I democratici aderiscono alla manifestazione del primo marzo. Un odg in Provincia: “S erve una vera politica d’integrazione”. Una giornata di mobilitazione per dar voce ai diritti degli invisibili. Il Pd dell’Emilia-Romagna aderisce allo “sciopero” degli immigrati proclamato per il primo marzo dal movimento spontaneo dei lavoratori extracomunitari.
“Le leggi volute dai governi di centrodestra con la scusa della sicurezza – spiega Cecile Kyenge, responsabile Immigrazione del Pd dell’Emilia-Romagna – hanno prodotto esattamente l’effetto opposto, più insicurezza per tutti. Gli stranieri, ormai, producono il 9 per cento del nostro Pil e anche per questo non possiamo più considerarle persone di passaggio nel nostro Paese”.
L’esponente democratica ha sottoscritto, assieme al capogruppo del Pd in Provincia Luca Gozzoli e al consigliere Fausto Cigni, un ordine del giorno che invita la giunta provinciale a sostenere la manifestazione del primo marzo e quella antirazzista del 12 marzo promossa dalla Cgil.
Le cifre parlano chiaro: sono 450 mila i residenti stranieri in Emilia-Romagna; 20 mila le persone che hanno acquisito la cittadinanza italiana dopo 10 anni; circa 100 mila le persone in possesso della carta di soggiorno; altre 186 mila quelle munite di permesso di soggiorno. E sono ben 58 mila i minori nati in Italia – su un totale di 96 mila – che in moltissimi casi non hanno mai visto il Paese d’origine. Purtroppo, secondo la legge attuale, potranno diventare cittadini italiani solo dopo 18 anni ininterrotti di residenza in Italia.
“Gli addetti ai forni di ciclo continuo delle imprese ceramiche – spiegano i tre esponenti democratici – sono solo stranieri, senza di loro il distretto ceramico non esisterebbe; nella macellazione, gli addetti stranieri superano la metà della forza lavoro; la raccolta di frutta dipende in gran parte da immigrati rumeni; tra gli operai addetti alla lavorazione del parmigiano reggiano, uno su tre è indiano e lo stesso vale per la filiera del prosciutto di Parma. Sono tutti lavoratori perfettamente in regola – aggiungono – per i quali serve una vera politica d’integrazione”.
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