Da oggi il torvo presagio dell´anonimo sull´elezione di Zaia, che il suo predecessore berlusconiano Giancarlo Galan considera, con molti altri, tra i peggiori ministri dell´Agricoltura che l´Italia repubblicana abbia mai avuto, diventa un dato politico da analizzare senza gli occhiali della finzione letteraria, incrociandolo con il risultato piemontese ottenuto da Roberto Cota contro Mercedes Bresso e con il successo leghista sopra e sotto il Po. In Umbria e persino in Emilia Romagna, tradizionali enclave rosse.
«La volpe infida che era pronta a far razzia nel nostro pollaio», come disse una volta Umberto Bossi di Silvio Berlusconi, prima di conquistare la golden share che da due anni esercita sul governo di Roma, ha perso ieri la partita del Lombardo-Veneto, consegnandolo a una valanga di voti e ai primi governatori leghisti nella storia d´Italia. I quali promettono di trasformare le bianche praterie parrocchiali che furono calcate dal moderatismo democristiano dei Rumor e dei Bisaglia, e persino lo strapotere della famiglia capitalistica regnante di Torino, nella trincea avanzata del neofeudalesimo leghista, fatto di localismo e protezionismo, di paure e plebeismo semplificatorio che vede l´insidia somma nella società globalizzata.
Dopo il voto di ieri nulla sarà comunque come prima nel calcolo dei pesi tra la potenza del partito mediatico del premier e la radicata forza plebea che si è fatta «imprenditore della paura», come la definisce Sergio Frigo, autore di un libro intitolato «Caro Zaia, vorrei essere leghista ma proprio non ci riesco». «Nel Pdl – avverte subito di prima sera il prosindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, che notoriamente non ha peli sulla lingua, nei primi festeggiamenti a Fontane di Villorba – comincia la notte dei lunghi coltelli. E chi comanda (Berlusconi, ndr) non ha gli attributi per fronteggiarla». Berlusconi non ha più gli attributi, secondo i vertici carismatici del popolo leghista.
Veneto, Piemonte, Lombardia, Liguria: il quadrilatero bossiano comincia a saldarsi, più o meno sorretto da tanti voti, in un progetto federalista (?) fortemente perseguito attraverso la messa in scena quotidiana del partito di lotta e di governo capace di semplificare la complessità, di ridurre il mondo all´angusto territorio comunale o regionale, al prosecco e alla soppressa, al dialetto, come simboli di identità sacri e irrinunciabili, prodromici di un federalismo sempre annunciato e forse mai realizzato. Che comunque viene dopo la famiglia nella mitologia del nord leghista, come dimostra Bossi che dedica i primi pensieri della vittoria, anzi tutta la vittoria, non alla memoria di Cattaneo, ma al figlio Sirio e all´altro, il maggiore, Renzo, quella «trota» primo degli eletti – guarda un po´ – in quel di Brescia. Anche il senatùr tiene famiglia, come nella migliore tradizione partenopea.
Ma la misura della «notte dei lunghi coltelli» annunciata nella maggioranza di governo dal prosindaco trevigiano è lo scenario realistico del voto regionale di ieri che legittimerà la Lega a rafforzare il peso della sua golden share nel declino del berlusconismo. Zaia ha già annunciato che sarà lui a imporre dazi sulle importazioni cinesi, che introdurrà il voto di fiducia nel regolamento regionale per muoversi con la stessa disinvoltura di cui dispone il Capo del governo nelle votazioni a Montecitorio, cui è facile prevedere che darà qualche dispiacere. Una secessione di fatto, morbida, elettorale, già lungamente annunciata, nonostante lo stop and go continuo della Lega rispetto alla sacralità dell´Italia unita, autorizzata da Berlusconi, che, secondo Galan, ha già scelto: al Nord comanda il Carroccio, che non tarderà non solo a chiedere Milano, protestando Letizia Moratti che scade l´anno prossimo, ma perseguirà un progetto non solo territoriale, ma nazionale. Di cui potrà farsi portatore, indotto anche dal suo progetto personale, il più autorevole ministro del governo in carica, Giulio Tremonti.
Il quale della strategia di lotta e di governo bossiana è stato fin qui un protagonista quasi silente ma significativo, nel suo progetto di premiership.
Fratelli d´Italia, fratelli coltelli. Da domani l´Italia berlusconiana fa i conti con l´Italia nordista di Zaia e di Cota.
La Repubblica 30.03.10
Pubblicato il 30 Marzo 2010