“Stiamo andando sul trapezio senza rete”. Ulisse Jacomuzzi, che di mestiere stampa libri scolastici attraverso la sua Sei e che è anche presidente del gruppo degli editori del settore, usa una metafora.
Lui e i suoi colleghi hanno dovuto giocare d’azzardo sul prossimo anno scolastico. Perché i testi dei ragazzi che, a settembre, faranno prima superiore li hanno preparati alla cieca: il riordino della secondaria di secondo grado è partito, gli istituti stanno raccogliendo le iscrizioni, ma cosa dovranno effettivamente studiare gli alunni ancora non si sa, perché i programmi dell’anno prossimo paiono essersi persi nei meandri del ministero dell’Istruzione. “Prima ci hanno detto che erano pronti a metà ottobre, poi a fine ottobre, poi a novembre. Ora siamo a metà marzo e ancora non ne sappiamo nulla”, spiega Michele Lessona, presidente di De Agostini Scuola. Solo ieri sono uscite le bozze delle indicazioni nazionali per il sistema dei licei, che saranno oggetto di una vasta consultazione e poi verranno riesaminati – eventualmente corretti – da un’apposita commissione per la redazione definitiva.
Eppure i libri scolastici hanno bisogno di tempo per essere pensati, scritti, impaginati e stampati in tempo per finire a maggio nelle mani dei professori che decideranno se adottarli o meno. Gli editori hanno dovuto prepararli in autunno e poi giocare d’astuzia. Orecchie dritte per captare indiscrezioni provenienti da viale Trastevere, giri di telefonate tra colleghi. Marco Griffa, amministratore delegato della Loescher, ha puntato sull’interpretazione dei quadri orari: “Alcuni sembravano ispirati alla riforma Moratti, altri al periodo Fioroni, così abbiamo seguito un po’ le indicazioni dell’epoca. Ma il rischio industriale non è indifferente”.
Il motivo lo spiega il presidente Jacomuzzi: “Se prima nel biennio c’erano tre ore di fisica e da settembre ne restano solo due, è chiaro che i programmi cambiano. Su alcune materie, come l’italiano, è presumibile che le nostre proposte possano funzionare, sulle materie scientifiche no. Così ognuno si è attrezzato. Ora noi i libri li stiamo pubblicando, ma quanto saranno effettivamente aderenti alle esigenze dei docenti resta da verificare”.
Un esempio: il corso di storia del primo biennio si chiude all’anno Mille o al Quattordicesimo secolo? O ancora, l’accorpamento di storia e geografia implica due voti e due libri separati oppure no? Senza contare le materie nuove: le “scienze integrate” le insegna il professore di chimica o quello di fisica? E soprattutto: serve un libro unico? “Per avere indicazioni chiare – dice Lessona – avremmo avuto bisogno di informazioni definitive al più tardi ad aprile dell’anno scorso mentre è probabile che non sapremo nulla di definitivo ancora per un po’. In Polonia hanno attuato un riordino simile e di mesi di preavviso ne hanno dati diciotto”.
In ogni caso, gli editori scolastici ci hanno provato. Molti faranno dei libri sbagliati, i professori li ignoreranno e loro saranno costretti mandarli al macero. E i 30 mila dipendenti del settore tremeranno per il timore di perdere il posto. Una situazione che Lessona sintetizza così: “E come se io producessi un’auto a sei ruote e, il giorno prima di aprire i mercati, mi dicessero che avrei dovuto farla con quattro. Significa che nelle nostre aziende decine di persone hanno lavorato per nulla e che abbiamo buttato il denaro investito nel lavandino”. Anche perché per i docenti delle superiori è sempre in vigore l’obbligo di adottare lo stesso libro di testo per sei anni consecutivi. “Vuol dire – commenta l’ad della Loescher, Griffa – che, per l’editore che lo azzecca, il libro dura sei anni e gli altri rimangono senza mercato. Questo ritardo nei regolamenti indubbiamente creerà crisi nel nostro settore”.
La Repubblica 16.03.10