Un fenomeno assai allarmante, di cui in questa rubrica riassumo i termini, mi viene segnalato dal professor Mario Sechi, ordinario di letteratura italiana moderna all´ateneo barese, impressionato dalla martellante campagna pubblicitaria, lanciata da una università telematica nella sua città e verosimilmente anche altrove. L´università in questione – denominata E-Campus – risulta istituita con un decreto ministeriale del gennaio 2006, con sede operativa a Novedrate in Brianza e con sedi decentrate a Roma, Messina e Bari. Altre 8 università telematiche private, risultano a tutt´oggi registrate.
L´allarme di alcuni docenti più avvertiti nasce dal carattere della campagna pubblicitaria, imperniata su due principali argomenti: I) il «superamento» del concetto di frequenza dei corsi da parte degli studenti; II) l´efficacia in termini di produttività del metodo didattico e-learning (apprendimento elettronico) assistito.
Quanto al primo punto, si tratta di un ribaltamento radicale del principio formativo su cui tutta la storia dell´università europea ha operato per secoli: vale a dire il principio della vita comunitaria di docenti e studenti, in ambienti adatti a stimolare lo scambio e il confronto delle conoscenze e delle idee. È vero che tale principio ha avuto una applicazione assai parziale a causa degli insufficienti investimenti, cosicché la frequenza effettiva nei corsi delle Università pubbliche rimane ad oggi del tutto inadeguata, ma il ricorso a modalità di assistenza didattica extra-murale, e soprattutto informatica e mediatica, lo annullerebbe del tutto.
Quanto al secondo punto – la didattica assistita a distanza – esso sembra rappresentare la carta più efficace a favore delle Università telematiche, in quanto in effetti il criterio di produttività della didattica è uno dei parametri decisivi imposti dai Ministeri competenti per la valutazione di tutti gli Atenei.
Se l´obiettivo strategico è quello di aumentare percentualmente e in valori assoluti il numero dei laureati, e di accelerare i tempi di conseguimento delle lauree, la validità dell´offerta didattica deve essere misurata soltanto in base al raggiungimento di questi obiettivi, a prescindere da ogni verifica di qualità. La didattica più valida sarà dunque quella meglio confezionata e più facilmente assorbibile da parte degli studenti, e le modalità di somministrazione didattica saranno più efficaci se sostenute da un´assistenza capace di ridurre le difficoltà intrinseche allo studio. L´università telematica, oltre ad offrire una sofisticata strumentazione tecnologica per il contatto interattivo fra studente ed équipe didattica (non parlerei di docenti, perché queste figure sono rarissime e di puro e semplice richiamo d´immagine), aggiunge, nel caso della E-Campus il sostegno dei centri Cepu ad essa associati che hanno acquisito negli anni una notevole esperienza nell´assistenza alla gestione della prova d´esame.
Su tutto ciò nascono interrogativi di grande momento. Il primo riguarda le garanzie di formazione libera e culturalmente pluralistica dei laureati, che sono ridotti dall´approccio telematico alla condizione di pazienti in strutture ospedaliere d´avanguardia. Il secondo riguarda la mancanza assoluta di una piattaforma istituzionale democratica nel governo di questo tipo di Università. In piena contraddizione con la legge in discussione al Parlamento, non sono istituiti né Senato Accademico né Consigli di Facoltà, e non risultano neppure previste le strutture dipartimentali, che secondo la legge dovrebbero assicurare il nesso ricerca-didattica su cui si basa la riforma Gelmini.
La Repubblica 29.03.10
Pubblicato il 29 Marzo 2010