La tenaglia che incastra la “spesa libera” in febbraio ha ristretto la sua apertura. La credenza delle provviste si svuota e gli sprechi si riducono, mentre il carrello della spesa si rimpicciolisce. E lentamente cambia: escono surgelati, cibo già pronto, bevande, prodotti per la cura della casa e della persona, mentre entrano televisori e telefonini. E soprattutto grazie alla spinta degli incentivi, l’auto. Alla fine dello switch, però, il risultato è negativo: in febbraio i consumi, secondo l’indicatore Icc di Confcommercio, sono aumentati in termini tendenziali dell’1,4%, ma sono calati rispetto a gennaio dello 0,5%. «In tutti i paesi, compresa l’Italia, mentre sale la disoccupazione e scende la produzione industriale, il timore del futuro ha fatto crescere la propensione al risparmio – analizza l’economista Luigi Campiglio –. E questa dinamica sta cambiando la busta della spesa».
Il ritorno ai livelli pre-crisi di cui l’ultima parte dello scorso anno sembrava averci mostrato l’inizio non è consolidato. «A febbraio la ripresa inciampa per la seconda volta consecutiva – dice il direttore del centro studi di Confcommercio, Mariano Bella –. La riduzione dello 0,5% è un’indicazione deludente perché segnala la grande fragilità dei consumi. Abbiamo superato il minimo storico toccato all’inizio del 2009 ma già al secondo mese dell’anno siamo in fase di arretramento». Per la seconda volta, considerato che il dato di gennaio è stato -0,3 per cento.
Il calo congiunturale più forte lo scontano i prodotti alimentari, le bevande e i tabacchi: -2,5%, dopo che già nel 2009 erano calati del 3,1 per cento. La vittima più illustre sono i surgelati e i cibi pronti: la lasagna pronta dopo cinque minuti di microonde con la crisi sembra aver perso un po’ del suo fascino e della sua comodità. Il presidente di Adoc, Carlo Pileri sostiene addirittura che «il calo dei prodotti alimentari sarebbe potuto essere almeno del 5% senza l’apporto dei discount, gli unici a dare la possibilità alle famiglie di soddisfare le proprie esigenze alimentari senza rimetterci lo stipendio. Circa una famiglia su tre, anche della media borghesia, fa oggi spesa in questi esercizi». Per vestiti e scarpe gli acquisti sono scesi dell’1,5% in quantità e del 2,2% in valore. Andamento zero per i beni e i servizi per la casa. Ma con una novità. «Sono andati male per tutta la prima parte del 2009, ma adesso sono ripartiti. E la corsa è guidata dall’elettronica di consumo, soprattutto da televisori e schermi piatti», spiega Bella. Alberghi pasti e consumazioni fuori casa calano dello 0,6% in quantità, ma aumentano dell’1,9% in valore, segno che forse nell’ultimo anno il caro-pranzo non si è fermato.
La regina della spesa delle famiglie, però, nel carrello non ci sta. È l’auto che rientra tra i beni e i servizi per la mobilità e ha fatto aumentare questa voce del 18,5% in febbraio 2010 su febbraio 2009. Finiti gli incentivi, scaduti a fine dicembre, però anche l’auto è entrata in crisi: la variazione congiunturale di gennaio è stata -4,3%, quella di febbraio +0,1 per cento.
E se la regina del 2009 è stata l’auto, il re è stato il telefonino. Migliora la domanda di beni e servizi per le comunicazioni e per l’Ict domestico che crescono di un 1,2% tendenziale. Un andamento che ha sollevato le critiche delle associazioni dei consumatori. Così, il Codacons propone «provocatoriamente degli incentivi per l’acquisto di prodotti alimentari: regalare del sugo a chi acquista una confezione da un chilo e mezzo di spaghetti», piuttosto che «finti incentivi» e chiede una politica dei redditi «seria». Per Adusbef e Federconsumatori si tratta di dati che «fanno giustizia delle tante mistificazioni a danno del Paese».
Quando il recupero dei livelli di reddito è modesto, le famiglie tendono a far saltare le risorse disponibili da un segmento all’altro. Con i nuovi incentivi in prospettiva ci si aspetta una ripresa di elettrodomestici ed elettronica, motorini, cucine, forni, cucine a gas, cappe climatizzate. Il fatto è che «l’avvio di una fase di sviluppo robusta e consolidata sembra ancora lontano», dice Bella. E per sapere come cambierà la spesa servirà molto tempo ancora, interpreta il direttore dell’ufficio studi di Confcommercio: «I consumi sono governati dall’inerzia, non dall’innovazione. E non c’è crisi che possa farci improvvisamente cambiare idea. Per ora è chiaro che gli italiani non rinunciano a mangiare e tantomeno al telefonino».
Il Sole 24 Ore 08.04.10