Con un tocco di comicità involontaria, il presidente del Consiglio dice l’indicibile: non si presenta nelle aule dei processi Mills e diritti tv Mediatrade perché il tribunale di Milano è “un plotone di esecuzione”. Ma nello stesso giorno in cui si lascia andare all’ennesimo attacco contro la magistratura, lui stesso trasforma le aule del Parlamento nella “camera a gas” del diritto. Non c’è altro modo per definire il via libera del Senato alla riforma del cosiddetto “processo breve”. Oggi si celebra la morte della giurisdizione, violata e uccisa in nome di tutti, ma per salvare la vita di uno solo. Un’altra legge ad personam, la ventesima in quindici anni, che fingendo di stabilire termini rigorosi per l’avvio e la conclusione dei processi, e nel rispetto apparente del riformato articolo 111 della Costituzione, ha come unico scopo quello di considerare automaticamente “estinti” i due processi che vedono ancora coinvolto Silvio Berlusconi. La micidiale “norma transitoria” stabilisce che i limiti temporali ridotti riguardano tutti quei processi in corso “per reati coperti dall’indulto e puniti con pena pecuniara o detentiva inferiore ai 10 anni”. In questi casi, con la nuova legge il giudice dichiara il “non doversi procedere per estinzione” del processo se sono decorsi 2 anni da quando il pm ha avviato l’azione penale e se non è stato definito ancora il primo grado di giudizio.
È qui l’ennesima “ghedinata”. Il cavillo inventato dai Dottor Stranamore del diritto che assistono Silvio Berlusconi, e che hanno ritagliato a misura per lui l’ultima norma-vestitino, grazie alla quale gli ultimi due processi che ancora lo riguardano finiranno sepolti nel cimitero della giustizia. Può tuonare quanto vuole, il premier, contro l’opposizione che sale sulle barricate e l’intero corpo delle toghe civili e penali che rilancia il suo allarme. Può ripetere all’infinito, con l’impudenza di Don Rodrigo, che questa “non è una legge ad personam”. Lo smentisce, per paradosso, uno dei suoi “bravi” più truci e fedeli. Maurizio Gasparri afferma sicuro: “La legge non cancellerà la giustizia, e infatti riguarderà solo l’1 per cento dei processi”. È la prova regina che serviva, per dimostrare che siamo ancora una volta allo “stato di eccezione” decretato nell’interesse esclusivo del premier. Delle due l’una. O c’è un’esigenza pubblica di abbreviare i processi che riguarda tutti i cittadini, e allora è necessario che la nuova legge incida su tutte le cause pendenti. Oppure c’è un’urgenza privata che riguarda solo un cittadino, e allora è sufficiente che la nuova legge incida solo sui suoi e su pochi altri processi. “L’1 per cento”, secondo Gasparri. È questa la posta in gioco della pretesa “riformatrice” del centrodestra. È in nome di questa che si fa scempio delle regole costituzionali, a partire dal principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Poco importa se, in quell’1 per cento, con la nuova legge si farà strage di processi enormi come Cirio-Parmalat, Antonveneta-Bnl ed Eni Power. La sola cosa che importa è che, con quell’1 per cento, muoiano i due processi pendenti del Cavaliere. È un brutto giorno per la nostra democrazia, che si indebolisce ogni giorno di più. Ma è anche una bella lezione per il Pd, che si illude di “trattare” sulle riforme con Berlusconi. Se nel campo di battaglia della giustizia c’è davvero un “plotone di esecuzione”, non lo comandano certo le “toghe rosse” del Tribunale di Milano, ma semmai le “anime nere” del Partito delle Libertà.
La Repubblica 20.01.10