Sono un incubo da giorni i voti segreti sul legittimo impedimento. Il capogruppo del Pdl Cicchitto se li sogna di notte e si prefigura le nefaste conseguenze di una possibile débacle se i franchi tiratori colpissero. Su oltre 150 emendamenti alla legge che, almeno per un po’, dovrebbe mettere tranquillo Berlusconi e consentirgli di rinviare i processi, le opposizioni, se volessero, potrebbero chiedere moltissimi scrutini coperti perché il testo, riguardando le libertà personali, ricade tra quelli che possono eludere la consultazione palese. E lì, nelle pieghe di quei voti, potrebbe manifestarsi un duplice e pesante dissenso, tutto interno agli ex forzisti.
Il primo: lo scontento per una norma che, ancora una volta, riguarda Berlusconi, con il contentino dei “soli” ministri, perché la manovra di farci rientrare gli oltre 30 sottosegretari si è miseramente arenata sullo scoglio dell’incostituzionalità, come quella di infilare pure “i concorrenti nel reato”. Il secondo: i mugugni diffusi per la partita delle prossime elezioni regionali che vede vincenti le richieste della Lega in Veneto e in Piemonte con Cota e Zaia e degli ex di An in Calabria e nel Lazio con Scopelliti e Polverini. La forte convinzione, che diventa dissenso, è che alla fin fine alla vecchia Forza Italia sia rimasto ben poco per via degli appetiti leghisti e aennini.
Come sfogarsi meglio se non colpendo una legge cui il premier tiene moltissimo? Lo temono capogruppo e vice, Cicchitto e Bocchino, che giovedì scorso spediscono una missiva ai deputati anziché il solito sms. Lo rivela e ne pubblica l’originale Antonio Di Pietro sul suo blog, e quella frase rivelatrice della paura di possibili sorprese diventa di pubblico dominio. Al “caro collega” i due scrivono che “non serve ricordare l’importanza che questo appuntamento ha per il Pdl, il presidente Berlusconi e il governo”. Pertanto “senza eccezione alcuna” la presenza in aula deve essere “garantita” senza possibili giustificazioni.
Berlusconi è stato perentorio quando mercoledì scorso, dopo il vertice con coordinatori e capigruppo, è rimasto da solo con il Guardasigilli Alfano e ha buttato giù l’agenda dei provvedimenti cui tiene. Il legittimo impedimento in primis, le intercettazioni ormai “morte” al Senato, il processo breve. “Non voglio sorprese” è stato l’ordine. Il giorno dopo è partita la lettera, giusto mentre Pd e Idv cominciavano a esaminare il malloppo degli emendamenti e a far di calcolo su quanti voti segreti si potrebbero chiedere. Anche loro hanno un problema perché il recente episodio del Senato, quando sul processo breve la maggioranza ha avuto più voti del previsto durante l’appello riservato, li fa stare guardinghi.
Ma è pur vero che i due articoli del legittimo impedimento ben si prestano a una dura contestazione in aula. Basti pensare al nuovo compito assegnato alla “presidenza del consiglio dei ministri”. Essa “attesta che l’impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni”. Per cui “il giudice rinvia il processo ad udienza successiva al periodo indicato”. Ciascun rinvio “non può essere superiore a sei mesi”. Non uno, due, tre giorni, ma ben sei mesi. Il relatore Pdl Enrico Costa è convinto di aver fatto un’ottima proposta perché la frase appartiene al suo testo originario. La democratica Donatella Ferranti la trova inaccettabile perché “è peggio del lodo Alfano, è un congelamento bello e buono del processo”. Per di più con un’assunzione di responsabilità anomala della presidenza del Consiglio che “certifica” la bontà dell’impedimento di un imputato e di fatto ne blocca il processo. Come scrive l’Idv nella sua pregiudiziale di costituzionalità “la dichiarazione di un funzionario dipendente dell’esecutivo non è sottoponibile ad alcuna valutazione critica. In tal modo c’è un’invasione dell’esecutivo nelle prerogative della magistratura, che perde la sua indipendenza dal governo”. In barba all’articolo 101 della Costituzione (“I giudici sono soggetti solo alla legge”) il giudice “dominus del processo, viene totalmente privato della possibilità di esercitare un qualsivoglia controllo dell’impedimento”. Che dovrà tener conto pure “delle attività preparatorie e conseguenti”. Un lodo in piena regola che Berlusconi vuole approvare per via non costituzionale nonostante le bocciature della Consulta per i lodi Schifani e Alfano.
La Repubblica 01.02.10