economia, lavoro

"L´Italia ha perso 400 mila posti. In Europa, uno su dieci senza lavoro ", di Luisa Grion

L´Istat: a novembre tasso di disoccupati all´8,3%. Sotto la media Ue. In totale sono due milioni. Quasi 400 mila posti di lavoro in meno in un anno, 44 mila persi solo fra ottobre e novembre: se ormai da qualche mese si parla di uscita dal tunnel gli effetti della crisi continuano a manifestarsi. Lo segnalano gli ultimi dati Istat sulla disoccupazione: a novembre 2009 ha raggiunto quota 8,3 per cento, in netta crescita rispetto al 7,1 per cento di un anno prima.
Va detto che le cose vanno male ovunque, e altrove peggio che qui, visto che la media della zona euro è al 10 per cento – dato record dal 1998 – e visto che i senza lavoro continuano ad aumentare anche negli Stati Uniti, dove la disoccupazione resta inchiodata al 10 per cento e la ventata di ottimismo soffiata a novembre è stata annullata prima delle feste (per la prima volta dagli ultimi due anni la caduta si era arrestata, ma a dicembre sono stati persi altri 85 mila posti di lavoro). Gli analisti si aspettavano di meglio, il presidente Obama ha confessato la sua «delusione» e ha reagito varando un pacchetto di 2,3 miliardi di dollari in agevolazioni fiscali a vantaggio dei «lavori verdi» e delle aziende che investono nelle tecnologie pulite.
Rispetto ad altre emergenze, quindi, in Italia la situazione sembrerebbe meno drammatica, grazie anche al cuscinetto fornito dagli ammortizzatori sociali. In Europa, per esempio, la Spagna con il suo 19 per cento segna una punta di autentico allarme, ma va anche sottolineato che se si guarda alla fascia giovanile i senza lavoro italiani superano la media.
Fra gli under 25 infatti, la disoccupazione nella zona euro è al 21 per cento, ma in Italia si vola al 26,5 il che vuol dire che più di un ragazzo su quattro cerca lavoro e non lo trova. Certo anche qui c´è chi sta molto peggio ( sempre in Spagna la percentuale sale al 43,8), ma la fascia più colpita è anche quella che spesso non ha sostegno al reddito. In più da noi aumenta il numero dei cosiddetti «inattivi» ovvero delle persone di età compresa fra i 15 e i 24 anni che non hanno un lavoro e ormai non lo cercano nemmeno: in un solo anno i «rassegnati» sono aumentati dell´1,8 per cento e la condizione accomuna quasi 270 mila persone in più rispetto al novembre 2008.
Il Pd parla di «emergenza nazionale», i sindacati avvertono, purtroppo, non è finita. «Ci aspettavamo questi dati – commenta Angeletti, leader della Uil – ma penso che quest´anno ci siano altri 200 mila posti di lavoro a rischio». Fammoni della Cgil fa notare che «rispetto ai dati del 2008, già segnati dalla crisi, l´evoluzione è impressionante: le previsioni ottimistiche e la propaganda devono finire, bisogna riformare gli ammortizzatori».
Eppure i dati sulla ricchezza prodotta dal paese confermerebbero l´avvio della ripresa. Certo, precisa l´Istat, il rapporto deficit- Pil nei primi nove mesi del 2009 è salito al 5,2 per cento contro il 2,8 del corrispondente periodo del 2008 (nel terzo trimestre 2009 è risultato al 3,3 per cento contro l´1,3 del 2008), ma l´economia di Eurolandia si è rimessa in moto e l´Italia cresce più della media. Il superindice dell´area Ocse conferma i dati Eurostat su un Pil in crescita dello 0,4 per cento nel terzo trimestre 2009 e fa notare il nostro avanzamento dello 0,6 per cento. «La ripresa c´è – ammette l´Isae, ma avverte – appare priva di slancio».
La Repubblica 09.01.10

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Disoccupati a quota 2 milioni. A novembre tasso all’8,3%, di Luciano Costantini

A novembre tasso di disoccupazione all’8,3%, il più alto dal 2004. E c’è chi, per esempio il sindacato, pronostica un 2010 ancora peggiore. Magari può essere una consolazione, seppure magra, constatare che nella Ue e negli Stati Uniti lo stesso indice ha raggiunto il 10% con la marginale differenza che negli Usa il raffronto è relativo al mese di dicembre. Come dire che l’Italia ancora resta ben sotto la media europea e quella americana, grazie anche al sostegno «intensivo» degli ammortizzatori sociali.
Il rilevamento di novembre dell’Istat comunque non ha prodotto stravolgimenti rispetto a quello di ottobre. Un dato atteso e che, probabilmente, si accentuerà in negativo nei prossimi mesi. Nella sostanza in un anno la crisi ha bruciato quasi 400.000 posti di lavoro, 389.000 per l’esattezza: -1,7% rispetto a novembre 2008 e -0,2% su ottobre 2009 (pari a 44.000 unità). I disoccupati italiani a novembre dello scorso anno erano 2.079000 su oltre 15.712.000 di senza lavoro nell’area dell’euro. Le persone in cerca di occupazione hanno superato, per il secondo mese consecutivo, quota due milioni (2.079.000) con un aumento di 30.000 unità rispetto ad ottobre (+1,5%) e di 313.000 rispetto a novembre dello scorso anno.
Cresce anche il numero degli inattivi, cioè coloro che sono tra 15 e 64 anni, che non lavorano ma che un lavoro stanno cercando: a novembre erano 11.000 in più rispetto ad ottobre e 269.000 in più rispetto a novembre del 2008. Sono stati soprattutto gli uomini a perdere il posto con 211.000 disoccupati in più a novembre 2009 rispetto a novembre 2008 e 31.000 in più su ottobre 2009. «Dati scontati – ha commentato il leader della Uil, Luigi Angeletti – penso che quest’anno ci saranno altri 200.000 posti a rischio». Secondo Cisl e Cgil «la situazione è critica», soprattutto sul versante dei giovani e del Mezzogiorno.
Se l’andamento dell’occupazione in Italia non va bene, va ancor peggio nei sedici Paesi dell’area euro dove l’indice si è attestato al 10%, il valore più alto dall’agosto del ’98. Nell’area Ue-27 il tasso dei disoccupati è stato del 9,5% contro il 9,4% di ottobre. Era stato del 7,5% a novembre dello scorso anno. I disoccupati, a novembre su base annua, sono saliti di 4,978 milioni nell’Ue e di 3,041 milioni nella zona euro. Un calo inatteso anche negli Usa – il dato però è riferito a dicembre – dove nel mese sono andati perduti 85.000 posti di lavoro, ma il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 10%.
L’Istat ha scattato anche altre fotografie sullo stato del nostro Paese. Nei primi nove mesi dello scorso anno il rapporto deficit/pil ha raggiunto quota 5,2%, contro il 2,8% dello stesso periodo del 2008. Praticamente è raddoppiato. Il saldo primario (l’indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato negativo per lo 0,8% (+2,3% il saldo primario nei primi nove mesi del 2008). Sempre nei primi nove mesi del 2009 le entrate fiscali sono diminuite del 2,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel terzo trimestre del 2009, invece, le entrate sono scese del 2,1% rispetto allo stesso periodo del 2008.
Nonostante questi segnali negativi l’economia di Eurolandia sta dando confortanti segnali di ripresa. A confermarlo l’Eurostat, l’ufficio europeo di statistica, che per il terzo trimestre del 2009 indica un pil in crescita dello 0,4% mentre il Superindice dell’area Ocse mostra per novembre una ripresa ancora più robusta rispetto a quella registrata ad ottobre. Bene l’Italia che cresce più della media europea. Il Superindice attribuisce al nostro Paese un rialzo dello 0,9% rispetto al mese precedente e di 13,8 punti su base annua. Buone notizie anche per Germania e Francia mentre perdono terreno Spagna e Gran Bretagna dove il prodotto interno lordo del terzo trimestre dello scorso anno ha chiuso per il terzo anno con il segno negativo.
Il Messaggero 09.01.10

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I giovani prime vittime della recessione E l’emorragia di posti non è ancora finita , di Luca Cifoni

L’emorragia di posti di lavoro, probabilmente, non è ancora finita. La nuova serie di dati Istat permette di seguire mese per mese l’andamento dell’occupazione; il calo di 44.000 unità di novembre 2009 rispetto al mese precedente è significativo anche se meno drastico di quelli registrati ad esempio nel giugno di quest’anno o a novembre 2008. Rispetto alla metà del 2008, quando il numero totale degli occupati aveva toccato il massimo storico a quota 23 milioni e mezzo, la flessione è stata di oltre 600.000 unità, il che riporta la situazione più o meno al livello di inizio 2006.
Quanto si dovrà scendere ancora? Confindustria nelle sue previsioni dello scorso dicembre ipotizza che la tendenza negativa continui ancora nel primo semestre di quest’anno, per poi arrestarsi. Una valutazione condivisa anche da altri analisti. Il Centro Studi di Viale dell’Astronomia ritiene che in totale, a fine 2010, la riduzione di occupati sarà pari a 1,1 milioni di unità, rispetto ai livelli del primo trimestre 2008. Questa stima è espressa in termini di “unità di lavoro standard” e quindi non è a rigore confrontabile con gli occupati rilevati dall’Istat (perché ad esempio due lavoratori a metà orario valgono un occupato standard, e questo fattore si rivela decisivo in un contesto di forte ricorso alla cassa integrazione). Comunque una ulteriore caduta di circa 200.000 posti, prima dell’inversione di tendenza, non risulterebbe certo sorprendente.
Il limite dei dati mensili consiste nel non permettere analisi approfondite per categorie di occupati. Spicca però il tasso di disoccupazione giovanile al 26,5 per cento, in crescita di tre punti rispetto ad un anno fa e di oltre 6 rispetto al 2007, quando in alcuni mesi era sceso sotto il 20. Scomponendo poi le cifre tra lavoratori maschi e lavoratrici si nota un andamento tutto sommato omogeneo negli ultimi mesi. Andando indietro di qualche anno però, mentre il numero complessivo degli occupati maschi è tornato all’incirca ai livelli del 2004, per quanto riguarda le lavoratrici la ricaduta è stata un po’ meno violenta. Il tasso di occupazione femminile è al 46,1 per cento contro il 45 circa di inizio 2004. In altre parole la recessione non ha ancora azzerato i limitati progressi che in questo campo sono stati fatti negli ultimi anni.
Il Messaggero 09.01.10

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La crisi brucia occupazione. In un anno persi 400 mila posti, di Laura Matteucci

Secondo l’Istat 2 milioni di persone senza lavoro, oltre a quelle in cig. Si torna ai livelli del 2004 Male anche i conti dello Stato. Il rapporto deficit-pil sale al 5,2% . L’anno scorso era del 2,8%. L’emorragia del lavoro non si ferma. Dopo il record di cassintegrati, quello dei disoccupati: a novembre, dice l’Istat, sono andati persi 389mila posti di lavoro rispetto al novembre 2008, e rispetto ad ottobre il calo degli occupati è di 44mila unità. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto l’8,3% (+0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e +1,3 punti su novembre 2008), è il dato più alto dal 2004. Da ricordare che i disoccupati non comprendono i cassintegrati, un altro mezzo milione di persone. Il tasso di occupazione si attesta così al 57,1%. Situazione particolarmente critica per il sud e per i giovani, il che significa che di lavoro se ne crea sempre meno: per loro, la disoccupazione raggiunge il 26,5% (+2,9 rispetto a novembre 2008). Gli uomini senza lavoro sono 1 milione e 88mila, in aumento del 2,9% rispetto a ottobre e del 24% su base annua (+211mila), le donne 990mila, in crescita dell’11,6% nel confronto con l’anno precedente. Il totale delle persone in cerca di occupazione risulta di 2 milioni 79mila, cioè 313mila in più rispetto ad un anno prima e 30mila in più rispetto ad ottobre. La situazione è drammatica anche fuori dai confini nazionali: nell’eurozona il tasso di disoccupazione sale al 10% a novembre, il massimo dall’agosto 1998, contro il 9,9% di ottobre. Nell’Unione europea a 27 paesi il tasso sale al 9,5%. Di fatto, i disoccupati nell’eurozona aumentano a 15,712 milioni, 22,899 milioni nell’Ue. «Adesso – dice il segretario confederale Cgil Fulvio Fammoni – dati reali allamano, le previsioni ottimistiche con cui colpevolmente si è fatta propaganda devono finire. Si è perso fin troppo tempo». «Quasi un miliardo di ore di cassa integrazione – continua – e il raddoppio delle domande di disoccupazione sono la conferma della gravità degli effetti della crisi. Si deve aprire una discussione organica sulla riforma degli ammortizzatori: occorrono misure urgenti che tutelino le persone. L’inadeguatezza della Finanziaria sia sul versante dello sviluppo che delle tutele è sempre più evidente». QUASI 15 MILIONI DI “INATTIVI” Male anche i conti pubblici. Sempre l’Istat segnala l’impennata del deficit- pil nei primi nove mesi del 2009, quasi raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. Nei primi tre trimestri, l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al pil è stato del 5,2%, contro il 2,8% di gennaio-settembre del 2008. Ma sono i dati sul lavoro ad essere davvero impressionanti. Eccone qualcun altro, per completare il quadro desolante: il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni è pari a 14 milioni 863mila unità, con un aumento dello 0,1% (+11 mila) rispetto a ottobre e dell’1,8% (+269mila) rispetto a novembre 2008. L’occupazione maschile a novembre è pari a 13 milioni 689mila, 24mila in meno rispetto al mese precedente, 261mila in meno su base annua. Quanto all’occupazione femminile, è pari a 9 milioni 187mila unità, con una riduzione rispetto a ottobre dello 0,2% (-20mila unità) e dell’1,4% (-127mila) rispetto a novembre 2008. Il tasso di occupazione maschile risulta così del 68,1%, calato in un anno di un punto e mezzo, quello femminile è del 46,1%, in calo dello 0,8%.
L’Unità 09.01.10

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In Europa siamo i peggiori, di Nicola Cacace
I dati Istat ed Eurostat sull’occupazione a novembre confermano il calo occupazionale che per l’Italia assume aspetti di assoluta gravità, essendosi ulteriormente ridotto il tasso di occupazione, già il più basso d’Europa. L’Italia figura all’ultimo posto tra i 27 paesi dell’Europa per il tasso di occupazione (occupati sulla popolazione 15-64 anni). In altre parole in Italia l’occupazione è la più bassa rispetto alla popolazione rispetto a tutti i paesi europei, con un tasso di occupazione del 57,1% rispetto al 65% europeo. Se avessimo lo stesso tasso d’occupazione dell’Europa a 27 avremmo 3 milioni di occupati in più. Delle due l’una, o l’Italia è un paese di sfaticati o h ala situazione occupazionale più precaria d’Europa, avendo da tempo perseguito politiche di svalorizzazione del lavoro, peggiorandole negli anni. In Europa l’ora di lavoro occasionale costa il15%in più e l’ora di straordinario il 25% in più, mentre da noi accade esattamente il contrario. Per dare un’idea del divario Italia-Europa, basta dire che solo Polonia, Ungheria e Romania hanno tassi di occupazione «italiani», inferiori al 60% della forza lavoro, mentre Danimarca ed Olanda sono al 76%, Gran Bretagna e Germania al 70%, Francia e Spagna al 65%. Il dato apparentemente favorevole all’Italia -l’unico citato sempre da Sacconi- è il tasso di disoccupazione, salito all’8,3% (9,5% in Europa). Ma questo dato è falsato dai cosiddetti «inattivi», i «disoccupati scoraggiati», che da tempo aumentano a botte di 400mila l’anno e che l’Istat, correttamente, toglie dai disoccupati. Aggiungendo ai disoccupati solo i 400mila inattivi in più dell’ultimo anno, su 15 milioni di inattivi, il tasso reale di disoccupazione italiana sale al 10%. Per concludere agli effetti naturali della crisi occorre aggiungere l’aggravante che, per politiche anti-labor, in Italia la base occupazionale è già ridotta all’osso. Se insieme a politiche industriali per sostenere le Pmi e rilanciare la domanda (defiscalizzando salari e pensioni) non si fanno anche politiche pro-labor, la ripresa sarà più lenta e gli effetti sociali della crisi insopportabili
L’unità 09.01.10