Giorno: 28 Marzo 2010

Elezioni regionali e rischio astensione: le opinioni di Scalfari, Calabresi e Franco

«Una scelta impegnativa di saggia fermezza», di Eugenio Scalfari da www.repubblica.it MOLTI giudicano questa lunga campagna elettorale come la più brutta che ci sia mai stata, ma non è vero. È stata come le altre. Io ne ricordo moltissime; il mio primo voto lo diedi nel referendum del 1946, perciò le ho viste tutte e ad alcune ho anche attivamente partecipato. Ricordo i baffoni di Stalin e gli insulti ai «forchettoni» della Dc che campeggiavano nei manifesti del Partito comunista e ? dalla parte opposta ? le madonne pellegrine portate in giro per l’Italia e gli impiccati a Budapest e a Praga nei manifesti della Democrazia cristiana. Questa che oggi si conclude è stata un caleidoscopio di fatti interni e internazionali sconnessi tra loro ma ricuciti dal possibile influsso sulla psiche degli elettori che oggi andranno o non andranno alle urne. Per eleggere tredici presidenti di Regione, alcuni presidenti di Province e sindaci di Comuni: 41 milioni di cittadini, un campione imponente di popolo sovrano bombardato dai messaggi della televisione. Pesa o non pesa la …

«Caro Lévi-Strauss ci perdoni», di Marco Aime

Caro Professor Lévi-Strauss, lo so, lei ci ha lasciati qualche mese or sono, ma le scrivo lo stesso, perché forse solo lei, dal suo meritato ritiro riuscirà a leggere lo sconforto. Noi quaggiù, che abbiamo studiato sui suoi libri e su quelli dei molti bravi antropologi culturali che hanno saputo costruire una disciplina in grado di leggere l’umanità con occhi diversi, ci siamo rimasti male. Male a vedere, che quasi un secolo di studi, di dibattiti per cercare di smontare, faticosamente, l’etnocentrismo, che ci accompagna tutti e far comprendere che non esistono culture superiori o inferiori, ma semplicemente diversi modi di organizzare la società e le relazioni umane, non è servito a nulla. O a ben poco se nel 2010, dopo una riforma dei licei definita con modestia dalla sua autrice Mariastella Gelmini «epocale», possiamo leggere nelle indicazioni nazionali dei licei delle Scienze Umane che «tra i temi da affrontare ci sono «le cosiddette culture primitive, il loro carattere prevalentemente magico-sacrale, e il passaggio alle cosiddette culture evolute». Speravamo che l’aggettivo «primitive» fosse rimasto solo …

«Perché Berlusconi è da studiare a scuola», di Sergio Luzzatto

I nuovi programmi alle superiori. Fra le cose che più stanno facendo discutere della bozza di riforma Gelmini dei licei, sono i programmi di storia: soprattutto per quanto attiene alla storia del Novecento. Secondo le Indicazioni nazionali consultabili sul sito del ministero (nuovilicei.indire.it), la didattica di storia dell’ultimo anno sarà interamente occupata dal XX secolo, «dall’analisi delle premesse della Prima guerra mondiale fino ai nostri giorni». A dire il vero, si tratta di un battage comunicativo più che di una vera riforma dell’esistente. In effetti, da oltre un decennio l’insegnamento del quinto anno di liceo è centrato sulla storia del Novecento: fin da quando – negli anni Novanta – il ministro Luigi Berlinguer dispose in tal senso, per rimediare a una pratica didattica che tendeva a indugiare sull’Ottocento e tutt’al più sulla prima metà del Novecento, penalizzando la storia post 1945. Oggi, la bozza di riforma Gelmini ribadisce lo spirito della riforma Berlinguer. A prescindere dagli effetti-annuncio e dalle schermaglie sulla primogenitura, si tratta di un’indicazione condivisibile. Non c’è alcun buon motivo né culturale né …

«Non saranno tre anni tranquilli», di Stefano Menichini

L’esito più probabile è un risultato contradditorio, nel quale ognuno possa trovare qualche ragione di soddisfazione. Oltre al meccanismo stesso delle elezioni (con il dato delle regioni conquistate o tenute che si intreccia alle percentuali di lista dei partiti), è il complesso gioco delle aspettative che lunedì consentirà un po’ a tutti di aprire paracaduti, almeno propagandistici. Per cominciare da casa nostra, il Pd ha la ragionevole speranza di un buon risultato di partito e saluterà come una vittoria la riconferma di almeno due fra Piemonte, Lazio e Puglia, più la Liguria e con un occhio alla Campania. Solo pochi mesi fa (per questo dicevamo: le aspettative contano) tutte queste regioni erano considerate perse. Le speranze si sono riaperte per un mix fra abilità proprie, clamorosi errori altrui (che però hanno svelato la fragilità di fondo del Pdl) e due incidenti politici significativi: il Pd non ha cercato né Bonino né Vendola, ma ha imparato in corpore vili che la logica maggioritaria rimane più forte delle alchimie proporzionaliste (da cui scaturivano le alleanze con l’Udc) …