Un paese a doppia velocità fin dall’asilo nido. Mandare un bimbo, da o a 3 anni, in un asilo nido comunale costa 402 euro, al mese, in Lombardia, 322 in Toscana, 276 nel Lazio, 219 in Campania, 198 in Sicilia. Differente, anche, il tempo d’attesa (con il “record” in Campania: il 42% delle domande rimane in sospeso) e la presenza di strutture sul territorio: dei 3.184 asili, oggi esistenti, con un disponibilità di 129.992 posti, il 59% è concentrato al Nord, il 27% al Centro e solo il restante 14% al Sud.
A poche settimane dall’allarme lanciato dalla Ragioneria generale dello Stato, sui divari dei costi per uno studente alle elementari, medie e superiori, che possono arrivare ai 150-200 euro di gap tra Nord e Sud (che alzano ulteriormente l’asticella del divario territoriale esistente nel Belpaese), è un interessante studio di Cittadinanzattiva a evidenziare come mandare un bimbo a un asilo nido comunale costi a mamma e papà 297 euro al mese, circa 3mila euro l’anno, ma che questa cifra – pur onerosa – sia solo una media. In realtà esistono ampi divari tra Nord e Sud, sia sul versante dei prezzi che su quello delle infrastrutture disponibili. «Federalismo fiscale vuol dire proprio questo», è stato il commento di Antonio Gaudioso, vice segretario generale e responsabile delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva, «eliminare tali differenze, prendere impegni e mantenerli».
L’indagine è stata svolta, sulla base degli ultimi dati disponibili, 2007, forniti dal Viminale, sulle rette applicate al servizio di asilo nido comunale per la frequenza a tempo pieno (in media, 9 ore al giorno) e, dove non presente, a tempo ridotto (in media, 6 ore al giorno), per 5 giorni a settimana.
Il quadro che ne emerge è, a dir poco, preoccupante. È Lecco, con 572 euro, la città più cara, seguita da Belluno, 535, e Bergamo, 474. Spicca, comunque, come le 10 città più care sono tutte del Nord. Il capoluogo, invece, più economico è Cosenza, 110 euro, seguito da Roma, 146 e Chieti, 162. Sempre il Nord, si conferma ai primi posti per più alto numero di nidi: in Lombardia, ce ne sono 627, con circa 25mila posti disponibili. A seguire, Emilia-Romagna, con 538 nidi e 23.300 posti, e Toscana, con 399 nidi, e poco più di 14mila posti. Al Sud, poco più che briciole.
Peraltro, il 43% dei nidi è concentrato nei capoluoghi e solo nel 17% dei comuni italiani è presente il servizio di asilo nido pubblico, di cui nel 59% dei casi è concentrato al Nord. Questo dato si può spiegare perché al Nord è più alta sia la percentuale di donne che lavorano (56,2%, contro il 35% del Sud) sia il tasso di natalità (1,41, conto l’1,36 delle regioni Meridionali). Sono numeri, tuttavia, distanti della medie europee. Come, pure, la spesa per la protezione sociale, il 26,6% del Pil, (la media Ue è del 26,9%). Anche se, poi, l’Italia, destina alla voce “famiglia, maternità e infanzia”, appena, il 4,6% dell’intera spesa. Il 66,6% è destinata alle pensioni e il 26,5% al sistema sanitario, il 2,3%, alla disoccupazione.
Tornando, invece, allo studio, facendo un confronto tra i posti disponibili e la potenziale utenza (numero di bambini in età 0-3 anni), emerge che, in media, in Italia la copertura del servizio è del 5,8% (percentuale che sale al 10% se consideriamo solo i capoluoghi di provincia) con un massimo del 14,6% in Emilia Romagna e un minimo dell’1% in Calabria e Campania. Questo dato conferma non solo quanto l’Italia sia lontana dall’obiettivo comunitario che fissa al 33% la copertura del servizio, ma anche dal resto dei Paesi europei: Danimarca, Svezia e Irlanda si contraddistinguono per il più alto tasso di diffusione dei servizi per la prima infanzia (con una copertura del 40% dei bambini di età inferiore ai 3 anni), seguiti da Finlandia, Paesi Bassi e Francia (con una copertura del 30 per cento).
dal Sole 24 Ore