Chiara Saracco in un passaggio del suo intervento in difesa del Diritto e dell’Economia, anch’esse gettate sull’ara sacrificale dei tagli gelminiani, afferma che “la cultura o è umanistica o al massimo scientifica; una terza via in Italia non è prevista”. Ed ha perfettamente ragione: il tarlo del tardo idealismo ancora presiede l’incultura di chi da decenni amministra la nostra scuola! E ancora si insiste nel ritenere che vi sia una distinzione tra le scienze, ovviamente sempre esatte per antonomasia, e le lettere, sempre affidate all’estro e agli umori di strani personaggi che non sanno neanche quanto fa due più due… Ebbene, non è così! Due culture non esistono, e sono ormai almeno sessant’anni che lo diciamo, da quando un certo Snow ha fatto piazza pulita di tale dabbenaggine!
Lo so che ancora ci sono tante persone che hanno studiato lettere perché la matematica non la capivano e altre che hanno studiato matematica perché non sapevano tenere la penna in mano! Ma si tratta di convinzioni di cui è responsabile solo quella cattiva maestra, o quel cattivo professore, che ha convinto il poverino che, se sa contare, non sa raccontare e viceversa! Mentre la cultura è sempre UNA! Perché il nostro cervello è UNO e le operazioni che facciamo, qualunque esse siano, nascono sempre da un intreccio tra inventiva e tecnica. E c’è una sequenza virtuosa tra quelle sette o più forme di intelligenza sulle quali ormai tutti gli studiosi convergono. Provate a ricercare in una composizione di Bach se è possibile distinguere il Piacere dell’ascolto dalla Regolarità del ritmo, o se in un affresco di Piero della Francesca sia possibile separare il Piacere del colore e del disegno dalla Regolarità delle proporzioni.
E non è un caso che nella pittura e nell’architettura il Bello è in grande misura determinato da quella sezione aurea che c’è, ma non si vede, e che è – oserei dire – nel dna di tutti noi, o per lo meno di tutti coloro le cui radici affondano in quella cultura greco/romana nella quale nessuno avrebbe mai pensato di separare la Cifra dalla Lettera, il Numero dalla Parola! Talete che, come dicono alcuni, ha fondato la filosofia e che pensava che l’origine di tutte le cose fosse da ricercarsi nell’acqua, in effetti era – diremmo oggi – un semplice tecnico idraulico! E non fu un caso che Keplero, tanti anni dopo, così si esprimeva: “La geometria ha due grandi tesori: il teorema di Pitagora e la sezione aurea di un segmento. Il primo lo possiamo paragonare ad un oggetto d’oro. Il secondo lo possiamo definire un prezioso gioiello”. In effetti il P greco e la sezione aurea indicano numeri che sembrano non avere nessun rapporto con una loro pretesa regolarità, anzi sembrano contraddirla! Esiste, quindi, una continuità, se non una contiguità, tra la pretesa perfezione del numero e la pretesa genericità della parola.
E debbo aggiungere che questa annosa e infausta separazione tra Parole e Numeri, tra studi classici e studi scientifici, costituisce uno degli ostacoli più pesanti rispetto all’avvio di un discorso e di una pratica pluridisciplinare. La nostra scuola è fatta ancora di materie, di cattedre disciplinari, di classi di età, di campanelle che scandiscono un’ora dopo l’altra! Nulla di più “palloso” per un soggetto in età evolutiva che si cimenta con le cose più per Sintesi che per Analisi, più per Intuizione che per Riflessione, più per Piacere che per Dovere.
Il fatto è che a monte di tutto c’è quel peccato originale delle cosiddette due culture di cui non riusciamo mai a liberarci! Basta leggere le finalità dei nuovi licei riordinati – si fa per dire – e quelle degli istituti tecnici e professionali: nei primi si pensa, si ragiona, si crea, nei secondi semplicemente si fa! Perché il pensare è nobile, il fare è vile! È partendo da questi profondi limiti di fondo che chi ci amministra fa la scelta di un Sapere diviso per materie e di materie scandite per ore! C’è una profonda incapacità di ragionare, invece, sulla base di come un soggetto in età evolutiva costruisce la conoscenza e apprende!
In effetti, un approccio di questo tipo lo abbiamo fatto quando nel 2007, in sede di Gruppo di lavoro sull’obbligo, abbiamo individuato e definito le competenze chiave per l’esercizio della cittadinanza attiva da proporre a tutti i nostri sedicenni a conclusione dell’obbligo di istruzione: e abbiamo ragionato in ordine alla Persona e non alle Materie! E abbiamo detto che il soggetto cresce, si sviluppa, apprende, costruisce la sua identità lungo tre vettori: a) la costruzione del Sé in quanto distinto dagli Altri; b) l’interazione con gli Altri e la costruzione di rapporti significativi; c) l’interazione con la realtà, quindi con gli oggetti e con gli eventi fuori del Sé e degli Altri. In altri termini, un soggetto “si costruisce” in quanto Antonio, o Maria, si rapporta con Giuseppe, Anna, Filippo e mille altri, si misura con gli strumenti della vita quotidiana, dalla penna al libro, al cacciavite al computer, e deve fronteggiare la pioggia, il freddo, il sole cocente, e così via. E il tutto in una scansione di azioni strettamente interrelate tra loro.
Ebbene, una scuola che sia veramente attiva e propositiva si deve commisurare con questa realtà, o meglio con questi tre vettori, perché è lungo queste tre piste che il soggetto cresce e apprende. Da un ragionamento di questo tipo, che in questa sede è solo abbozzato e che meriterebbe uno sviluppo maggiore e più convincente, risulterà che Diritto, Economia, Costituzione, Cittadinanza sono strumenti che agiscono sul secondo vettore, quello dei rapporti tra il Soggetto e gli Altri soggetti – pur sempre considerando che la Persona è sempre Una e che la stessa Cultura, anche quella che la scuola dovrebbe sollecitare, è sempre Una. Pertanto, seguendo questo ragionamento, centrato sulla concretezza della Persona e non sull’artificiosità di un Sapere “diviso” per materie, sarebbe possibile giungere a un organizzazione diversa dell’organizzazione degli studi in sede scolastica.
Una indicazione di questo tipo non ci viene solo dalla citata proposta relativa all’obbligo di istruzione, ma anche dall’organizzazione delle discipline del primo ciclo, di cui al riordino operato con l’amministrazione Fioroni, sempre nel 2007. Il raggruppamento di dieci discipline in tre aree, quella linguistico-artistico-espressiva, quella storico geografica, o meglio spazio/temporale, quella matematico-scientifico-tecnologica, rinvia rispettivamente al vettore del Sé, a quello della costruzione dei rapporti con gli Altri, a quello del cimentarsi con i fenomeni della realtà.
In quell’anno si era imboccata una strada che avrebbe dovuto aprire un discorso nuovo sulle discipline, non partendo da queste, ma dal soggetto che apprende, un discorso che avrebbe dovuto privilegiare una scuola diversa, fondata su laboratori e su attività di ricerca e di scoperta, più che su classi e su materie spiegate e imposte! Ma così non è stato… e così non sarà, e chissà per quanti anni ancora! Mentre nella vita i saperi e le discipline aumentano e nella scuola “riordinata” le materie diminuiscono!
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