Il 16 marzo 1978 un commando delle brigate rosse, rapiva Aldo Moro massacrando la sua scorta. “Parliamo sempre di un sistema politico in continua transizione iniziata con l’interruzione del processo che Moro stava costruendo. In quel momento iniziò la disintegrazione del sistema politico precedente e siamo ancora alla ricerca di una stabilità vera nella democrazia italiana”. Lo ha detto la vice presidente della Camera Rosy Bindi che, insieme al vice presidente del Senato Domenico Nania ha deposto una corona d’alloro in via Fani in ricordo delle vittime uccise durante il rapimento di Aldo Moro.
La Bindi ha deposto anche una seconda corona, quella del Pd, insieme al segretario nazionale del partito Pier Luigi Bersani.
Nel sottolineare che ”via Fani ha privato tante famiglie dei propri cari” Bindi ha detto che “Aldo Moro è stato tolto alla sua famiglia e a tutto il Paese in un momento in cui stava costruendo una fase importante della nostra vita democratica. Si stava portando a compimento la democrazia attraverso una reciproca legittimazione a governare dei due grandi partiti del momento. Chi interruppe quel processo si è reso responsabile anche dei problemi che oggi il sistema politico italiano continua a vivere”.
Nel ricordare il 16 marzo del 1978, Vanino Chiti, vicepresidente del Senato, ha dichiarato che “col rapimento di Aldo Moro e il massacro della sua scorta, la democrazia italiana subì un attacco tra i più gravi della sua storia. I terroristi delle Brigate Rosse con la violenza e la strage operarono contro il popolo italiano e la nostra democrazia, in una fase difficile e delicata caratterizzata a livello politico dalla esperienza dei governi di solidarietà nazionale”.
“L’Italia senza Aldo Moro non fu più la stessa e il passaggio all’alternanza nel governo del Paese conobbe altri percorsi, non più guidati dalle forze politiche che avevano vinto il fascismo e costruito la Repubblica.
A 32 anni dal rapimento di Aldo Moro e dall’atroce uccisione dei cinque uomini della sua scorta – i carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci e i poliziotti Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi – dobbiamo ricordare, facendone una occasione di memoria condivisa del nostro popolo, quale tributo di sangue sia stato pagato per difendere la libertà e la democrazia”.
“Il mio pensiero – ha sottolineato Chiti – va ad Aldo Moro: alla sua figura di statista e politico, sempre impegnato nella ricerca del dialogo, del confronto, di possibili intese; alla sua capacita’ intelligente e fiduciosa di guardare al futuro, al suo forte senso delle istituzioni e dello Stato. E va al sacrificio dei cinque carabinieri e poliziotti, ragazzi e padri di famiglia, che quel giorno persero la vita per servire il nostro Paese”.
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