Martedì scorso su Il Fatto Massimo Fini ha rivelato un episodio di alcuni anni fa. Una sera a cena, convinto che il momento fosse propizio per una confessione, fece una domanda a Bossi. Umberto, dimmi finalmente la verità: ma tu sei più di destra o più di sinistra?». Bossi rispose: «Più di sinistra, ma se lo scrivi ti faccio un culo così». È un aneddoto che può apparire assurdo, in questi giorni in cui ci si chiede se la Lega non sia diventata un partito cattolico, anzi clericale. E in cui altri invece sostengono, come hanno sempre sostenuto, che è un partito xenofobo di estrema destra, quindi del tutto anticristiano. Insomma che cosa è la Lega?
La realtà è molto complessa. Nella battuta di Bossi a Massimo Fini c’è del vero. La Lega ad esempio non è in alcun modo assimilabile al berlusconismo. Chiunque abbia seguito le feste del popolo della libertà e quelle della Lega, o i comizi di Berlusconi e quelli di Bossi, sa bene che fra le due realtà c’è una distanza siderale. Non stiamo parlando tanto di una diversità politica, quanto di una diversità antropologica. L’uomo leghista è diverso da quello berlusconiano nei valori di fondo, negli obiettivi di vita, nei modelli da seguire, nel modo di vestire e perfino di mangiare. Certamente è un tipo umano molto più «popolare». Allo stesso modo il militante leghista è lontano anni luce dal mondo che viene dall’ex Msi: l’antifascismo tante volte proclamato da Bossi non è una dichiarazione di facciata.
Basta questo per dire che la Lega è «di sinistra»? Certo che no. Tuttavia non c’è dubbio che la Lega abbia attinto, oltre che dal serbatoio di voti dell’ex Dc, anche da quello dell’ex Pci: cioè da due partiti profondamente radicati nel popolo. Ovvio che non è, quella di Bossi, la sinistra degli intellettuali, dei giornalisti e dei testimonial del mondo dello spettacolo o della cultura. Ma sicuramente il mondo di Bossi non è quello dei palazzi – della finanza o della cultura che siano – bensì quello degli strati popolari del Paese. Un mondo che è un mix di valori che difficilmente si può etichettare «di destra» o «di sinistra».
Quali sono i valori della Lega? Non c’è dubbio che il primo sia stato la difesa di un interesse. Bossi ha raccolto consensi fra coloro che, a torto o ragione, ritenevano minacciato un proprio interesse. Le prime campagne furono contro i meridionali, poi rimpiazzati dagli immigrati. La paura che qualcuno che «viene da fuori» possa togliere qualcosa è stato il primo carburante. Ed ha finito con l’alimentare categorie diverse: dal mondo delle piccole e medie imprese che si sente tartassato dal fisco a quello degli operai che si sentono abbandonati da ciò che resta del vecchio Pci.
La battaglia contro i nemici esterni – il fisco di Roma e l’immigrato che toglie il posto di lavoro «alla nostra gente», come dice Bossi – ha finito poi per allargarsi a una più generale difesa della propria identità. La paura è diventata insomma anche quella di veder svanire il proprio millenario modo di essere: dal dialetto alla religione. Ed è qui che è nata la Lega «cattolica».
Bisogna intendersi bene. La Lega all’inizio era tutt’altro che filocattolica. Uno dei suoi primi slogan, «via da Roma», non è che la traduzione del motto di Lutero «los von Rom»: e più volte Bossi aveva minacciato, anni fa, una nuova Riforma, la nascita di una Chiesa del Nord. Poi c’è stata la fase pagana, con i riti sul Po e i matrimoni celtici. Solo da qualche anno la Lega ha fatto suo il cattolicesimo come fattore di difesa della propria tradizione. Da qui l’accusa di un cristianesimo senza Dio, utilizzato come religione civile: quanto di peggio, dal punto di vista di un credente.
Anche perché – parallelamente alla difesa del crocefisso e della vita dal concepimento alla sua fine naturale – la Lega ha proseguito in una politica sull’immigrazione che le ha provocato non poche tensioni con la Chiesa. Anche su questo punto comunque vanno evitate le banalizzazioni. Nei giorni scorsi la stessa Rosy Bindi ha riconosciuto che sul tema degli immigrati la Lega razzola assai meglio di quanto predichi: ne sono prova le politiche di molte amministrazioni leghiste. Però, osservava ancora la presidente Pd, un certo linguaggio e certe provocazioni contribuiscono lo stesso a diffondere un seme cattivo.
Certo è difficile identificare il militante padano con il cattolico volontario dei centri aiuti alla vita: sono anche quelli due mondi diversi. Tuttavia la Lega sul fronte pro life è sempre stata compatta forse anche perché sente che è una battaglia in sintonia con buona parte di un suo mondo popolare e tradizionale, non necessariamente cattolico. Alcuni commentatori hanno scritto che è solo una manovra per tenersi buona la Chiesa sul tema dell’immigrazione. Può darsi. Ma la Lega ha logiche e motivazioni che spesso ci sfuggono. Noi giornalisti per molti anni abbiamo preso abbagli colossali, sulla Lega: e forse continuiamo a non capirla del tutto.
La Stampa 03.04.10