei Comuni amministrati dal Carroccio la popolazione è aumentata tra i due censimenti di più del 5 per cento contro l´1 per cento della media dei Comuni italiani e il 3,5 per cento degli altri Comuni del Nord non amministrati dalla Lega. Questa cinicamente cavalca le preoccupazioni della gente di fronte all´arrivo di nuovi cittadini con culture e abitudini diverse. È un´ostilità ambientale e legata alla congestione nell´accesso ai servizi pubblici, prima ancora che al mercato del lavoro o all´ordine pubblico. Non si vuole che i nuovi arrivati snaturino i luoghi cui si è affezionati, si teme di non riuscire più ad avere un posto al nido per i figli e i nipoti o la casa popolare. Ce lo dicono i sondaggi: al Nord le percezioni negative nei confronti degli immigrati sono legate all´accesso ai servizi sociali. Al Sud, invece, sono preoccupazioni legate al mercato del lavoro, alla paura di perdere il proprio impiego. Hanno un qualche fondamento. Gli immigrati che vanno al Sud sono molto simili per caratteristiche ai lavoratori dei paesi che li accolgono. Non è così al Nord dove arrivano molti più immigrati che nel Mezzogiorno, ma non tali da portare una minaccia al lavoro di chi li riceve perché svolgono mansioni che nessuno vuole più fare. Essendo più poveri e avendo più figli degli italiani, gli immigrati hanno comunque priorità nell´accesso a prestazioni, come i sussidi per l´alloggio e l´infanzia o le sovvenzioni per il sostegno al reddito, che vengono amministrate e finanziate dai Comuni. Come mostra una recente ricerca di Michele Pellizzari (www.frdb.org), la percentuale di immigrati che richiede il certificato Isee (necessario per accedere ai programmi di welfare comunali) è attorno al 10 per cento contro il 7 per cento per gli italiani.
La Lega promette alla sua base che manterrà inalterate le prestazioni sociali di cui avevano sin qui goduto e mostra la faccia feroce contro gli immigrati, quella che gli altri partiti non vogliono o non possono credibilmente mostrare. E anche quei cittadini che non condividono i toni e i metodi della Lega, nel segreto dell´urna magari finiscono per votarla perché è per loro un modo per allontanare la minaccia. Rendendo il loro piccolo centro meno ospitale nei confronti degli immigrati, sperano di convincere gli immigrati a spostarsi nel paese vicino. Bene in effetti che non si allontanino troppo perché le loro braccia a basso costo e le cure delle badanti servono eccome. Ma la Lega è ormai troppo diffusa sul territorio per poter continuare a praticare questo gioco al rimpiattino nei confronti dei Comuni vicini. Così, cresce la spesa per l´assistenza (aumentata del 23% nei Comuni del Nord a più alta immigrazione dal 2003 al 2007) e per finanziarla bisogna aumentare le tasse, scelta non proprio popolare: l´incremento delle entrate proprie durante i mandati dei sindaci leghisti è nettamente superiore a quella degli altri Comuni.
Per questi motivi i sindaci leghisti hanno guardato con favore alla carta acquisti tremontiana. Poteva servire per alleggerire un pochino la pressione. Ma le social card di Tremonti sono finite in 8 casi su 10 a cittadini del Sud, perché la soglia di reddito è la stessa in tutta Italia nonostante il costo della vita al Nord sia molto più alto, e si avviano ora mestamente a sparire dall´emisfero boreale. Continueranno a esserci solo dove saranno i Comuni a finanziarle. Insomma, una presa in giro. I sindaci ora guardano con una certa avidità alle Fondazioni: vorrebbero tanto che contribuissero a finanziare alcuni dei progetti sociali su cui si sono impegnati. Ma anche se la Lega riuscirà a conquistare le Fondazioni bancarie, queste non potranno mai offrire la risposta al problema che il Carroccio ha cavalcato e che ora non riesce più a gestire. Troppo selettive ed estemporanee le loro attività, soprattutto ora che ricevono meno dividendi da banche che devono pensare a ricapitalizzarsi.
Più che di una banca i sindaci del Carroccio avrebbero bisogno di uno Stato che si occupi davvero dei poveri finanziando direttamente, magari in concorso coi Comuni, programmi di assistenza sociale di base. Lo potrebbe far bene, evitando gare al ribasso e giochi a rimpiattino fra Comuni. Ma sono ben altri i piani di questo Governo. Basta andare sul sito della Ragioneria dello Stato per capire quali sono le priorità: nel 2010 la quota di spesa dello Stato per diritti sociali, solidarietà sociale e famiglia è destinata ulteriormente a diminuire. L´unica buona notizia è che non potrà farlo a lungo. È già pericolosamente vicina allo zero. E sotto quello neanche Tremonti dovrebbe poter scendere.
La Repubblica 17.04.10