Obtorto collo i berluscones obbediscono a Napolitano e studiano le modifiche alle intercettazioni. Il diktat del Colle è deciso: o il testo cambia o viene rispedito indietro. La “riduzione del danno” sta per maturare, tra oggi e domani, in una riunione della Consulta per la giustizia del Pdl (con a capo Niccolò Ghedini) e un incontro tra i tecnici di via Arenula e il relatore al Senato Roberto Centaro. Non si tratterà di semplici ritocchi, ma di un intervento pesante, che eliminerà le più macroscopiche anomalie costituzionali del ddl. Al Guardasigilli Angelino Alfano, convocato al Quirinale, le aveva indicate, ormai nel lontano luglio 2009, lo stesso Napolitano.
Ecco gli «evidenti indizi di colpevolezza» che sfumano nella formula «gravi indizi di reato», la stessa che figura oggi nell´articolo 266 del codice di procedura penale. Ecco la marcia indietro sulle microspie che potranno essere messe anche nei luoghi dove non c´è «la certezza» che si sta commettendo un reato. Ecco ancora la possibilità di acquisire i tabulati senza restrizioni. Ecco la norma transitoria sull´entrata in vigore che applicherà la legge solo ai processi in cui «non» sono state ancora disposte intercettazioni. L´obiettivo è votare il testo per metà giugno. L´incertezza riguarda quando depositare le modifiche. Governo e maggioranza la pensano diversamente. Il primo vorrebbe giocare la carta in aula, ma ieri il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri si augurava il contrario: «Prima ci saranno meglio sarà, la commissione è pronta alla fase decisiva».
Commissione in cui il centrosinistra è stanca dei tira e molla della destra su un ddl in ballo dal giugno 2008. Tant´è che ieri, quando il presidente Filippo Berselli ha tentato di aprire una finestra di dialogo, se l´è vista subito chiusa in faccia da Pd, Idv e Udc. «È ancora muro contro muro» dichiara il vice presidente del gruppo Pd Felice Casson. E Silvia Della Monica: «Se conoscessimo le proposte del governo potremmo parlare, ma nessuno ci ha detto nulla». Il dipietrista Luigi Li Gotti respinge ogni trattativa: «Il testo è immodificabile». Chiusura dall´Udc: per Gianpiero D´Alia il centrodestra vive «solo uno stato di confusione e incertezza».
Cade la trappola in cui si cerca di far cadere il Pd. A Casson chiedono cosa salverebbe della norma che rende obbligatoria la sostituzione del pm che ha parlato del processo o è stato denunciato. Lui replica: «Va abolita». Loro: «A volerla salvare?». Casson llustra un subemendamento in cui si specifica che non si può rimuovere il pm senza far pronunciare un giudice. Il centrodestra esulta: «C´è uno spiraglio per trattare». Casson nega: «Ma quando mai, ho detto che il comma va cancellato».
Il vero nodo però sta nei contrasti interni: i berluscones vogliono “salvare” al massimo il testo esistente, finiani e Lega non vogliono legare le mani di magistrati e poliziotti. Lo scontro è dietro l´angolo. Come quello che ha tenuto bloccato, dal 2 marzo a oggi, il ddl contro la corruzione che Alfano aveva vantato in una conferenza stampa a palazzo Chigi. Ci sono voluti 40 giorni di battaglie tra lui e il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli per mandare il testo alla firma di Napolitano. Con la vittoria dell´esponente leghista, che è riuscito a imporre l´ineleggibilità alla Camera e al Senato per chi sia stato condannato a una pena non inferiore a due anni per peculato, malversazione, concussione e corruzione anche giudiziaria. Sconfitta la linea di Alfano che voleva solo rendere obbligatoria l´interdizione dei pubblici uffici per i medesimi reati.
La Repubblica 14.04.10
Pubblicato il 14 Aprile 2010