Il grido di allarme degli scienziati, ben condensato in un documento ufficiale, è partito ieri mattina con destinazione la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e altre autorità nel settore scientifico. «Aiutateci a salvare la ricerca di base nel nostro paese». Il grido di allarme degli scienziati, ben condensato in un documento ufficiale, è partito ieri mattina con destinazione la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e altre autorità nel settore scientifico. Dopo un primo appello lanciato una decina di giorni fa sulle pagine de Il Messaggero, i firmatari del documento hanno raggiunto quota 1.341. Nella lista ci sono molti ricercatori italiani che lavorano in condizioni di estrema precarietà e tanti cervelli scappati a malincuore dall’Italia per portare avanti i propri progetti.
Tra i nomi presenti, inoltre, spiccano personalità scientifiche prestigiose come quella di Nicola Cabibbo, presidente della Ponteficia Accademia delle Scienze, e l’astronoma Margherita Hack.
Lo scopo del documento è quello di invitare le autorità, dicono i ricercatori, a porre rimedio alla situazione di allarmante difficoltà in cui versa la ricerca di base in Italia. Una situazione che potrebbe portare fra 10 anni alla perdita di capitale umano indispensabile per il progresso del paese.
Cinque i punti su cui, secondo gli scienziati firmatari, bisognerebbe agire. Il primo riguarda la richiesta di «ristabilire il finanziamento alla ricerca di base – si legge nel documento – a livello adeguato, comparabile a quello dei nostri principali partner europei». Nel secondo gli scienziati chiedono di «premiare la competitività nella ricerca a livello internazionale». Il terzo riguarda i meccanismi di arruolamento e in particolare si chiede di delegare la responsabilità ai dipartimenti e di agganciare i finanziamenti ai risultati ottenuti «sulla base di un’efficacia valutazione».
Nel quarto e nell’ultimo punto, i ricercatori chiedono borse di studio adeguate e l’abbandono dei «finanziamenti a pioggia» a favore di un finaziamento concentrato solo nelle strutture d’eccellenza.
Secondo i ricercatori, se non verranno messi in atto interventi adeguati, il nostro paese rischierà di perdere capitale umano in grado di portare progresso e innovazione.
«Se non si invertirà questa tendenza a depauperare la Ricerca di Base e del capitale umano indispensabile alla sua sopravvivenza – dicono i ricercatori – il processo potrebbe essere irreversibile».
Il Messaggero 01.02.10