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"Così la crisi pesa sulla salute degli italiani Anche il dentista è un lusso", di Adele Sarno

Meno di due famiglie su cinque si sono potute permettere l’anno passato le cure ododontoiatriche. Cresce il consumo di pasta e pane mentre si risparmia sulla frutta e la verdura, troppo cari. Il boom di antidepressivi l’unica cosa che accomuna tutte le regioni. Sono i dati del Rapporto Osservasalute 2009 che disegnano un’Italia più povera, che continua a invecchiare e cresce solo grazie agli immigrati
Il dentista è diventato un lusso, a tavola si mangia più pane e meno frutta, il consumo di farmaci antidepressivi è triplicato. Sono alcuni degli effetti che la crisi economica ha provocato sulle abitudini degli italiani, soprattutto sulle fasce deboli della società. E’ questo il dato di fondo che emerge dalla settima edizione del Rapporto Osservasalute (2009), un’analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle regioni italiane. Il rapporto è pubblicato dall’Osservatorio nazionale sulla salute dell’università Cattolica di Roma e coordinato da Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di igiene della facoltà di Medicina e chirurgia.

Lo studio rivela come e quanto abbia pesato sulle famiglie la minore disponibilità economica causata dalla crisi. Le cure odontoiatriche, ad esempio, sono diventate un lusso che solo meno di due famiglie su cinque si sono potute permettere. I tagli alla spesa hanno pesato anche nell’alimentazione: è cresciuto il consumo di carboidrati, pasta e pane, mentre si è ridotto quello della frutta e della verdura perché troppo costose. A ciò si aggiunge il dato sul boom degli antidepressivi, anche più preoccupante perché non collegato direttamente alla recessione: +310% dal 2000 al 2008.

Gli italiani inoltre sono sfiduciati nei confronti del Sistema sanitario nazionale (Ssn). Due su tre danno un voto appena sufficiente o da completa bocciatura alla sanità pubblica e solo un cittadino su tre lo promuove a pieni voti dando un giudizio da sette a dieci. La percentuale dei soddisfatti è molto più alta nelle regioni del Nord, mentre tra le fasce d’età sono gli anziani – cioè proprio coloro che ricorrono di più alle cure mediche – quelli che apprezzano il servizio offerto: circa 4 su 10 di loro, infatti, lo ritengono soddisfacente. La fotografia che emerge da Osservasalute è quella di un’Italia con una sanità pubblica che funziona a macchia di leopardo e dove l’offerta dei servizi è nettamente migliore nelle regioni settentrionali. Un dato che non stupisce se si considera anche la ricerca sulle liste d’attesa svolta da Repubblica salute: per una mammografia a Milano si aspetta da un minimo di 20 giorni a un massimo di 120, a Napoli esattamente il doppio.

Il gap tra Nord e Sud passa anche per la tavola. Il Nord si rivela più attento alla salute e meno sedentario; il Sud, invece, presenta fattori di rischio in crescita per malattie cardiovascolari e tumori, che infatti, proprio nel Mezzogiorno registrano un aumento di incidenza. In questo ha inciso la crisi. La dieta mediterranea, rimarcano i ricercatori, è divenuta troppo costosa da seguire e infatti si consuma poca frutta e verdura; solo il 5,6% degli italiani mangia le cinque porzioni raccomandate In tempi difficili si punta alle cose che “riempiono” di più. Così l’85,5% degli italiani mangiano pasta, pane e riso almeno una volta al giorno. Quanto alle carni, prevale la bianca, più economica: il 79,3% degli italiani la consuma almeno qualche volta a settimana (71,8% quella bovina). Aumenta, inoltre, il numero dei “golosi”, coloro cioè che consumano dolci e soprattutto snack salati. In calo, infine, la spesa per bevande gassate e aperitivi analcolici.

L’allarme antidepressivi. In Italia si registra un forte aumento tendenziale del consumo di farmaci antidepressivi, che è salito del 310% (cioè più che triplicato) dal 2000 al 2008. Il boom degli psicofarmaci è forse l’unico dato che negli ultimi anni accomuna tutte le regioni d’Italia. Questa crescita esponenziale, si legge nel report, è attribuibile a diversi fattori: da un lato c’è l’aumento del disagio sociale, che rimane tuttavia ancora difficilmente quantificabile, dall’altro alcuni oggettivi elementi di cambiamento. “Nel nostro Paese è in atto una vera e propria epidemia di malattie mentali – spiega Walter Ricciardi – da una parte a causa dell’evoluzione velocissima della società globale, cui è difficile stare dietro, e alla quale si aggiunge l’attuale crisi economica con il crescente problema della disoccupazione. Assistiamo però anche una minore stigmatizzazione dei pazienti depressi e a un aumento della preparazione dei medici di fronte a questi disturbi. Oggi, infine – ha concluso – si hanno a disposizione medicinali con pochi effetti collaterali che si possono utilizzare più facilmente e che sono più graditi dai malati”.

Un paese in crescita. Aumenta la popolazione residente in Italia rispetto al biennio 2006-2007, principalmente perché cresce il numero di immigrati che abita nel nostro Paese. Nel biennio 2007-2008 l’Italia presenta un saldo totale positivo e pari a +7,7 persone per 1000 residenti per anno.

Aumenta la fecondità. Il numero medio di figli per donna ha mostrato una lieve ripresa ed è passato da 1,35 dell’anno precedente a 1,373. Una conseguenza anche legata all’aumento della popolazione straniera che è più fertile delle donne di cittadinanza italiana. Le immigrate hanno in media 2,4 figli, le connazionali 1,3. Infine in forte crescita, specie nel Centro-Nord, è la quota di nati vivi da madri straniere: quasi 15 nascite ogni 100 avvenute in Italia sono ascrivibili a madri straniere. Un ultimo dato da tenere in considerazione sono i numeri della procreazione medicalmente assistita: ogni 1.000 nati vivi 16,2 nascono da gravidanze ottenute con la fecondazione artificiale.

L’Italia continua a invecchiare. Il rapporto 2009 mostra la tendenza all’invecchiamento della popolazione italiana. Una persona ogni cinque ha più di 65 anni, con punte regionali di oltre una ogni quattro in Liguria. Una ogni dieci invece ha più di 75 anni. Le donne sono la maggioranza, rappresentano il 53,8% della popolazione di 65-74 anni e il 62,8% degli over 75.
La Repubblica 17.03.10

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“Salute e cibo nella morsa della crisi” ,di Roberto Turno
La crisi morde anche la salute degli italiani: due su tre non vanno dal dentista perché costa troppo, si alimentano peggio e mangiano più pane e pasta evitando frutta e verdura col risultato che l’obesità aumenta. Intanto gli anziani aumentano ma non l’assistenza a loro dedicata. E, segno del disagio sociale e del «mal di vivere», esplode il consumo di antidepressivi. La crisi morde e il Sud, più povero, precipita: aumenta l’incidenza dei tumori, le malattie del cuore sono al top. Per non dire della spesa sanitaria pubblica: il Sud spende di più e detiene il primato dei deficit. Ma i cittadini sono più insoddisfatti che al Nord.

L’Italia della salute è dunque sempre più spaccata in due. A ribadirlo, aggravando anzi il divario sanitario Nord-Sud, è il rapporto «Osservasalute 2009» dell’Università Cattolica di Roma. «Si conferma la progressiva divaricazione tra Nord e Sud. Le premesse per il futuro non sono rosee», spiega Walter Ricciardi, coordinatore dello studio presentato ieri a Roma. Anche perché «all’aggravarsi dei fattori di rischio non fa fronte un’adeguata strategia preventiva, né di diagnosi precoce e risposta terapeutica nelle regioni in difficoltà». Una beffa doppia.

Il rapporto mette in guardia dai pesanti effetti della crisi. «Fare economia» è un imperativo per i bilanci delle famiglie, per le fasce deboli è un’emergenza. Andare dal dentista – i denti il Ssn non li cura – è un lusso per il 39,7% delle famiglie, tanto più al Sud e per gli anziani. Ma «crisi» significa anche tirare la cinghia tutti i giorni per pranzo e cena: ci si arrangia con pane e pastasciutta, frutta e verdura costano sempre di più. L’alimentazione peggiora, altroché dieta bilanciata o “mediterranea”, e l’obesità cresce. La prevenzione, questa sconosciuta.

L’altra faccia della medaglia della crisi, ma non solo, è il boom dei consumi di antidepressivi: +310% dal 2000 al 2008. Certo incide la maggiore di coscienza per i disagi psichici, ma il ricorso agli antidepressivi è anche il risultato del disagio sociale sotto i colpi della crisi.

Ed ecco poi, versante parallelo, l’emergenza anziani. Un anziano su quattro in Italia vive solo (soprattutto al Nord), ma l’assistenza è sotto la soglia del bisogno (Sud in testa), anche se in crescendo. Mentre l’allungamento della vita pone in maniera drammatica il problema delle cure agli anziani e della non autosufficienza. Le più colpite dalla solitudine sono le donne over 65 (36,9%, contro il 13,6% degli uomini). Un rischio non solo sociale, la solitudine, più frequente a Trento (33,4%) e meno in Basilicata (22,9%). Con una rete di protezione sociale che non basta, e il Mezzogiorno resta in coda: le chance di assistenza domiciliare (Adi) sono meno della metà che al Nord (19,3 anziani su mille contro 43,8); e così vale per i posti letto in lungodegenza o di long term care. E tuttavia gli anziani esprimono i giudizi positivi più diffusi per le cure ricevute, senza distinzioni geografiche: il 39,8% è «soddisfatto» contro il 34,8% degli italiani di 40-64 anni.

L’emergenza Sud, d’altra parte, si conferma il problema irrisolto. Con una rete a strappi, se non inesistente, e un’organizzazione troppo spesso assente. Non sono un caso i “viaggi della speranza” in cerca di cure fuori regione, soprattutto verso il Nord.

La prevenzione che non fa cultura, lo stato di salute che peggiora, non solo perché la povertà al Sud e più diffusa e chi è povero è più esposto. La forbice Nord-Sud aumenta, è l’allarme di «Osservasalute». Lo dice il gradimento dei cittadini che dal 70% di soddisfazione in Trentino crolla al 14,6% in Calabria. Il Sud detiene il primato dei disavanzi sanitari e la spesa sanitaria corrente al Nord è il 5,56% del Pil, al Centro il 6,61%, al Sud il 9,73. Eppure, più spesa significa «minor gradimento» per i suoi destinatari, i cittadini. E ci sarà una ragione, o forse più d’una.
Il Sole 24 Ore 17.03.10