Tagli ai budget, blocco delle nomine, concorsi senza fine, sedi vacanti, commissariamenti. Dovrebbero tutelare il patrimonio pubblico e invece sono al collasso. Il Tar ha annullato la prova che doveva assegnare quindici posti. Mantova, Torino e Siena sono alcune delle città rimaste senza dirigenti
Tagli fino al 50 per cento dei budget, con archeologi che non possono andare in missione e restauratori che non riescono a rinnovare gli strumenti per mancanza di fondi. Soprintendenti andati in pensione e mai sostituiti, lasciando sguarnite ben otto sedi che vengono assegnate, ad interim, a colleghi già oberati di lavoro. Un patrimonio umano sempre più vecchio e demotivato, con il blocco del turn over e i concorsi per le nuove (poche) assunzioni appesi al filo dei ricorsi. Così, bloccate dai tagli e stressate dai commissariamenti, le soprintendenze italiane stanno per collassare. «Sono già collassate», confessa un alto dirigente dei Beni culturali.
A Mantova, la città di Palazzo Ducale e di Palazzo Tè, di Mantegna, dell´Alberti e di Giulio Romano, non c´è più un soprintendente storico-artistico. Ad agosto è andato via Filippo Trevisani e la sede è rimasta vacante fino a dicembre quando è stata data a Fabrizio Magani, che contemporaneamente reggeva quelle di Verona e del Friuli. Ma ora lascia anche lui. Si è fatto un bando per quel posto, però nessuno ha presentato domanda. È andato via il soprintendente a Siena, Gabriele Borghini, che vigilava sugli affreschi di Ambrogio Lorenzetti. Non si sa chi lo sostituirà. Forse sarà affidato ad interim. Non c´è soprintendente a Parma, dove ha lasciato Lucia Fornari Schianchi, né a Torino, per via del pensionamento di Carlenrica Spantigati. Stanno per restare vuote o già lo sono le cariche di soprintendente di Lucca e di Pisa.
Alla paralisi si avviano anche le soprintendenze archeologiche: l´ultimo concorso ha designato 15 nuovi dirigenti, ma le loro poltrone vacillano perché il Tar ha annullato la prova e per i primi di maggio si attende la sentenza del Consiglio di Stato. Colpa del rancore e della vocazione causidica di chi ha perso, dice qualcuno. Oppure di commissioni composte male («completamente fuori norma di legge», secondo i ricorrenti). Sembra che l´annullamento verrà confermato. E si ripartirà con un nuovo concorso. E nel frattempo? Altri interim?
La minaccia di annullamento grava anche su un concorso per quattro soprintendenti storico-artistici, uno fra i più tormentati nella storia della pubblica amministrazione visto che si trascina dal 2006 fra ricorsi, sdoppiamenti, bocciature clamorose e ripescaggi sorprendenti: due concorrenti non ammesse per due volte agli orali, Rossella Vodret e Vittoria Garibaldi, hanno ricevuto dal ministro Bondi una nomina con contratto esterno. Vodret ha sostituito Claudio Strinati nella potente Soprintendenza che unisce a Roma il Polo museale e la tutela dei Beni storico-artistici; alla Garibaldi è toccata invece la Soprintendenza dell´Umbria. Per la cronaca, il concorso è stato vinto dai giovani Luca Caborlotto, Marta Ragozzino, Stefano Casciu ed Edith Gabrielli. Ora saranno nominati. Ma per sapere se resteranno al loro posto bisogna attendere che il 20 ottobre si pronunci il Tar.
Che cosa succederà per la tutela del patrimonio italiano? Da più parti si ascolta una sola diagnosi: così il sistema muore. Lo svuotamento delle soprintendenze procede da anni. I finanziamenti sono ridotti all´osso: dal bilancio totale già magrissimo del ministero sono stati tagliati, fra 2009, 2010 e 2011, un miliardo e 414 milioni di euro, come ha spiegato la Uil Beni culturali. Per la sola attività di tutela nel 2005 erano disponibili 335 milioni, nel 2009 sono stati 179. L´età media di tutti i dipendenti è di 52 anni e 10 mesi. E fra il 2011 e il 2015 vanno in pensione tutti i funzionari assunti fra fine anni Settanta e i primi Ottanta.
Di pari passo è proceduta la nomina di commissari, che hanno mano libera per affidare consulenze, incarichi e appalti e sono politicamente più controllabili. Ma anche questa “soluzione” sembra volgere al termine. Gli scandali intorno al sistema della Protezione civile hanno mostrato quanto il regime della deroga sia a rischio. Nei giorni scorsi il ministro Bondi ha revocato il commissariamento per l´ampliamento degli Uffizi (affidato a Elisabetta Fabbri) e ha annunciato che a Pompei non verrà riconfermato l´incarico a Marcello Fiori, il cui mandato scade a luglio 2010. A L´Aquila, invece, il commissario per i beni culturali resta in carica, anche oltre la fine del mandato di Guido Bertolaso. «Bisogna togliere anche l´altro commissariamento, quello di Brera», dice il segretario della Uil Gianfranco Cerasoli.
Nelle ultime settimane il tracollo del sistema di tutela ha conosciuto un´accelerazione. Una norma varata dal ministro Renato Brunetta anticipa la pensione per i dirigenti del pubblico impiego che hanno 40 anni di contributi. E così, dopo l´uscita di scena di alcuni grandi nomi della tutela in Italia, da Adriano La Regina a Pietro Giovanni Guzzo, mandati via allo scadere dei 65 anni, nonostante fosse possibile trattenerli in servizio per altri due, è stata falcidiata un´intera generazione di soprintendenti, più o meno sui sessant´anni. Via la Fornari Schianchi, la Spantigati, via Angelo Bottini (Roma), via Aldo Cicinelli (Urbino). Via molti direttori regionali. E sorprendenti alcune sostituzioni: in Sardegna al posto dell´architetto Elio Garzillo, che si è battuto contro l´assalto cementizio alla necropoli di Tuvixeddu, arriva Assunta Lorrai, che non è né architetto né storico dell´arte né archeologa e proviene dai ranghi amministrativi.
È un carosello vorticoso, che sfibrerebbe qualunque amministrazione. E che va avanti da anni. A Lucca in cinque anni sono cambiati cinque soprintendenti. Molti dirigono più sedi. Ma alcuni lasciano campo libero ai commissari. A Pompei e a Napoli è arrivata l´estate scorsa la soprintendente Maria Rosaria Salvatore, la cui nomina è oggetto di un ricorso e che ad aprile va in pensione. Ma a Pompei chi decide è il commissario Fiori. Il paradosso è emerso in occasione dell´incidente accanto alla casa dei Casti amanti. Lì lavorava una ditta incaricata dal commissario per costruire delle passerelle. Un´infiltrazione d´acqua e la sostituzione di un ponteggio hanno fatto venir giù venti metri di un muro. Ma subito dopo sono emersi un peristilio e alcuni vani, segno che si stava anche scavando. Ma chi scavava? I testimoni assicurano: erano operai e non archeologi. È dovuto intervenire il Direttore generale, Stefano De Caro, perché lo scavo, senza uomini della Soprintendenza, non proseguisse.
La penuria di personale non riguarda solo i posti di comando. Le soprintendenze di tutta Italia si stanno già contendendo i 395 custodi che, concluso da poco un concorso, stanno per essere sparpagliati lungo tutto lo stivale. E c´è poi da dividersi la miseria di 5 storici dell´arte vincitori dell´ultimo concorso da funzionario, lo stesso che ha immesso 50 architetti (le soprintendenze che si occupano del paesaggio sono le più a rischio visti abusi e condoni pendenti), 30 archeologi e una quindicina tra amministrativi, archivisti e bibliotecari.
Uno dei cinque storici dell´arte spetta al Veneto. Se lo contenderanno le tre soprintendenze. Quella occidentale (ora ne ha quattro che controllano Verona, Vicenza e Rovigo), l´orientale (tre esperti per occuparsi di Padova, Treviso e Belluno) e quella veneziana, dove Caterina Bon Valsassina dirige appena dieci storici dell´arte per gestire le Gallerie dell´Accademia e gli altri quattro musei statali, ma anche per tutelare l´immenso patrimonio lagunare.
La Soprintendenza storico-artistica della Puglia, guidata da Fabrizio Vona, ha in forza 60 persone, compresi funzionari, tecnici, custodi e restauratori. Un numero insufficiente per controllare, senza avere spesso i soldi per le missioni esterne, un territorio vastissimo. Vona ha l´interim anche della Basilicata. E nella piccola Matera i dipendenti totali sono più del doppio: 135. Soprintendente sdoppiato è anche Fabio De Chirico, dal 2008 tutore dei beni storico-artistici della Calabria e dall´anno scorso anche di Salerno e Avellino (interim). «Essere il più giovane nel mio ufficio non mi fa certo piacere», spiega lo studioso quarantasettenne. «Mancano i giovani specializzati anche per gestire le nuove tecnologie: abbiamo creato il portale web ma non abbiamo personale per tenerlo aperto». E il budget? «Siamo passati da 300 mila euro l´anno per le spese correnti a 120 mila. E l´anno prossimo sarà anche peggio».
La Repubblica 11.03.10
Pubblicato il 11 Marzo 2010