Bersani e Prodi alla convention di Manifutura parlano di crisi economica: “Non si cresce con il segno meno”. Da una parte il Pil che va giù, addirittura del 4,9% secondo le ultime rilevazioni dell’Istat. Dall’altra, il governo che dispensa tanto ottimismo e nessuna misura concreta per aiutare famiglie e imprese. Sono questi i dati su cui poggia la crisi economica italiana e sono questi i punti da cui parte la riflessione di Pier Luigi Bersani e Romano Prodi, questa mattina a Pisa per la convention di Manifutura.
”Penso che il governo debba rendersi conto – ha esordito Bersani – che quello che e’ stato fatto fin qui assolutamente non basta. Quindi bisogna fare una manovra economica, sollecitare un po’ l’economia e affrontare con piu’ determinazione la situazione e non continuare a parlare d’altro, processo breve e cose del genere. Purtroppo in questi 20 mesi, abbiamo avuto una narrazione sbagliata. Noi dicevamo dall’inizio che la crisi era seria, lunga, e che bisognava reagire mettendo il paese di fronte al problema e facendo delle politiche piu’ efficaci. Il governo ha raccontato che la crisi sarebbe stata finanziaria, ma non avrebbe inciso sull’economia reale, poi ha detto che era psicologica, poi che ce l’avevamo alle spalle, che stavano meglio di altri e cosi’ ci siamo disarmati. Abbiamo fatto un po’ di ammortizzatori punto e basta. Il Pil e’ andato giu’, la produzione industriale troppo giu’ e i consumi troppo giu’, molto piu’ giu’ che in altri paesi europei, l’inflazione sta andando piu’ su, piu’ in alto rispetto ad altri paesi europei: c’e’ qualcosa che non gira”.
Romano Prodi parte da un dato oggettivo. Quel segno meno che per logica non puoi tradursi in benessere economico: ”Si finisce anche l’ultimo trimestre 2009 con il segno meno mentre gli altri hanno il piu’, poi ognuno vede i dati come vuole. Ma se continuiamo con il segno meno e’ difficile crescere, per crescere ci vuole il segno più”. L’ex premier avverte che “dalla crisi non siamo ancora usciti” “l’unico modo per uscire dalla crisi stabilmente e’ vedere di inserirsi in un discorso mondiale con nicchie di produzione specializzate”. Prodi ha poi sottolineato che ”abbiamo bisogno di una platea di nuovi consumatori”, ricordando che ”la crisi e’ sempre stata un colpo per l’industria che poi si e’ plafonata a livello inferiore. La nostra ripresa – ha aggiunto – sara’ ostacolata dal cambio e dalla bassa produttività”.
“Non sono ottimista- spiega l’ex presidente del Consiglio- perche’ vedo fatica nelle imprese: l’utilizzazione dei macchinari e’ piombata fra il 60 e il 70% della capacita’. È un problema serio: ci vorranno 20 punti di ripresa per ritornare allo sfruttamento pieno degli impianti”. Nel frattempo, insiste Prodi, “si indebolisce la struttura finanziaria delle imprese. Rischiamo che nei prossimi mesi diventi estremamente serio il problema degli insoluti. Avere economie che si orientano in modo diverso rende piu’ complicata la politica dell’Unione europea. Ora l’Italia prende solo le briciole: e’ il risultato della nostra limitata presenza a Bruxelles. La mancanza di una politica industriale italiana e la ridotta dimensione delle imprese consentono alle grandi aziende europee di fare lobby e orientare le politiche e i finanziamenti Ue quasi naturalmente verso i loro interessi”.
“Dobbiamo riprendere la politica industriale- aggiunge Romano Prodi- non e’ una parola sporca. La mancanza di grandi imprese e’ un problema serio. Eppure, nonostante questo, nella crisi abbiamo tenuto grazie alla meccanica strumentale, oltre al made in Italy. L’industria e’ l’unico settore che regge alla concorrenza Internazionale. Il problema non e’ il costo della manodopera ma la mancanza di politiche settoriali di sostegno alla domanda ma soprattutto alla produzione e alla ricerca. Dobbiamo costruire una politica industriale incentrata sulle nostre caratteristiche, sulle filiere nei settori molto specializzati dove siamo forti”.
L’analisi del “Professore” tocca anche il Mezzogiorno, dove “non esistono le condizioni per lo sviluppo di un’imprenditorialità diffusa a causa delle condizioni di agibilità a causa della presenza massiccia di attività criminali”.
www.partitodemocratico.it
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“Pil, Italia mai così male: – 4,9% slitta la ripresa in tutta Europa “, di Elena Polidori
L´agognata ripresa rischia di slittare. Sull´economia italiana arriva una gelata inattesa: nel quarto trimestre il Pil nazionale accusa un calo dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti e del 2,8% sullo stesso periodo del 2008. Nell´intero 2009 la recessione si quantifica in un meno 4,9% del prodotto interno lordo, il peggior dato da sempre e sicuramente dal 1971, quando è cominciata la rilevazione statistica. Il governo, con il ministro Maurizio Sacconi, cerca di minimizzare assicurando che «ci sono tutte le condizioni di crescita». Ma le opposizioni, i sindacati e tutte le associazioni di categoria sono allarmate. «Lo dicevamo che la crisi era seria. Quello che è stato fatto fin qui non basta. Ci vuole una manovra per sollecitare l´economia», incita Pierluigi Bersani, segretario del Pd. E la Cgil: «Il governo la smetta di gettare fumo negli occhi degli italiani descrivendo un paese fuori dalla crisi». Oggi, da Napoli, anche il governatore della Banca d´Italia, Mario Draghi, darà il suo giudizio sullo stato di salute dell´economia: la stessa Via Nazionale per il quarto trimestre, aveva previsto un più 0,2%.
Invece niente. Il segno meno ricompare, dopo i segnali positivi del periodo luglio-settembre. L´economia fatica a invertire la tendenza in un contesto europeo che è anch´esso al rallentatore, inaspettatamente: più 0,1% appena, sempre in questo scorcio di 2009, meno delle attese (più 0,3). Nella lista delle perfomance dei principali partner di Eurolandia, l´Italia è in compagnia di Grecia e Spagna che pure registrano una crescita negativa nel quarto trimestre. Il Pil tedesco invece resta invariato, quello francese avanza (più 0,6). Ma il saldo dell´anno è nero per tutti: meno 5% in Germania, meno 2,2% in Francia, il calo più pesante dal dopoguerra, meno 4% nella Ue a 16. «L´Europa deve fare ancora molto per rafforzare la ripresa», nota la Commissione. E il portavoce del neo commissario agli affari economici Olli Rehn: «La crescita è inferiore alle attese. Gli Stati membri devono rispettare le regole di stabilità e crescita. Bisogna riflettere sulle strategie di uscita dalla crisi».
Uscita? Di sicuro gli analisti sono molto cauti. Pensano che la crescita si concretizzerà, un giorno, ma «a passo di lumaca», da noi come altrove, in Europa. E di conseguenza la ripresa, quando finalmente arriverà, sarà «debole», considerato anche il pessimo andamento della disoccupazione. Non a caso i sindacati italiani chiedono al governo di mettere subito mano alla riforma fiscale, di sostenere il lavoro e il reddito. Ma c´è anche chi, come l´ex premier Romano Prodi sulla crisi si dichiara «non ottimista»: «Se continuiamo con il segno meno è difficile crescere», chiosa. Pessimisti anche i consumatori: dati «drammatici», si profila «un 2010 nero». Nel fiume delle dichiarazioni, inevitabile la polemica. All´ex ministro Vincenzo Visco che descrive una Italia «in condizioni estremamente precarie», replica il sottosegretario all´economia Vegas: «Cita dati che conosce solo lui», siamo «in linea» con Eurolandia.
Comunque, il colpo di coda di fine anno, dopo le aspettative di ripresa emerse in autunno, è legato soprattutto al calo dell´industria. I dati sulla produzione industriale di dicembre facevano già pensare che la strada fosse ancora in salita; si attendeva un bilanciamento da parte di altri settori in crescita, come per esempio quello dei servizi. La diminuzione congiunturale del Pil nel quarto trimestre, secondo la spiegazione ufficiale dell´Istat è «il risultato di una diminuzione del valore aggiunto dell´industria, di una sostanziale stazionarietà del valore aggiunto dei servizi e di un aumento del valore aggiunto dell´agricoltura».
La Repubblica 13.02.10
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“2009, l’anno orribile del pil. Per l’Italia nessuna ripresa”, di Marco Ventimiglia
Numeri drammatici, quelli diffusiieri dall’Istat, con il pil italiano che nel 2009 ha registrato la peggior contrazione da quando esiste l’indice. Il -0,2% nell’ultimo trimestre dimostra che il Paese è ancora in piena crisi. Megale: «Basta negare la crisi,occorre subito un forte sostegno al lavoro»
Un disastro. Per quanto ci si possa girare intorno, il dato 2009sul prodotto interno lordo italiano diffuso ieri dall’Istat deve essere riassunto da questa semplice e drammatica parola.Un-4,9% che sintetizza in un numero la grave situazione in cui si trovano tante famiglie, tanti lavoratori ed aziende, un intero Paese. Il peggior consuntivo dal dopoguerra, o meglio da quel 1971 che rappresenta il primo anno in cui fu effettuata la rilevazione del pil nel nostro paese. E a non lasciar spazio ad alibi di sorta, gli stessi esibiti nei mesi scorsi da un governo che parlava di «uscita dalla crisi», c’è la rilevazione relativa all’ultimo trimestre dell’anno da poco concluso, un -0,2% sui precedenti tre mesi (-2,8% rispetto al corrispondente periodo 2008) che testimonia come l’uscita dalla recessione sia per adessoun miraggio. Del resto, a testimoniare la gravità del momento c’è l’assordante silenzio del ministro dell’Economia e del premier. Ed è proprio l’andamento del pil più recente che induce al pessimismo, visto che l’Italia si differenzia in peggio nel paragone con gli altri grandi paesi europei. La Germania, pur segnando un calo annuale del pil pari al 5%, registra un andamento invariato nell’ultimo trimestre (-1,7% sullo stesso periodo 2008). Molto meglio di noi fa invece la Francia, con una flessione 2009 del pil “soltanto” del 2,2% (pur sempre la più pesante dal dopoguerra) e una crescita trimestrale dello 0,6%.
NEL CONTINENTE VA MEGLIO A bocciare l’Italia c’è anche la media dei sedici Paesi di Eurolandia, dove nel quarto trimestre il prodotto interno lordo ha segnato un lieve progresso dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, e l’intero 2009 si è chiuso con un pesante -4%, comunque superiore al crollo nel nostro Paese. Un andamento, quello europeo, «inferiore alle aspettative e indica quanto ci sia ancora da fare per consolidare la crescita e stimolare l’economia», ha commentato da Bruxelles il portavoce del Commissario agli affari economici, Olli Rehn. Tornando ai dati italiani, il colpo di coda di fine anno, dopo le aspettative di ripresa che erano emerse in autunno, è legato soprattutto al calo dell’industria. I dati sulla produzione industriale di dicembre facevano già pensare che la strada della ripresa era ancora in salita ma si confidava in un controbilanciamento da parte di altri settori in crescita, come per esempio quello dei servizi, che invece non c’è stato. «Penso che il governo debba rendersi conto che quello che è stato fatto fin qui assolutamente non basta. Bisogna sollecitare un po’ l’economia », ha dichiarato il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Cgil, Cisl e Uil chiedono all’esecutivo di mettere mano subito alla riforma fiscale per sostenere i redditi e di conseguenza la domanda. Infine, le associazioni dei consumatori, Adusbef e Federconsumatori, che definiscono i dati «drammatici» e temono che «anche il 2010 possa essere un anno nero, se non si interviene al più presto».
L’Unità 13.02.10