Approvato alla Camera il provvedimento che estende l’assistenza medica a 32 milioni di cittadini. Una svolta storica, per gli Stati Uniti. Barack Obama è riuscito nell’impresa mancata per oltre un secolo dai suoi predecessori. La riforma del sistema sanitario nazionale è adesso una realtà. La Camera Rappresentanti Usa ha adottato il testo, nella versione approvata dal Senato il 24 dicembre, con una maggioranza di 219 voti contro 212, tre voti più dei 216 necessari. I repubblicani hanno votato compatti per il no. Dopo un anno di scontri politici, colpi di scena e intense mediazioni, per il presidente americano si tratta di una straordinaria vittoria politica: ampliare la copertura sanitaria degli americani era la sfida più ambiziosa del suo programma politico e di fatto risulta la più ampia iniziativa di riforma sociale degli ultimi 50 anni negli Stati Uniti.
IL RUOLO DELLA PELOSI – Le ultime ore prima e durante la seduta della Camera sono state decisive per trovare i numeri necessari all’approvazione. E determinante è stato soprattutto il ruolo della speaker del Congresso, Nancy Pelosi. Arrivata in aula con il martello di legno con il quale nel 1965, presidente Lyndon Johnson, fu introdotto Medicare, la prima storica riforma in tema di Sanità in America. Sue le tratttative con gli ultimi indecisi nelle file democratice, sue le dichiarazioni che hanno fatto capire che finalmente c’era la certezza dei numeri. La svolta arriva nel pomerigigio, intorno alle 21 in Italia, dopo un paio d’ore di scontri verbali in aula e contestazioni fuori da Capitol Hill. E poco dopo, quando Bart Stupak, il deputato cattolico leader degli anti-abortisti della Camera, comunica ufficialmente il suo sì, si capisce la riforma passerà. Decisivo un comunicato uffciaile della Casa BIanca con il quale Obama conferma che mai i fondi pubblici saranno indirizzati a favorire l’interruzione di gravidanza.
IL PRESIDENTE – La misura, un obiettivo rincorso da numerose amministrazioni da quasi un secolo (se ne discuteva dalla presidenza di Thedore Roosevelt, 1901-1909), richiede adesso solo la firma di Obama per trasformarsi in legge (il che dovrebbe accadere non prima di martedì).
«Abbiamo dimostrato che siamo ancora un popolo capace di fare grandi cose», ha commentato il presidente dalla Casa Bianca. La svolta si è avuta nel primo pomeriggio di domenica, quando Obama ha accettato di firmare un executive order sull’aborto che ha placato le residue ansie dei deputati Democratici anti-abortisti, assicurando così il necessario quorum alla Camera. L’executive order di fatto mantiene lo status quo – niente fondi federali se non in casi estremi – nonostante la legge preveda la possibilità di ricorrere alle assicurazioni per le interruzioni di gravidanza, pagandole tuttavia come un servizio a parte rispetto alla normale copertura. La riforma estenderà i servizi sanitari a 32 milioni di statunitensi grazie all’allargamento del raggio di azione dei programmi di salute pubblica (Medicare, finora limitato ai cittadini con reddito al di sotto della soglia dell’indigenza) e grazie ai sussidi alle famiglie che non possono acquistare polizze assicurative private; vieterà anche alle compagnie assicurative di rifiutare le polizze a bambini o adulti con malattie congenite e impedirà di revocare le polizze ai già assicurati. Una riforma con la quale il 95% dei quasi 300 milioni di cittadini americani disporrà di una copertura sanitaria. Il costo per il bilancio statale di tutto ciò è naturalmente oneroso e verrebbe finanziato in parte con i tagli a Medicaid e in parte con nuove tasse ad hoc.
IL PROVVEDIMENTO – Da notare che il testo che approderà sulla scrivania di Obama è quello approvato dal Senato: con la perdita del seggio di Ted Kennedy nel Massachussets si è persa infatti la maggioranza qualificata che metteva i Democratici al riparo da qualsiasi ostruzionismo parlamentare, rendendo impossibile un’armonizzazione dei due provvedimenti già adottati dalla due Camere per una seconda lettura. «Questa sera abbiamo superato il peso della politica, mentre tutti gli specialisti affermavano che questo non sarebbe stato più possibile», ha commentato Obama pochi minuti dopo l’approvazione del progetto di legge alla Camera. «Non ci siamo arresi al cinismo, alla sfiducia, alla paura. Abbiamo provato che restiamo un popolo capace di grandi cose», ha aggiunto il presidente. Obama è intervenuto alla televisione dalla “East Room” della Casa Bianca. Il presidente, che ha dovuto utilizzare tutta la sua influenza politica per convincere la sua maggioranza a firmare un testo molto impopolare, ha comparato la propria vittoria con le sfide storiche degli americani. «Questa sera abbiamo risposto all’appello della storia come tanti americani hanno fatto prima di noi – ha dichiarato. – Non siamo sfuggiti alle nostre responsabilità, le abbiamo affrontate. Non abbiamo avuto timore del nostro futuro».
Il Corriere della Sera 22.03.10