Ufficialmente è stato «soltanto» rinviato al consiglio dei ministri della prossima settimana. Per mettere assieme un testo che punisce con pene più severe, ma anche che previene, i più gravi reati contro la pubblica amministrazione. Ma, ufficiosamente, più d’uno sostiene che il ddl sulla corruzione, dato per certo da Berlusconi appena 24 ore prima, si avvii su una strada difficile, in fondo alla quale ci potrebbe essere il vicolo cieco del dimenticatoio parlamentare. Per ora il dato certo è lo stop subito nella riunione a palazzo Chigi. Con un imbarazzo che trapela perfino nell’incertezza su come definire cos’è veramente successo nelle due ore della riunione. Il consiglio finisce e c’è chi parla subito di un ddl che «è già stato approvato “salvo intese”», la formula usata per i testi che ottengono il pieno via libera dei ministri, ma hanno bisogno di essere rimaneggiati.
Pochi minuti, e la verità trapela: niente ok, ma solo «l’avvio» della discussione. Se ne riparlerà, assicurano Alfano, Frattini, Brunetta, Ghedini, la prossima settimana. Altri sono scettici.
Per certo cambierà l’impostazione, studiata dal Guardasigilli Alfano, dall’avvocato Ghedini, dalla finiana Bongiorno.
L’articolato che entra in consiglio è composto di due articoli: il primo modifica il testo unico sugli enti locali di dieci anni fa e integra la lista dei reati per cui un cittadino con una condanna definitiva non può correre alle elezioni amministrative. Tutte le fattispecie del terrorismo e degli attentati allo Stato, in più la turbata libertà degli incanti. Poi il secondo articolo, quello che modifica le pene per i crimini contro la pubblica amministrazione.I tempi di prescrizione restano invariati per evitare comunque sorprese, visto che la corruzione è uno dei reati ricorrenti nella vita del premier. Poi le aggravanti per i pubblici funzionari infedeli.
Nella maggioranza le voci a favore del ddl sono poche. Il più esplicito è il piemontese Osvaldo Napoli («Sono stato sindaco e amministratore locale per un quarto di secoloe di una cosa sono convinto, troppe autorizzazioni non fanno bene»). Non ha dubbi Margherita Boniver («Basta “bande bassotti”»), ma neppure gli ex An Maurizio Gasparri e Domenico Nania. Non temono il tam tam nel Pdl che accusa Berlusconi di «svolta giustizialista». Un ministro come Raffaele Fitto, trattenuto in Puglia da impegni elettorali, e pur alle prese con inchieste giudiziarie, dice che «il governo ha dato un segnale chiaro».
Ma l’opposizione è scettica.
Udc, Pd, Idv, tutti. Pier Ferdinando Casini: «La lotta alla corruzione farà la fine del piano casa, è un ennesimo spot». Pier Luigi Bersani: «Vorrei capire di che stiamo parlando. Norme anticorruzione? Ma se siamo stati noi a far togliere di mezzo lo scudo per i commissari… Berlusconi prima fermi il processo breve». Anna Finocchiaro: «È l’ennesimo annuncio inutile, un bluff. La verità è che il centrodestra è in difficoltà di fronte all’opinione pubblica». Donatella Ferranti: «È solo fumo negli occhi». Antonio Di Pietro: «Questa è l’ennesima truffa elettorale di Berlusconi. Faccia un decreto, come ha fatto per far passare le sue mostruose leggi ad personam». Luigi De Magistris: «Una pantomima. La lotta alla corruzione si fa lasciando i magistrati liberi di indagare». Massimo Donadi: «Il premier, plurindagato per corruzione, che si impegna a varare una legge per porle un freno, è forse la sua barzelletta più riuscita».
La Repubblica 20.02.10