Le modifiche ai regolamenti sulle nuove superiori, verso l’ultima approvazione del governo. No alla riduzione delle ore di laboratorio nei tecnici e nei professionali e un freno al taglio delle ore delle altre discipline, che non dovranno diminuire complessivamente di oltre 2 ore settimanali. Il monito al ministro dell’istruzione, Mariastella Gelmini, viene dalle commissioni istruzione della camera e del senato, che hanno emesso, rispettivamente, il 20 e il 27 gennaio scorso i prescritti pareri sui regolamenti della riforma delle scuole superiori. Che ora sono in corso di aggiustamento, prima del via libera definitivo del consiglio dei ministri rpevisto per la prossima settimana. Il collegio di Montecitorio ha chiesto inoltre al governo di potenziare la matematica, le scienze e la lingua straniera nei licei. In particolare, nel liceo delle scienze umane, la commissione della camera presieudta da Valentina Aprea ha evidenziato la necessità di potenziare lo studio delle discipline giuridiche ed economiche, che risultano caratterizzanti dell’indirizzo di studio. Mentre Palazzo Madama ha auspicato che diritto ed economia possano essere recuperate nella cosiddetta quota di flessibilità. Montecitorio ha chiesto, inoltre, all’esecutivo di ampliare il numero dei licei musicali e coreutici, potenziando in entrambe le nuove tipologie di scuola lo studio della storia della musica e della danza. Secondo il collegio è opportuno inoltre che vengano valorizzate le convenzioni in atto con i conservatori per evitare che la licealizzazione dei percorsi formativi possa in qualche modo vanificare i livelli di eccellenza raggiunti nella pratica e nella didattica musicale già nell’ambito del cosiddetto compimento inferiore corrispondente ai primi 5 anni di studio. Palazzo Madama, invece, ha ritenuto che debba essere costruito un vero e proprio asse formativo che parta dalle scuole medie a indirizzo musicale, passi per i licei musicali e termini con il conservatorio. Il tutto fissando competenze in entrata e in uscita volte a determinare l’applicazione del numero chiuso nell’accesso a questi percorsi formativi. In più secondo entrambe le commissioni è opportuno che la riforma cominci ad andare a regime solo nelle prime classi nel prossimo anno scolastico e non anche nelle seconde, come previsto nelle bozze di regolamento. La commissione di Montecitorio ha raccomandato inoltre a palazzo Chigi di svolgere un’accurata verifica dei quadri orari allegati e una migliore scansione dei due bienni, al fine di contemperare obbligo di istruzione, diritto-dovere all’istruzione e possibile reversibilità delle scelte compiute dagli studenti ai fini del successo formativo. Ed ha evidenziato anche la necessità di pubblicizzare al massimo i cambiamenti e la composizione dei nuovi indirizzi di studio in termini di discipline studiate, per orientare gli alunni nella scelta della scuola superiore. E poi, sempre secondo Montecitorio bisogna in qualche modo rendere fungibili le competenze acquisite durante i percorsi formativi, così da consentire agli studenti che dovessero rendersi conto dell’inadeguatezza della scelta operata, di cambiare agevolmente indirizzo. E tale fungibilità dovrebbe essere attuata anche rispetto ai percorsi di apprendistato che, essendo alternativi all’espletamento del diritto dovere all’istruzione formazione, rispetto alle scuole tradizionali, necessitano di essere in qualche modo riconsiderati al fine di un eventuale reinserimento degli studenti interessati nel percorso di studi tradizionale. In buona sostanza, dunque, l’intero sistema dovrebbe essere rivisitato tenendo conto che, specie nella fase iniziale, è ragionevole ritenere che gli studenti possano cambiare idea rispetto alla scelta della scuola. E dunque, introdurre bienni iniziali fortemente differenziati potrebbe rendere di fatto irreversibili le scelte degli studenti. Un altro aspetto importante rimarcato da entrambe le commissioni è quello che riguarda le classi di concorso. Sia palazzo Madama che Montecitorio hanno auspicato che il mutamento delle discipline di studio valorizzi e non escluda gli attuali docenti. E dunque, le nuove classi di concorso dovrebbero essere elaborate nel senso di un ampliamento della spendibilità delle abilitazioni. In modo tale da consentire a classi di concorso diverse di confluire nel ceppo epistemico di riferimento, al quale dovrà fare capo la nuova classe di concorso di riferimento. Un po’ come avvenne qualche anno fa con la costituzione degli ambiti disciplinari. Oltre tutto, qualora la nuova disciplina dovesse introdurre forti preclusioni nella spendibilità dei titoli di abilitazione all’insegnamento, ciò potrebbe avere riflessi negativi sulla costituzione degli organici, nella mobilità e nel reclutamento. Le scuole infatti potrebbero trovarsi a corto di docenti in alcune discipline, senza la possibilità di reclutare i supplenti. Ciò in quanto le attuali lauree specialistiche sono tarate sulle classi di concorso esistenti.
ItaliaOggi 02.02.10
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Alle scuole serve un miracolo, di Alessandra Ricciardi
Strozzate dalle riduzioni al bilancio 2010. I sindacati chiedono l’intervento del governo. Supplenze interrotte, pulizie a giorni alterni, forniture inevase
Ci sono scuole che hanno interrotto i contratti di supplenza e hanno smistato gli studenti su più classi. Quelle che non stanno più pagando i fornitori, e rischiano il pignoramento. E poi ci sono quelle che fanno le pulizie a giorni alterni, per risparmiare sulle spese. Alcuni dirigenti, poi, sono pronti addirittura a non approvare il bilancio interno, a costo di farsi commissariare. Questi, e tanti altri, i casi segnalati da insegnanti, dirigenti e sindacati. A un mese dall’inizio del 2010, la situazione finanziaria degli istituti è al tracollo (si vedano per esempio le segnalazioni raccolte dal forum messo in piedi su flcgil.it). Sul territorio imperversa l’arte di arrangiarsi, dopo i tagli inferti a tutte le amministrazioni dalla legge 133/2008, la riduzione della Finanziaria 2010 di 73 milioni di euro per il funzionamento didattico e amministrativo, il taglio ai fondi della 440 (un taglio di quasi 40 milioni di euro), la riduzione del 25% per gli appalti di pulizia. E poi soprattutto ci sono i crediti vantati dai singoli istituti nei confronti del ministero dell’istruzione, per spese anticipate dai bilanci interni e mai restituite, che ammontano a quasi un miliardo di euro. E che rischiano di essere radiati. Oggi si terrà un vertice al ministero dell’istruzione tra i responsabili della direzione bilancio e i sindacati. Cgil, Cisl e Uil scuola chiedono che sulla materia ci sia un intervento politico, perché la questione possa essere sbloccata con nuovi finanziamenti, magari in sede di assestamento di bilancio. Ma anche un correttivo tecnico, che escluda che i crediti vantati siano assorbiti a bilancio generale, come lascerebbe prefigurare la circolare del ministero guidato da Mariastella Gelmini del 14 dicembre scorso. Nel frattempo, la direzione scolastica regionale dell’Emilia Romagna, per esempio, suggerisce alle scuole del territorio di fare le pulizie a giorni alterni nei locali dove maggiore è il fabbisogno, aule e bagni, invece che quotidianamente. Mentre i presidenti dei consigli di circolo e di istituto di Bologna e provincia denunciano che sempre più frequentemente, in caso di malattia dell’insegnante, invece che chiamare il supplente, la scuola smisti i ragazzi su altre classi: mancano i soldi per pagare le supplenze. E in alcuni casi, si è stati costretti a interrompere anche contratti già stipulati. Tanto che da Pisa arriva la richiesta di trasferire a carico del Tesoro anche le supplenze brevi, come già avviene per quelle fino al termine delle lezioni o dell’anno scolastico.
Dall’altra parte d’Italia, a Potenza, i direttori amministrativi denunciano di non poter predisporre il bilancio di previsione 2010: l’importo dei crediti verso il ministero per spese anticipate supera in molti casi il budget disponibile, e inserendo i crediti tra i residui attivi si rischia il paradosso di vedere radiate le relative spettanze. Situazione analoga quella delle scuole di Piacenza, che hanno crediti verso il ministero per circa 6 milioni, e ora potrebbero essere costrette, per far fronte alle spese ordinarie (comprese lavagna e gessetti), ad aumentare la richiesta di contributi alle famiglie.
ItaliaOggi 02.02.10