Si è sottratto alla giustizia. Voleva una riforma della Costituzione. E si considerava un perseguitato. Così, nel decennale della scomparsa, il fantasma di Bettino viene usato per gli interessi del Cavaliere. Il 19 gennaio prossimo, si sa, ricorre il decennale della morte di Bettino Craxi: ma, già nelle settimane precedenti l’anniversario, il fantasma del leader socialista ha iniziato a circolare parecchio nei palazzi della politica. Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha proposto di onorarne la memoria con una via o un parco. Una cerimonia si svolgerà al Senato, presenti le alte cariche dello Stato. Un’altra commemorazione si terrà a Hammamet, dove Craxi è scomparso. Il regista Marco Bellocchio ha annunciato un film su di lui. I figli Bobo e Stefania, seppur divisi da rancori personali e contrapposizioni poitiche (lui sta con il centrosinistra, lei con il Pdl) appaiono su giornali e in tivù a ricordare a tutti la “modernità” del pensiero “lib-lab” del padre.
Il giudizio su Craxi politico, naturalmente, dovrebbe appartenere ormai più agli storici che ai politici: ed è materia semiaccademica capire se, nell’esame complessivo, prevalgano gli aspetti positivi (come il tentativo di far uscire l’Italia dal dualismo delle grandi chiese Pci-Dc e lo sguardo aperto oltre le divisioni create dal Muro di Berlino) o quelli negativi (la riduzione di un grande partito a un comitato d’affari, l’illegalità come prassi diffusa a ogni livello, la politica ridotta a strumento di gestione del potere e del denaro).
Restano, tuttavia, alcune certezze non molto discutibili sul piano politico e fornite dalla cronaca di quei tempi: Bettino Craxi è morto latitante e non esule, con dieci anni di carcere comminati da sentenze definitive passate in giudicato (quindi con magistrati e corti diverse), mentre altri processi non sono giunti a termine, per l’imputato Craxi, proprio per la sua scomparsa.
Resta anche il fatto indubitabile che Bettino Craxi ha scelto di sottrarsi alla giustizia e di difendersi non nei processi ma dai processi, trascorrendo gli ultimi anni sotto la protezione di un dittatore golpista, il tunisino Ben Ali, amico da molti anni dell’ex leader socialista. E forse proprio questa scelta di Craxi – sottrarsi al suo giudice naturale autodefinendosi “perseguitato” dai magistrati – può fornire una tra le chiavi di lettura della sua rivalutazione attuale: la strategia, evidentemente, è molto simile a quella usata oggi da Berlusconi.
Se si riabilita Craxi, insomma, si legittima il diritto di un leader politico a difendersi non nei processi ma dai processi. E si stabilisce che un politico non possa essere biasimato – tutt’altro – se si rifiuta di accettare il suo giudice naturale come qualsiasi altro comune mortale.
Ma nell’attuale revisionismo storico su Bettino, a dieci anni dalla morte, c’è qualcosa di ancora più importante e attuale. E qui entra in ballo il Craxi “riformista”: quello che per primo, giunto a Palazzo Chigi, lamentava che il suo “decisionismo” fosse frenato dalla “eccessiva frammentazione dei poteri” stabilita dalla Costituzione, sicché in Italia bisognava fare una Grande Riforma in senso presidenzialista. Come si sa, il progetto di Craxi fu frenato dalla diffidenza dei due grandi partiti, Dc e Pci, e si trasformò alla fine, semplicemente, in un sistema di potere condiviso con i due più potenti esponenti democristiani dell’epoca, Andreotti e Forlani. Lo stesso Craxi, anni dopo, definì “un inutile abbaiare alla luna” quel suo disegno di revisione della Costituzione.
Oggi, tuttavia, esso torna utilissimo a Silvio Berlusconi e ai suoi, che hanno dichiarato il 2010 “l’anno delle riforme” e si apprestano a mettere le mani sulla Costituzione del 1948. Se questa era già vecchia nel 1984 – è il pensiero che viene fatto passare – figurarsi se non lo è un quarto di secolo dopo. E se Craxi non è riuscito nel suo progetto presidenzialista perchè allora c’erano la Dc e il Pci, adesso che questi ostacoli non ci sono più è il momento di passare dalle parole ai fatti.
Insomma, la beatificazione attuale di Bettino trascende di molto il complesso giudizio storico su quello che fu il politico, l’uomo e lo statista Craxi. Ed è un’arma in più, nella battaglia politica in corso, per sancire il diritto di Berlusconi a non farsi giudicare e per ribadire l’esigenza di riformare la Costituzione per dare a Berlusconi più poteri. E’ un’arma che viene usata senza freni sui giornali e sulle televisioni, proprio per la sua straordinaria utilità nel presente. Ed è un’arma contro la quale il Pd non riesce a contrappore nulla, intimidito dall’ipotesi che – solo a svelare lo spregiudicato uso politico fatto oggi di quel fantasma – si possa passare per il “partito dell’odio”
L’Espresso
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