Grazie ad una norma approvata dal governo a rischio i processi per mafia. Il PD insorge: “Il governo intervenga o sarà una catastrofe”. Processi a rischio: ormai sembra questo il leit motiv italiano. Dopo la norma sul processo breve che, qualora approvata dal Senato, darà il via ad uno tsunami giuridico senza precedenti, è una legge antimafia contenuta nel pacchetto sicurezza a mettere a repentaglio i processi, questa volta quelli per i reati di mafia più gravi in corso a Sicilia. Nel corso del bailamme mediatico che nel 2008 portò il governo all’emanazione del pacchetto, il ministro della giustizia Alfano non deve aver fatto caso all’enorme favore che stava facendo a Cosa nostra. Fu stabilito che i reati di associazione mafiosa che, a causa di tre o più aggravanti, prevedevano più di 25 anni di reclusione, fossero di competenza della corte d’Assise. Piccolo particolare: il provvedimento entrava in vigore anche per i processi già in corso. Morale della favola: tutto quanto già fatto dai tribunali ordinari diventava carta straccia e tempo perso.
Oggi la Corte di Cassazione si è vista costretta a mettere in pratica una legge tanto assurda, con somma gioia dei boss e delle cosche. Il segretario PD Pier Luigi Bersani ha sollecitato il governo: “La sentenza della Cassazione che indica la competenza della Corte di Assise e non del tribunale a giudicare per associazione mafiosa i capimafia rischia di avere effetti catastrofici sui processi in corso. Bisogna che il governo intervenga immediatamente con un provvedimento d’urgenza per ristabilire certezza normativa sulla competenza dei tribunali”.
Per bocca di Donatella Ferranti , capogruppo PD in commissione Giustizia alla Camera, Il Partito democratico chiede al governo di intervenire “immediatamente”, anche “con una norma transitoria” per “correggere” la parte del pacchetto sicurezza che ha bloccato in Sicilia già tre processi per mafia. “Mi auguro che si tratti solo di un errore, non voglio neanche pensare che qualcuno possa aver scritto una norma che destabilizza in questo modo la lotta alla criminalità organizzata. In ogni caso è evidente che l’errore si sta trasformando in orrore. Alfano dovrebbe intervenire immediatamente almeno con una norma transitoria che conservi la competenza dei tribunali per i procedimenti di mafia già iniziati in dibattimento. Il rischio è che tutto debba ricominciare da capo: sarebbe un ‘regalo’ alla mafia e un danno durissimo per lo stato”.
Il Pd apprezza che “il governo annuncia che porrà rimedio ad un errore che rischia di costituire un enorme favore ai boss” e assicura che “garantirà piena collaborazione alla conversione di un intervento del governo in questo senso”. Lo dice il responsabile Giustizia dei democratici, Andrea Orlando . “Auspichiamo che con altrettanta nettezza – aggiunge – la maggioranza si pronunci per il ritiro del ddl Valentino: è infatti tutto il giorno che si susseguono dichiarazioni e si sottolineano distinguo rispetto alle posizione formulate nei giorni scorsi dai ministri Alfano e Maroni e che lasciano intendere un sostegno più o meno esplicito alla proposta. Questo continuo balletto su un tema così sensibile come quello dei collaboratori di giustizia rischia – conclude Orlando – di depotenziare l`azione investigativa della magistratura e delle forze dell`ordine”.
L’invito rivolto dalla presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro , al governo è:”La giustizia deve fare il suo corso e non è lontanamente ammissibile abbassare la guardia contro Cosa Nostra. Per questo chiediamo al governo di intervenire al più presto con un provvedimento d’urgenza affinché nessun processo venga azzerato e si confermi la competenza a giudicare i capi mafia in capo ai Tribunali”.
Iv.Gia
www.partitodemocratico.it
******
Mafia, processi a rischio azzeramento. Altolà di Alfano: “Pronti a intervenire”
Il governo interverrà per evitare il rischio di uno stop ai processi di mafia. Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, è intervenuto per rassicurare dopo l’allarme scattato per una sentenza della Cassazione che mette a rischio alcuni processi a boss e gregari di Cosa nostra per effetto di una norma del ’pacchetto sicurezzà: paradossalmente, infatti, l’inasprimento delle pene per i mafiosi rischia di far saltare decine e decine di dibattimenti.
La norma sott’accusa ha previsto che, in presenza di tre aggravanti, le condanne per il reato di associazione mafiosa possano anche arrivare a 25-30 anni, tetto che «sfora» le competenze dei Tribunali davanti ai quali si celebrano i processi per mafia ed estorsioni. Quando le pene comminabili diventano così alte il processo passa alla competenza della corte d’Assise.
«Il governo dell’antimafia, che è un’antimafia delle leggi e dei fatti, provvederà ad evitare – ha assicurato il Guardasigilli al Tg3 a Palermo – che effetti distorsivi possano verificarsi, soprattutto per i processi in corso. Faremo di tutto – ha insistito – per evitare che ci possano essere conseguenze negative, per evitare un grande paradosso: cioè che dall’inasprimento forte delle pene per i reati del 416 bis possano derivare benefici per i boss».
Parole, quelle di Alfano, che arrivano alla fine di una giornata di preoccupazione. Non solo da parte dei pm impegnati nella lotta alla mafia, alle prese con stop imprevisti ai processi. A scendere in campo è stato anche il Pd, che ha subito chiesto un provvedimento d’urgenza del governo: «La sentenza della Cassazione che indica la competenza della Corte di Assise e non del Tribunale a giudicare per associazione mafiosa i capimafia – ha avvertito il segretario democratico Pier Luigi Bersani – rischia di avere effetti catastrofici sui processi in corso. Bisogna che il governo intervenga immediatamente con un provvedimento d`urgenza per ristabilire certezza normativa sulla competenza dei Tribunali».
La Stampa 06.02.10
******
“Nuove leggi, tribunali incompetenti”. A rischio molti processi di mafia. Alfano: “Non permetteremo che i boss ricevano paradossali benefici”, di ALESSANDRA ZINITI
Alfano rassicura: “Non permetteremo che i boss abbiano paradossali benefici”. Ma intanto l’allarme è scattato. L’inasprimento delle pene per i mafiosi rischia di far saltare decine e decine di processi a boss e gregari di Cosa nostra. “Colpa” di una norma della “ex Cirielli” che ha previsto che, in presenza di tre aggravanti, le condanne per il reato di associazione mafiosa possano anche arrivare a 25-30 anni, tetto che “sfora” le competenze dei tribunali davanti ai quali si celebrano i processi per mafia ed estorsioni. Quando le pene comminabili diventano così alte il processo passa alla competenza della corte d’Assise.
Il risultato è che, da due giorni, in Sicilia già tre processi hanno subito uno stop imprevisto dopo che la Corte di Cassazione, accettando l’istanza di alcuni difensori degli imputati in un processo in corso a Catania, ha dichiarato l’incompetenza dei tribunali a giudicare in presenza di aggravanti e ha azzerato tutto assegnando il dibattimento alla corte d’Assise. E questa mattina a Palermo altri due processi si sono fermati per lo stesso motivo, quello contro i boss di San Lorenzo Madonia ed un troncone del dibattimento “Perseo”. Ed è facile precedere che, nei prossimi giorni, la stessa sorte subiranno molti altri processi.
In allarme la Direzione distrettuale antimafia che ha convocato una riunione per lunedì 15 febbraio per fare il punto su questa nuova “emergenza” che rischia di mandare in fumo decine e decine di processi. E sembra che il rischio di un azzeramento sussista anche per processi già conclusi in appello e in attesa di Cassazione visto che il testo della norma recita “in ogni stato e grado del giudizio”. Tutto quello che è già stato fatto dai tribunali, dunque, verrebbe azzerato con gravissime conseguenze sia per i tempi del giudizio, sia per i provvedimenti di libertà personale degli imputati.
Quanto alla durezza delle condanne non è un’eventualità teorica: proprio la settimana scorsa i boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo hanno avuto 30 anni in uno dei dibattimenti del filone “Addiopizzo”, perché nei loro confronti i giudici hanno applicato la recidiva reiterata e specifica e le aggravanti di essere stati “capi e promotori”, di avere costituito un’associazione armata e di avere sfruttato i proventi di attività illecite in iniziative economiche. Stessa cosa, è avvenuto nel processo d’appello Gotha per il boss Nino Rotolo, condannato a 29 anni. Scontato ritenere che le difese degli imputati non si faranno sfuggire l’occasione per provare ad azzerare i processi e ricominciare tutto daccapo.
Alfano corre ai ripari. “Tutti possono stare tranquilli: il governo farà in modo che non ci siano conseguenze negative da un fatto positivo come l’inasprimento delle pene per i reati di 416 bis”. Così rassicura il ministro alla Giustizia Angelino Alfano, che oggi è a Palermo.
“Non conosco nella sua motivazione, ma solo nel dispositivo la sentenza di Cassazione – ha detto – faremo di tutto per evitare che ci possano essere delle conseguenze negative per evitare un grande paradosso, e cioè che dall’inasprimento delle pene possa derivare un beneficio per i boss. Eviterei aggettivi estremi ed eccessi di ansia – ha aggiunto rispondendo ai giornalisti che riportavano le dichiarazioni allarmate di alcuni magistrati – perchè il governo dell’antimafia, delle leggi e dei fatti, provvederà a evitare che effetti distorsivi possano verificarsi soprattutto per i processi in corso”.
La Repubblica 06.02.10
******
Grasso: “Subito un decretomo usciranno centinaia di boss”, di ATTILIO BOLZONI
Quanti processi di mafia verranno annullati e quanti boss dovranno essere giudicati un’altra volta? “Centinaia di mafiosi in Italia, se le cose resteranno così bisognerà praticamente rinnovare tutta l’attività dibattimentale fino adesso compiuta”. E ci saranno mafiosi che usciranno dalle galere? “Il rischio di molte scarcerazioni sarà inevitabile”. Il procuratore nazionale Pietro Grasso legge le agenzie di stampa che arrivano nel suo ufficio di via Giulia e rovista tra carte e codici. Scuote la testa, dice: “Bisognerà intervenire subito, è un brutto pasticcio. Ma la vicenda è estremamente complicata perché la colpa di tutto questo risale a cinque anni fa. È una vicenda anche complicata, forse è meglio cominciare dall’inizio”.
Cominciamo dall’inizio procuratore Grasso.
“Le recenti modifiche del pacchetto sicurezza hanno aumentato per quanto riguarda il comma incriminato – quello che fa scattare la competenza della corte di assise – soltanto il minino da 10 a 12 anni, la pena più grave era già prevista nella legge Cirielli del 2005. Quindi, già 5 anni fa, si sarebbe dovuto separare la posizione dei vari boss e dai tribunali rinviarla a giudizio davanti alla corte di assise. In sostanza: tutto quello che sta accadendo è la conseguenza della Cirielli e non delle norme antimafia contenute nel pacchetto governativo”.
Lei sta dicendo che ci si è accorti solo oggi, dopo 5 anni, che i capi delle associazioni mafiose avrebbero dovuto subire un processo non in un tribunale ma in una corte di assise? È così?
“È così. Per un’evidente disattenzione processuale, nel richiedere e ottenere il rinvio presso i tribunali dei capi delle organizzazioni mafiose insieme ai singoli associati. Non se n’accorto nessuno: né magistrati e né avvocati e nemmeno noi della procura nazionale antimafia. Oggi, il 21 gennaio scorso, la Cassazione investita da un conflitto di competenze sollevato dalla corte di assise di Catania, ha deciso che i capi delle associazioni devono essere giudicati dalle corte di assise e non dei tribunali”.
Gli effetti saranno disastrosi. Molti grandi capi di Cosa nostra già condannati in tribunale dovranno ricomparire in corte di assise per affrontare un altro giudizio?
“C’è gente come Nino Rotolo, come i Madonia di Resuttana, i Lo Piccolo padre e figlio… e tanti altri ancora. Non siamo in grado di monitorare al momento la situazione e, comunque, la cosa più importante adesso è intervenire subito”.
Cosa si può fare per non cancellare decine e decine di processi?
“È necessario e urgentissimo un intervento – anche con decreto legge – per evitare queste conseguenze. Ci vuole una norma transitoria che blocchi la situazione, che si applichi a bocce ferme, che valga per tutti i processi pendenti evitando che gli effetti si perpetuino. Bisogna anche intervenire sul passato, sui processi già fatti”.
In un primo momento era sembrato che tutto questo pasticcio avesse avuto origine dal pacchetto antimafia governativo…
“Mi meraviglia come certi miei colleghi affrontino con superficialità e approssimazione certe valutazioni, senza neppure avere la diligenza di rilevare da un qualsiasi codice di udienza che l’aumento di pena a 24 anni – nell’ipotesi della duplice aggravante nei confronti dei capi e dei promotori di un’associazione mafiosa, che abbia anche la disponibilità di armi ed esplosivi – veniva da un aumento di pena che risale alla Cirielli del 2005”.
Il governo non l’avrebbe mai fatto, procuratore?
“Veramente c’è un disegno di legge delega presentato dal ministro Alfano sulle modifiche da apportare al codice di procedura penale – è il numero 1440 pendente al Senato – che prevede che tutti i reati più gravi di competenza delle procure antimafia – quindi anche il 416 bis, l’associazione di tipo mafioso – diventino ai fini del giudizio di competenze delle corti di assise”.
Procuratore, rispetto alla Cirielli non cambia nulla: c’è chi spinge a far giudicare i mafiosi in corte di assise.
“C’è una volontà politica di far arrivare quei processi in quelle corti di assise dove ci sono i giudici popolari. Non va bene: i processi di mafia non sono processi “normali” ma processi ad alto tasso tecnico giuridico nella valutazione della prova. E richiedono una grande competenza che, ovviamente, può avere solo un giudice togato e non un giudice popolare”.
La Repubblica 06.02.10