Pd e Idv: è una battaglia per l´equità. Ma il governo frena. Di Pietro: è un fatto di eguaglianza I sindacati: come negli altri Paesi europei. Sul fatto che il fisco vada riformato sono più o meno tutti d´accordo, ma sul come farlo e quando farlo tutto resta da decidere. L´economista Tito Boeri ieri, su Repubblica, ha proposto di puntare innanzitutto all´equità fiscale partendo dall´aumento delle tasse sui redditi alti. Non toccando le entrate da lavoro, ma agendo sulle rendite finanziarie. Un tema che ha trovato consensi nel sindacato e nell´opposizione, ma sul quale il governo non si esprime.
Non commenta Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri e nemmeno il ministro Brunetta che anzi frena sui tempi dell´intervento. In Italia, ha detto, la distribuzione fiscale è «fortemente iniqua, ma incastrata dai debiti fatti in passato e dal deficit che incombe». Nella fase di transizione fra un sistema e l´altro, ha specificato, i conti potrebbero saltare e «non possiamo permettercelo».
Ragionamento che non piace al sindacato, al Pd e all´Italia dei valori, che invece accolgono la proposta di Boeri. «La sua idea rafforza la nostra battaglia per l´equità – dice Antonio Di Pietro, leader dell´Ivd – Non si tratta di aumentare le tasse sulle rendite finanziarie, ma di portarle allo stesso livello di quelle sul lavoro. La differenza oggi è enorme e non sostenibile, non solo perché mortifica l´equità fiscale, ma perché bisogna garantire entrate strutturali per coprire le spese dello Stato». Favorevole anche il Pd: «L´obiettivo principale – specifica Stefano Fassina, responsabile economico del partito – deve restare il recupero delle risorse dall´evasione fiscale. Poi certo va guardato alla ricchezza, allineando la tassazione sulle rendite a quella sul lavoro. Noi però proponiamo anche una semplificazione del sistema, abolendo gli studi di settore e applicando a parte delle categorie interessate un´imposta forfettaria che sostituisca Iva, Irpef e Irap».
Più articolata la posizione dei sindacati. «Non si potrà parlare di riforma fiscale se non si affronterà questo tema – precisa Susanna Camusso segretario confederale Cgil – Bisogna partire dall´eguaglianza che non c´è: aumenta la tassazione per lavoratori e pensionati, non abbiamo tasse patrimoniali e ha la progressività sul reddito ha perso peso. Nella maggior parte dei paesi europei le rendite si tassano al 20 per cento, da noi al 12. E´ una diseguaglianza insostenibile, ma non mi pare che il governo si stia muovendo verso l´equità». Luigi Angeletti della Uil avanza una sua specifica proposta: «Fino a quando ci sarà chi pagherà le tasse prima di ricevere la busta paga e chi invece dichiarerà il suo reddito prima di versare, non si potrà parlare di redditi ricchi o poveri. Questa è la vera anomalia del sistema. Detto questo la tassazione sulle rendite finanziarie va rivista: io non toccherei Bot o Cct, ma – onde evitare che si tiri in ballo il pericolo di fughe di capitali – fisserei quelle sugli investimenti finanziari o di Borsa uno o due punti sotto la media europea, portandola al 18-19 per cento contro l´attuale 12».
La Repubblica 04.01.10
Pubblicato il 4 Gennaio 2010
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