C’è un’altra elezione che si sta svolgendo nel nord del paese in queste settimane e che continuerà fino al 24 aprile. Ci sono molte meno astensione che nel voto amministrativo. Ma non per questo i veri partiti, in questo caso si chiamano patti, contano poco. In gioco il potere economico, più che quello politico. Il candidato di punta questa volta non viene dalla provincia padana, ma da quella laziale ed ha, nel giudizio del Financial Times, uno stile di condotta da Sacro Romano Impero, con tanto di puntelli politici (ha l´appoggio di Giulio Tremonti), pendenti penali e congiure. Si chiama Cesare Geronzi e sarà con tutta probabilità il prossimo Presidente di Assicurazioni Generali. Si tratta di un´elezione vera e propria. Per una volta saranno infatti stati i comitati nomine anziché i salotti buoni a votare. Questo ha reso ancora più evidente l´intreccio di poteri, meglio l´incrocio di partecipazioni, su cui si regge il capitalismo del Nord, la Galassia del Nord, efficacemente narrata da Massimo Giannini su queste colonne. È un intreccio talmente complesso che è difficile decifrarlo. Anche dagli addetti ai lavori. Si pensi che qualche anno fa un´istruttoria dell´Autorità Garante della Concorrenza e dei Mercati aveva concluso che Mediobanca non controlla Generali! Oggi Mediobanca sta nominando non solo il nuovo presidente della compagnia di assicurazioni triestina, ma anche due vicepresidenti su tre. Lo fa col suo 15 per cento di azioni, imponendo con prepotenza le sue scelte al restante 85 per cento. E sull´asse Milano-Trieste, Mediobanca blinda il capitalismo italiano. Tutto sarà come prima, anzi più di prima.
C´è un´ideologia che sta alla base di questa difesa dello status quo che si produce nell´economia del Nord del Paese. Si chiama «ritorno al territorio», teorizzato sia dalla Lega che dalle nostre maggiori banche. Fosse vera attenzione al territorio sarebbe molto utile. Ci sono tanti piccoli progetti imprenditoriali degni di nota nel mondo della piccola impresa che oggi le nostre banche non sanno valutare. Tante nuove idee che cercano finanziatori. Bisognerebbe fare come negli Stati Uniti dove i funzionari di banca vanno nelle scuole superiori a valutare i business plan preparati dai liceali che hanno scelto di studiare l´economia. Operazione educativa per entrambi, studenti e banchieri. Ma il ritorno al territorio di cui ai comunicati dei Cda delle banche è una grande ipocrisia.
È solo tutela delle posizioni di potere conquistate, protezione dai corpi estranei. Il presidio del territorio è in realtà il presidio dei posti nei consigli di amministrazione delle banche locali, delle municipalizzate, delle amministrazioni pubbliche e del potere politico locale. Sono la politica locale e le organizzazioni di categoria che non solo vogliono strappare poltrone e strapuntini, ma che vogliono influenzare la gestione delle banche, cercando di sostituire alla valutazione del merito di credito le erogazioni riservate alle categorie da loro protette. Il federalismo nell´economia è plasmato sul federalismo di facciata della politica. Nel segno della continuità e del conservatorismo. Per questo non c´è nessun timore in questo blocco di potere nell´assistere all´avanzata della Lega. Eloquente il giudizio di Massimo Ponzellini, presidente della Banca Popolare di Milano (e di Impregilo): «La Lega dà stabilità».
Il fatto che elezioni come quella di Geronzi vengano oggi fatte alla luce del sole è molto indicativo. Banche chiuse in se stesse, imprese non contendibili, vengono ormai apertamente considerate un fattore di successo. Bene proteggersi e concedere crediti unicamente ai soliti noti. Dopotutto la crisi ci ha insegnato cosa vogliano dire le bolle finanziarie! Ci si dimentica che «i paesi della bolla», come ormai li si chiama, hanno conosciuto per decenni tassi di crescita più alti dei nostri e che il nostro paese ha sofferto di più la crisi dei paesi coi mercati finanziari più sviluppati. Si rimuove il gigantesco problema di cattiva allocazione delle risorse che sta alla base della stagnazione italiana degli ultimi 15 anni. Avremmo bisogno di spostare capitali e persone da imprese decotte a nuove iniziative imprenditoriali in grado di far decollare il nostro paese. Questo è il compito che possono svolgere i mercati finanziari. Certo, questi devono essere ben regolamentati, ci vogliono forti e autorevoli autorità di controllo. Si riparla sempre più insistentemente nelle ultime settimane di un rinnovo dei vertici della Consob in linea di continuità con la gestione attuale, un nuovo settennato di Lamberto Cardia, il presidente che ha caldeggiato le norme contro le Opa ostili per blindare gli attuali assetti proprietari. È la stessa gestione che ha fatto lievitare i costi dell´autorità, raddoppiare le spese del personale della Consob proprio mentre si dimezzava il numero di società quotate. Completerebbe il paradosso: l´area più cosmopolita del paese che trova espressione in una classe dirigente arroccata a difesa di sé stessa, chiusa verso tutto ciò che sta fuori.
p.s.
Dario Di Vico dedica alle mie tesi sulla politica economica della Lega (qui) un lungo editoriale sul Corriere della Sera di ieri, con toni da agitatore politico, da sindacalista dei piccoli. Vorrei rassicurarlo. Non ho nulla contro i piccoli imprenditori, i lavoratori autonomi e gli artigiani. Non erano a loro rivolte le mie attenzioni, bensì a documentare i tanti trasferimenti compiuti da questo Governo a favore dei territori presidiati dalla Lega. Eccone un altro: l´assegnazione delle quote latte aggiuntive nel 2009 da parte del Ministro delle Politiche Agricole, ha premiato le due regioni con candidati leghisti tra cui lo stesso Zaia, vale a dire Piemonte e Veneto. A queste due Regioni sono stati concessi incrementi rispettivamente del 13 e del 9 per cento delle quote, quasi il doppio in percentuale di quanto concesso alle altre regioni. Più in generale, un regime di deroghe di tanti interventi di piccola entità con criteri di assegnazione nebulosi (per averne un´idea basta guardare le tabelle del Programma di Stabilità dell´Italia sul sito del Ministero del Tesoro) premia i partiti presenti sul territorio, che diventano veri e propri patronati. Di Vico sostiene che, nel sottolineare i vantaggi dei condoni fiscali per i lavoratori autonomi, offro un´immagine di loro come evasori. Sono convinto che moltissimi lavoratori autonomi paghino regolarmente le tasse, tra mille sacrifici e difficoltà. Ma non posso che guardare alle medie. I giornali (compreso il Corriere della Sera) titolavano qualche giorno fa a tutta pagina di italiani che dichiarano al fisco meno di 19.000 euro in media. Sono andato a guardare anche i dati delle indagini campionarie, quelle in cui gli intervistati presumibilmente dichiarano i redditi veri: nel caso dei lavoratori dipendenti il divario fra percepito e dichiarato è del 10 per cento; nel caso del lavoro autonomo è del 33 per cento. Di Vico è libero di chiamarli pregiudizi. Io li chiamo dati. E con questi mi misuro.
La Repubblica 08.04.10
Pubblicato il 8 Aprile 2010