«Un documento nel quale vengono sostanzialmente condivise le idee più volte espresse sulla materia dalla FISH»: è questo il commento di Salvatore Nocera, vicepresidente nazionale della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, di fronte al testo che qui presentiamo in forma integrale, approvato all’unanimità poco tempo fa – esattamente il 29 novembre – dall’Assemblea del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro)
Il presente testo di Osservazioni e Proposte sull’Integrazione scolastica degli alunni con disabilità è stato elaborato dal CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), in ottemperanza all’articolo 10 della Legge 936/86, recante Norme sul Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro.
L’istruttoria dello schema di Osservazioni e Proposte è stata curata dalla Commissione per le Politiche Sociali ed Ambientali, che l’ha approvato all’unanimità nel corso della seduta del 15 luglio 2009, sulla base dell’attività di uno specifico Gruppo di Lavoro sulla tutela dei diritti delle persone con disabilità, coordinato dal consigliere Emanuele Alecci, che ha svolto un ciclo di audizioni con i principali attori coinvolti (Sindacati del settore scuola, Enti Locali, Regioni ecc).
Il documento è stato approvato in via definitiva dall’Assemblea nella seduta del 26 novembre 2009.
Premessa
Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro nell’ambito del Gruppo di Lavoro per la tutela delle persone con disabilità, insediato nella Commissione Politiche Sociali ed Ambientali, ha inteso con il presente documento di Osservazioni e Proposte riflettere sull’applicazione della normativa sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità.
Tutto ciò analizzando la presenza di eventuali problemi applicativi allo scopo di indicare soluzioni possibili, anche alla luce della più recente normativa e dei progetti di legge di riforma delle istituzioni scolastiche e dello stato giuridico dei docenti, in discussione in Parlamento.
Finalità
Già nel 2003 il CNEL approvò un apposito documento di Osservazioni e Proposte. Oggi, alla luce di quanto in quell’occasione già ribadito, si ritiene fondamentale sottolineare nuovamente il riconoscimento del diritto delle persone con disabilità a stare nella scuola di tutti.
Tale diritto costituzionale, sancito dallo specifico articolo 34 [«La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso», N.d.R.], è stato oggetto in questi anni di regolamentazione da parte di una copiosa normativa. Dal punto di vista giuridico, l’integrazione scolastica può essere vista come il diritto dell’alunno con bisogni educativi speciali a ricevere la prestazione nella scuola “comune” al pari degli altri alunni e il correlativo dovere del pubblico servizio scolastico di erogare una prestazione di educazione e di insegnamento differenziato in rapporto alle particolari condizioni.
Anche alla luce della Legge 67 del 2006 sulle pari opportunità e non discriminazione delle persone con disabilità e della Convenzione Mondiale dei Diritti Umani delle Persone con Disabilità, approvata dall’ONU nel 2006 e ratificata dal Parlamento Italiano con la Legge 18 del 2009. Da ciò si evince l’eguaglianza di tutti i cittadini, la parità degli stessi nei confronti dell’ordinamento giuridico e l’obbligo dello Stato di garantire condizioni di fatto che consentano a tutti i cittadini lo sviluppo della loro individualità, nonché la partecipazione alla vita sociale del Paese.
D’altra parte, l’integrazione scolastica va considerata anche con riferimento agli aspetti socio culturali. Sotto questo profilo, essa si inquadra in un lungo e faticoso processo di cambiamento culturale, in cui il confronto con la diversità ha spesso rappresentato la principale “barriera” da abbattere.
Se integrazione significa accettare le differenze e ispirare la propria vita e la propria azione ai valori dell’uguaglianza e della solidarietà, è evidente che per raggiungere tale obiettivo non può essere sufficiente, anche se assolutamente necessario, il ricorso allo strumento legislativo, essendo altresì indispensabile la presa di coscienza di tutti i soggetti direttamente coinvolti a livello istituzionale come Regioni, Province e Comuni, come previsto per legge e più di recente dall’Intesa Stato-Regioni del 20 marzo 2008 e, più in generale, di tutti i cittadini singoli e organizzati in associazioni, organizzazioni di volontariato, cooperative e cooperative sociali e, in sintesi, dei soggetti del Terzo Settore.
Deve comunque tenersi presente che per l’inclusione scolastica soggetti ineliminabili rimangono le famiglie, con le quali la scuola deve dialogare in modo costruttivo e con le quali essa deve intrattenere rapporti privilegiati, come espressamente sancito nell’articolo 1 della Legge 53/03, Legge Moratti di riforma della scuola. Anzi, se il ruolo delle singole famiglie è indispensabile per realizzare una buona qualità dell’inclusione dei singoli alunni con disabilità, per una piena partecipazione democratica al processo sociale di inclusione occorre un dialogo costruttivo con le associazioni dei familiari per i minori con disabilità e con le associazioni dei disabili per gli alunni maggiorenni, secondo il principio Nulla su di Noi senza di Noi.
Modalità organizzative
Inoltre, siccome con l’articolo 21 della Legge 59/97 le singole scuole hanno ottenuto il riconoscimento dell’autonomia giuridica, finanziaria e organizzativa, l’inclusione degli alunni con disabilità deve ormai collocarsi nella nuova logica dell’autonomia scolastica, costituzionalmente riconosciuta dalla Legge Costituzionale 3/01.
In tale logica, per superare le carenze e le disfunzioni che verranno più oltre evidenziate, dovute al difficile coordinamento dei diversi servizi di Enti Locali e ASL che debbono sostenere gli interventi scolastici, va facendosi strada l’idea che siano le istituzioni scolastiche autonome a dover coordinare l’insieme dei diversi servizi. Ciò secondo il principio della “responsabilità prevalente” che solo può assicurare tempestività, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa ed educativa e che può garantire la qualità dell’inclusione, nonché dalle recenti normative volute dal ministro dell’Istruzione on Gelmini, in particolare dalle Leggi 133 e 169 del 2008 e dai regolamenti applicativi in fase di emanazione.
Lo stato attuale dell’inclusione scolastica in italia
L’integrazione generalizzata, la cui normativa in Italia costituisce vanto presso tutti gli altri Paesi del mondo, negli ultimi anni ha subito un forte calo di attenzione; in particolare durante le ultime tre legislature non ci sono stati arretramenti normativi, ma i tagli alla spesa, uniti al disinteresse governativo per contrastare il mancato rispetto della normativa, hanno determinato forti arretramenti nella qualità dell’integrazione realizzata precedentemente.
Per avere un’idea chiara dell’ampiezza del fenomeno dell’inclusione scolastica, si tenga presente che oggi frequentano le scuole comuni italiane quasi 200.000 studenti certificati con disabilità per i quali l’Amministrazione Scolastica nomina circa 90.000 insegnanti per le attività di sostegno didattico.
Le Associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari hanno denunciato in numerosi documenti il mancato rispetto della normativa e le lacune che potrebbero essere colmate con interventi normativi non solo legislativi, ma anche amministrativi.
Recentemente, inoltre, l’INVALSI [Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione, N.d.R.] ha pubblicato un’apposita ricerca cui hanno risposto circa il 62% delle scuole del nostro Paese [a tale ricerca, presentata tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, il nostro sito ha dedicato a suo tempo un’ampia analisi, disponibile cliccando qui, N.d.R.]. Tale ricerca ha inteso verificare la qualità dell’integrazione scolastica evidenziando alcuni indicatori e alcune precondizioni per l’inclusione e il quadro che essa ci presenta, se ci rassicura circa l’incidenza positiva avuta dall’integrazione scolastica nella maggioranza delle scuole italiane, suona un forte campanello d’allarme per quanto rimane ancora da fare per rimuovere inadeguatezze, superficialità e incongruenze del sistema nel suo complesso.
Proposte per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica
Emerge conseguentemente la necessità di individuare – anche alla luce degli indicatori focalizzati dalla ricerca dell’INVALSI – alcune ipotesi di soluzioni atte a garantire la qualità del diritto allo studio degli alunni con disabilità.
Si ritiene che le soluzioni proposte, se riescono a garantire il diritto allo studio degli alunni con disabilità in situazione di particolare gravità e il buon andamento dell’amministrazione scolastica per la realizzazione dei diritti di tutti i compagni, giovano pure, con gli opportuni adattamenti (che richiedono minori risorse) a migliorare la qualità dell’integrazione di tutti gli alunni con disabilità.
Dato l’accentuarsi della scarsità di risorse finanziarie, occorre puntare su soluzioni che riducano gli sprechi e la duplicazione di costi, realizzando una maggiore efficacia degli interventi e quindi una migliore qualità dell’inclusione scolastica.
Le proposte che seguono prospettano soluzioni che possono raggrupparsi in cinque categorie:
1. eliminazione di cattive prassi amministrative, come ad esempio l’utilizzo improprio di docenti per il sostegno in supplenze in altre classi, creando un contenzioso che vede perdente l’Amministrazione;
2. interventi con semplici atti amministrativi, come ad esempio Circolari Ministeriali per chiarire definitivamente aspetti non immediatamente evidenti, come il diritto delle famiglie di partecipare alla formulazione del piano educativo individualizzato;
3. contrattazione collettiva che chiarisca senza margini di dubbio il dovere del personale docente e non docente della scuola alla partecipazione in servizio all’aggiornamento sulle tematiche della didattica dell’inclusione scolastica, in modo da realizzare la presa in carico del progetto educativo da parte di tutti i docenti curricolari, evitando la delega, ormai quasi generalizzata, ai soli docenti per il sostegno, con l’uscita assai frequente degli alunni con disabilità dalle classi, con lo snaturamento della normativa e delle buone prassi di inclusione;
4. adozioni di provvedimenti politico-amministrativi, come ad esempio la riattivazione dell’Osservatorio Ministeriale sull’Integrazione Scolastica, la stipula di accordi di programma regionali e subregionali sull’inclusione scolastica, Iintese delle Conferenze Stato-Regioni per individuare linee guida di buone prassi di inclusione scolastica.
5. interventi legislativi correttivi, come ad esempio l’abrogazione delle norme che prevedono l’assegnazione nelle scuole secondarie di secondo grado di docenti per il sostegno in quattro aree disciplinari; la qual cosa si è prestata nella prassi ad arbìtri che hanno talora isolato gli alunni con disabilità dai compagni e dai docenti curricolari, in quanto talora contornati da quattro docenti per il sostegno.
Eliminazione di cattive prassi amministrative e proposta di buone prassi
– Dal momento che in molte scuole le famiglie non vengono coinvolte, come da legge, nella formulazione del Piano Educativo Individualizzato (PEI), si chiede una direttiva del MIUR [Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, N.d.R.] che imponga a tutti i dirigenti scolastici di coinvolgere attivamente le famiglie e i docenti curricolari nel progetto e nella realizzazione dell’integrazione scolastica. Tutta la documentazione dev’essere disponibile in ogni tempo per le famiglie.
– Occorre programmare a partire dal momento delle iscrizioni (gennaio dell’anno precedente la frequenza scolastica) dei PEI che possano prevedere, a seconda dei casi, un percorso di avvicinamento alla classe di appartenenza, periodi di presenza in classe e di attività para ed extrascolastiche con la presenza di operatori appartenenti alla scuola, agli Enti Locali, alle ASL e dai soggetti del Terzo Settore.
– L’articolo 12, comma 6 della Legge 104/92 prevede verifiche sui risultati dell’integrazione scolastica a livello di singole scuole e il Decreto istitutivo dell’INVALSI prevede la valutazione della qualità del sistema di istruzione. Si propone che la già qui citata ricerca dell’INVALSI venga utilizzata per promuovere l’autovalutazione obbligatoria in tutte le scuole e che gli indicatori di qualità che ne scaturiranno entrino a far parte degli indicatori per valutare la qualità dell’intero sistema di istruzione. Ciò faciliterà una concorrenza positiva tra le istituzioni scolastiche.
– Necessità immediata del rispetto del genere degli alunni con disabilità nell’effettuazione dell’assistenza igienica da parte di collaboratori e di collaboratrici, a partire almeno dalla scuola primaria e in tutti i successivi ordini e gradi di istruzione, modificando, anche tramite contrattazione sindacale, la rigidità delle graduatorie per le nomine di tale personale.
Interventi con semplici atti amministrativi
– Occorre che le Regioni, con atto deliberativo, garantiscano Unità Multidisciplinari stabili, con la presenza di figure professionali competenti, anche nel campo degli alunni con handicap in situazioni di particolare gravità, con una più approfondita specializzazione.
All’individuazione degli obiettivi deve contribuire anche la famiglia, pure tramite esperti di sua fiducia, sulla base del suo diritto-dovere di scegliere le mete educative e gli strumenti relativi fra quelli validati a livello di buone prassi (confronta anche la citata Intesa Stato-Regioni del 20 marzo 2008, articolo 2).
Le Unità Multidisciplinari devono costituire una continuità con le Unità Valutative dell’Handicap che dovrebbero intervenire prima dell’ingresso nella scuola e con quelle successive alla scuola e devono assumere il ruolo fin qui svolto dalle Commissioni Medico-Legali, affinché i servizi e i trasferimenti monetari siano attribuiti da un solo decisore. Si chiede al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, per il tramite del MIUR, un aumento di interventi riabilitativi secondo le necessità degli alunni con disabilità, con particolare attenzione a quelli con sordità grave e profonda, ritardi intellettivi e relazionali, con conseguente aumento del numero dei riabilitatori, avendo particolare riguardo ai logopedisti. A tal proposito si precisa che le attività riabilitative debbono svolgersi in orario pomeridiano, per non sottrarre gli alunni con disabilità all’esercizio del diritto allo studio.
Infine si chiede che il Servizio di Neuropsichiatria Infantile e gli altri servizi per l’età evolutiva mantengano la presa in carico degli alunni con disabilità per tutto il periodo di frequenza scolastica, anche oltre il raggiungimento della maggiore età. Le strutture sociali e sanitarie dovrebbero essere in grado di fornire informazioni sulle scuole o gli istituti presenti nel territorio, onde evitare un‘affannosa ricerca ai genitori. Questo implica una collaborazione attiva tra i servizi e le scuole e gli istituti presenti nel territorio.
– Dal momento che attualmente circa il 50% dei docenti per il sostegno non è specializzato, si chiede una revisione della programmazione dei corsi di specializzazione, che tenga effettivamente conto dei bisogni di docenti specializzati a livello nazionale. Si propone che la frequenza di un breve corso di formazione prima dell’inizio dell’anno scolastico sia resa obbligatoria per i docenti nominati per il sostegno senza un titolo di specializzazione e sia facoltativa per gli altri insegnanti già specializzati. Se i docenti non specializzati si rifiutano, perdono il diritto alla nomina su posto di sostegno.
– L’articolo 35, comma 7 della Legge 289/02 stabilisce che sono nominati docenti specializzati per l’integrazione scolastica solo in presenza di alunni certificati con disabilità. Nella prassi, molti Dirigenti Scolastici, a causa dei tagli alla spesa pubblica, impiegano tali docenti per supplenze in altre classi, facendo abbandonare da loro gli alunni con disabilità. Occorre stigmatizzare, con apposita Circolare Ministeriale, l’uso improprio dei docenti per il sostegno. Inoltre occorre sollecitare i Dirigenti Scolastici a nominare supplenti, quando non abbiano docenti a disposizione, ai sensi della Sentenza n. 59/04 della Corte dei Conti.
Contrattazione collettiva
– Gli articoli 47 e 48 e l’Allegato A del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del 29 novembre 2007 stabiliscono che l’assistenza igienica agli alunni con grave disabilità debba essere fornita dalle collaboratrici e dai collaboratori scolastici, previa la frequenza di un breve corso di formazione e col diritto a un aumento stipendiale. L’accordo sottoscritto il 10 maggio 2006 ha inserito stabilmente nello stipendio di tale personale un aumento economico per lo svolgimento di tali mansioni, che è divenuto pensionabile.
Nella prassi, essendo facoltativa la frequenza del corso di aggiornamento, molti di loro si rifiutano di svolgere tali mansioni, creando gravissimi disservizi nelle scuole. Purtroppo il nuovo aumento stipendiale potrà di fatto riguardare al massimo il 15% del personale di ruolo. Si paventa il rischio che quanti non potranno fruire di tale aumento si rifiutino di svolgere tali mansioni, creando il caos nelle scuole.
– Si propone, sulla base di apposita contrattazione collettiva sindacale, l’incentivazione dei corsi di formazione nonché della prestazione di tali mansioni rispettando il genere degli alunni (maschio o femmina) e l’aumento del fabbisogno finanziario, pena la mancata assistenza igienica degli alunni con handicap in situazione di maggiore gravità, che configura il reato di interruzione di pubblico servizio.
– Si propone, inoltre, che sia resa obbligatoria per tutti i tutti i docenti, tramite accordi con i sindacati, la formazione in servizio sull’integrazione scolastica del tipo di disabilità da seguire, con particolare attenzione agli alunni con handicap in situazione di gravità. Si propone una specifica formazione iniziale e in servizio sull’integrazione scolastica dei Dirigenti Scolastici.
Adozioni di provvedimenti politico-amministrativi
– Occorre prevedere la possibilità di attuare progetti di istruzione domiciliare, laddove necessario, anche se non preceduti da ricovero ospedaliero, purché vi sia una prognosi di assenza dalla scuola di almeno trenta giorni.
Occorre modificare in tal senso il Protocollo d’Intesa tra Ministeri del 24 ottobre 2003 in tema di istruzione domiciliare che pretende una previa degenza ospedaliera di oltre trenta giorni.
– Occorre dare immediatamente attuazione alla citata Intesa Stato-Regioni del 20 marzo 2008 perché vengano affrontati i problemi organizzativi della presa in carico, da parte dei Comuni capofila dei Piani di Zona e stilati i progetti individuali di integrazione scolastica ed extrascolastica, con particolare attenzione agli alunni in situazione di gravità; ciò sulla base dell’articolo 14 della Legge 328/00 e degli accordi di programma che approvano i piani di zona ai sensi del successivo articolo 19 della stessa Legge, alla cui stipula debbono partecipare anche le reti di scuole interessate. Inoltre, le scuole “polo” verranno costituite anche sulla base di accordi con gli Enti Locali e con le associazioni di persone con disabilità presenti sul territorio.
– Occorre rilanciare gli accordi di programma fra scuola, Enti Locali e ASL di cui all’articolo 13, comma 1 della Legge 104/92, finalizzati anche alla programmazione coordinata dei servizi per l’integrazione di questi alunni, e che prevedano anche l’individuazione di “indicatori” strutturali di processo e di risultato dell’integrazione scolastica, pure degli alunni con handicap in situazione di particolare gravità.
Va chiesto alla Conferenza Stato-Regioni e al Ministro del Lavoro, per il tramite del MIUR, che gli alunni con disabilità accedano ai corsi di formazione professionale, anche se privi del diploma di terza media, come già avviene per l’accesso alla scuola superiore col semplice attestato comprovante i crediti formativi maturati; è necessario altresì che tali alunni possano frequentare i corsi di formazione professionale anche dopo il diciottesimo anno di età, specie se in prosecuzione del percorso scolastico, cosa attualmente vietata da molte Regioni.
In considerazione dei diversi ritmi di maturazione, in particolare per i ragazzi con ritardi intellettivi, oltre a poter frequentare oltre il diciottesimo anno di età, il tempo di permanenza nel corso professionale dovrà essere stabilito dalla commissione esaminatrice del Centro di Formazione Professionale o di quelli accreditati come le cooperative sociali (anche in collaborazione con l’ASL) e rapportato alle esigenze e situazioni del ragazzo.
– Gli Uffici per l’Impiego dovranno tenere conto dei tirocini svolti con valutazione positiva, dando un punteggio da aggiungere ai Criteri e modalità di valutazione degli elementi che concorrono alla formazione delle graduatorie degli iscritti agli elenchi provinciali delle persone con disabilità.
– Dal momento che sono sorte controversie interpretative circa l’articolo 139 del Decreto Legislativo 112/98 che impone l’obbligo alle Province di prestare assistenza per l’autonomia e la comunicazione a tutti gli alunni con disabilità frequentanti la scuola superiore, si propone che, con un atto della Conferenza Stato-Regioni-Città venga definitivamente chiarita la competenza delle Province. Le Province non debbono limitarsi all’assistenza ai soli alunni ciechi e sordi ai sensi della Legge 67/93, ma debbono prestare tale assistenza a tutti gli alunni con disabilità frequentanti le scuole superiori, in forza dell’articolo 139 del Decreto Legislativo 112/98.
L’assistenza va progettata con le famiglie e può riguardare anche interventi educativi domiciliari. A proposito del rifiuto di assistenza scolastica agli alunni con deficit intellettivi, motivato dalla dizione dell’articolo 13, comma 3 della Legge 104/92 che parla di «alunni con minorazioni fisiche e sensoriali», va precisato che l’articolo 14 della Legge 328/00 non distingue più fra le diverse tipologie di minorazioni per la presa in carico del progetto globale di vita, anche in età scolare. E a proposito dell’assistenza educativa, occorre precisare che tali educatori debbono ricevere una formazione iniziale e in servizio e dev’essere normato a livello nazionale il loro profilo professionale, individuando titolo di accesso, curricolo, titolo conseguito, nonché il mansionario, come ha fatto la Provincia Autonoma di Trento col Regolamento del 2008 sui BES (Bisogni Educativi Speciali). Si deve pretendere che la qualificazione professionale degli assistenti debba riguardare anche gli operatori delle cooperative e delle cooperative sociali con le quali normalmente Comuni e Provincie si convenzionano per la gestione del servizio di assistenza.
– La Circolare Ministeriale n. 262/88, a seguito della famosa Sentenza della Corte Costituzionale n. 215/87 sul diritto pieno e incondizionato degli alunni con disabilità a frequentare le scuole di ogni ordine e grado, ha istituito un Osservatorio Ministeriale, composto da associazioni, dirigenti e funzionari ministeriali ed esperti di altre Amministrazioni, quale organo di consulenza e proposta al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e delle altre Amministrazioni che, per legge, hanno competenze sul processo d’integrazione scolastica degli alunni con disabilità.
Il precedente Governo, pur avendo istituito i due organi interni allo stesso e cioè la Consulta delle Associazioni e il Comitato Tecnico-Scientifico, non ha previsto la presenza di funzionari ministeriali né del MIUR, né di altre Amministrazioni; né ha ripristinato l’organismo di raccordo fra i due organi con funzioni operative. La conseguenza è stata una quasi inesistente attività dell’Osservatorio.
Vista la riconvocazione a partire dall’aprile 2009 della Consulta delle Associazioni, si propone una piena riattivazione di tutti gli organismi previsti dallo stesso Osservatorio integrati come sopra.
– La Conferenza Stato Regioni ha approvato il 20 marzo 2008 la già più volte citata Intesa sui criteri di accoglienza e di presa in carico degli alunni con disabilità, col consenso di tutte le Regioni, sia quelle governate dal centro-destra che quelle governate dal centro-sinistra. Essa apporta notevoli miglioramenti alla normativa vigente, specie per i rapporti interistituzionali; ma non se n’è avviata l’attuazione in vista del prossimo anno scolastico e di quello successivo.
Si chiede che vengano rilanciati i contenuti dell’Intesa e la stipula degli accordi di programma regionali e subregionali che soli possono garantire le scuole come servizi territoriali decentrati e autonomi, inseriti nella rete dei servizi locali, grazie al cui coordinamento si può realizzare una migliore qualità dell’integrazione nella logica di scuole di eccellenza.
– L’articolo 24 della Legge 104/92 prevede l’eliminazione delle barriere architettoniche e senso-percettive. Il DPR 503/96 è il regolamento esecutivo della norma. Nella prassi tali norme vengono scarsamente rispettate per le scuole e moltissimi Comuni non hanno adottato i piani finanziari per la loro applicazione.
Negli accordi di programma occorre prevedere la formulazione di piani finanziari per l’eliminazione delle barriere architettoniche e senso-percettive nelle scuole, in tempi determinati, secondo un programma prestabilito, con lo stanziamento di precise risorse economiche rispettivamente ai Comuni per le scuole dell’infanzia e del primo ciclo e alle Province per la scuola secondaria di secondo grado.
Interventi legislativi correttivi
– Le aree disciplinari introdotte dall’articolo 13, comma 5 della Legge 104/92 per la nomina di docenti per il sostegno nelle scuole secondarie di primo e secondo grado determinano spesso nomine arbitrarie e lesive di priorità di punteggio nelle graduatorie.
Si propone l’abrogazione del citato articolo e anche il ripristino degli elenchi nelle scuole secondarie di secondo grado – come da sempre avvenuto con esito positivo nelle scuole secondarie di primo grado – degli insegnanti specializzati cui attingere per ordine di punteggio, al fine di evitare anche l’affermarsi della delega degli insegnanti curricolari ai soli insegnanti delle attività di sostegno. Ciò anche perché in ciascuna area sono assemblate discipline assai diverse tra loro che non danno alcuna garanzia di interventi specifici a favore dell’integrazione scolastica (si pensi, ad esempio, che nell’area tecnologica sono presenti informatica e diritto).
– La Legge 17/99 garantisce il diritto degli alunni con disabilità in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado ad accedere alla frequenza dei corsi universitari. Nella prassi i fondi per le forme di assistenza a tali studenti vanno di anno in anno riducendosi, mentre il loro numero va crescendo, essendo pervenuto a circa 10.000 unità. Inoltre, non tutte le Regioni hanno concordato con le Università le modalità di trasporto gratuito di tali studenti.
Occorre con le leggi di bilancio adeguare i fondi assegnati per i tutor e altre provvidenze al crescente numero di tali alunni e normare ovunque in modo chiaro le modalità di esercizio del diritto al trasporto gratuito alla sede universitaria prescelta.
– La Legge 104 del 1992 prevede l’assegnazione di docenti per il sostegno esclusivamente agli alunni certificati con disabilità. Nella prassi, nelle scuole è presente circa il 20% di alunni con difficoltà di apprendimento non riconducibili alla disabilità e quindi non certificabili, che comunque necessitano di risorse umane supplementari. Talora si sopperisce a tale mancanza con fittizie certificazioni di handicap; talora si utilizzano le risorse assegnate agli alunni con disabilità per risolvere anche questi problemi, svantaggiando ingiustamente gli alunni certificati.
Si impone la necessità di trovare con apposita legge – come ha fatto espressamente la Provincia Autonoma di Trento con la Legge Provinciale 5/06 [articolo 74, comma 2, N.d.R.] – nuove risorse finanziarie e umane anche per questi problemi, pena il collasso della qualità dell’integrazione e di tutto il sistema dell’istruzione.
– Il nuovo Regolamento sul riordino degli organici e sulla formazione delle classi, applicativo dell’articolo 64 della legge 33/08 ha fissato “di regola” a 20 il numero massimo di alunni nelle classi dove sono presenti ragazzi con disabilità. Lo stesso però non fissa un tetto massimo di alunni con disabilità che possano essere presenti nella stessa classe col rischio che per ridurre la spesa pubblica vi possa essere un concentramento di 4 o 5 alunni con disabilità.
Si chiede che in ciascuna classe non possano esserci più di due o tre alunni con disabilità non gravi. Ciò alfine di garantire la qualità, l’efficacia e l’efficienza del servizio di istruzione per tutti gli alunni, anche ai sensi dell’articolo 97della Legge.
– All’articolo 1, comma 75, la Legge 662/96 ribadisce il principio, più volte enunciato nella normativa, della continuità didattica degli insegnanti per il sostegno. Nella prassi tale continuità rimane inapplicata; infatti, gli insegnanti per il sostegno con nomina a tempo indeterminato, dopo cinque anni possono passare su cattedra comune. Quelli a tempo determinato hanno una nomina annuale e talora si succedono nello stesso anno, ricevendo alcuni una nomina provvisoria in attesa dell'”avente diritto”, altri una nomina definitiva ad anno scolastico da tempo iniziato.
In alternativa all’istituzione di un’apposita classe di concorso per gli insegnanti di sostegno – accettabile solo con la permanenza in essa dei docenti per tutti gli anni di insegnamento, fatte salve le normali condizioni di passaggio di cattedra – si propone un aumento degli anni di permanenza su posti di sostegno, incentivata in forma non monetaria. Si propone, altresì, che venga esteso anche ai docenti precari il disposto dell’articolo 461 del Decreto Legislativo 297/94, secondo il quale dopo il ventesimo giorno dall’inizio delle lezioni un docente non può essere spostato di sede. In tal caso dovrà essere garantito punteggio e stipendio ai docenti precari che, a seguito di ricorsi o altre circostanze, avrebbero diritto alla nomina dopo il ventesimo giorno.
Occorre infine prevedere che i contratti a tempo determinato abbiano validità per un biennio o un triennio a seconda che si tratti di un ciclo di studi biennale o triennale (primo triennio della scuola primaria, triennio della scuola secondaria di primo grado, triennio della scuola secondaria di secondo grado). La continuità dovrà riguardare la permanenza del docente nella classe frequentata dall’alunno. A tal fine, qualora il docente venga nominato per più alunni, si dovrebbe riuscire a dare nomine parallele relative allo stesso anno di corso.
Conclusioni
Le soluzioni proposte, puntando alla qualità dell’inclusione, giovano ad accrescere la qualità di tutto il sistema di istruzione, data la presenza generalizzata di alunni con disabilità in tutte le classi delle scuole di ogni ordine e grado.
Infatti, se la qualità dell’inclusione viene valutata tramite “indicatori”, essa entra nella valutazione di tutto il sistema scolastico. Ciò comporterà una concorrenza positiva fra le scuole che vedranno crescere il punteggio della loro valutazione globale, praticando una buona qualità dell’inclusione, mentre viceversa se lo vedranno ridurre in caso contrario.
Infine, le soluzioni proposte anticipano e preparano il monitoraggio cui tutto il sistema di istruzione verrà sottoposto a breve, a causa dell’avvenuta ratifica con la Legge 18/09 del Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. L’articolo 24 (“Educazione”, N.d.R.] di tale Convenzione individua infatti alcuni criteri di qualità dell’inclusione scolastica, che saranno oggetto di monitoraggio da parte degli organismi previsti dalla Convenzione stessa, col rischio di denuncia alla Segreteria dell’ONU per le violazioni della normativa e della prassi riscontrate.
L’Italia – che è stata la prima e l’unica al mondo ad attuare l’inclusione generalizzata – non può non cogliere questa occasione per mostrare come non solo abbia anticipato la normativa in tale campo, ma anche voglia impegnarsi seriamente ad attuarla e a farla rispettare.
*Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Il CNEL è previsto dalla Costituzione Italiana, che all’articolo 99 lo definisce esattamente «Organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i princìpi ed entro i limiti stabiliti dalla legge».
Le composizioni e le attribuzioni del CNEL – istituito dalla Legge 33/57 – sono disciplinate dalla Legge 936/86 e dalla Legge 383/00. Ha una durata di cinque anni e il suo presidente viene nominato, al di fuori dei componenti, con Decreto del Presidente della Repubblica. I consiglieri sono in totale 121: 12 esperti – scelti fra qualificati esponenti della cultuar economica, sociale e giuridica – 44 rappresentanti dei lavoratori dipendenti, del settore pubblico e privato, 18 del lavoro autonomo, 37 delle imprese e 10 delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato
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