Nel Sud la percentuale dei poveri sale al 29%. La Cgil: troppa cassa e disoccupazione. In difficoltà con mutui e spese per la casa. I più colpiti sono dipendenti e pensionati. E’ in crescita il numero delle famiglie italiane che dichiarano di avere difficoltà ad arrivare la fine del mese, oppure a pagare rate di mutuo e bollette. Sono dati in realtà di un anno fa quelli diffusi dall’Istat ieri, perché è occorso tempo a elaborarli nel dettaglio. Ma è assai improbabile le cose possano essere migliorate oggi, con mezzo milione di occupati in meno rispetto alla fine del 2008.
Le «Condizioni di vita e distribuzione del reddito» vengono rilevate nell’ambito di un progetto europeo, con domande standardizzate, che indaga un po’ su tutto (perfino su chi ha il gabinetto in casa e chi no; in quello l’Italia sta a posto, pare ce l’abbiano tutti). Nel confronto con gli altri paesi, da anni gli italiani appaiono o più malmessi o più pronti a lamentarsi degli altri. In Francia solo il 3% dichiara problemi di fine mese; in Germania il 2%, in Spagna il 13%, solo in Grecia, Portogallo, Est quote maggiori.
Le domande di cui è stata data notizia ieri riguardano anche il riscaldamento della casa, che 11 famiglie su 100 rispondono di non potersi permettere in misura adeguata. Il peggioramento della situazione, dal 2007 al 2008, riguarda soprattutto il Mezzogiorno. Ad «arrivare alla fine del mese con molta difficoltà» erano alla fine dell’anno scorso il 17% delle famiglie, contro il 15,4% della fine 2007; nel Sud e nelle Isole il balzo è stato più ampio, dal 22% al 25,6%.
Non è una novità che a soffrire di più siano le famiglie numerose (cinque o più componenti); anche in questo caso c’è un netto aggravamento dal 2007, 25% in difficoltà, al 2008, 29,6%. Ancor più, tra le famiglie con tre o più figli minori nel 2008 quasi un terzo, il 32,9%, hanno avuto difficoltà a far tornare i conti («make the ends meet» nell’inglese delle istruzioni di Eurostat) in forte ascesa dal 25,9% del 2007.
Guardando alle fonti di reddito, a passarsela peggio dell’anno precedente sono stati soprattutto i lavoratori dipendenti e i pensionati; pressoché invariata invece la condizione dei lavoratori autonomi e dei percettori di altri redditi. Non a caso negli ultimi tempi tutte le confederazioni sindacali, sia pur ognuna a proprio modo, reclamano sgravi fiscali a favore dei lavoratori dipendenti.
Nelle cifre diffuse dall’Istat – che si basano su un campione di 21.000 famiglie – i redditi netti (ma qui si risale al 2007) sono di circa 33.000 euro annui per una famiglia dove il reddito principale è di lavoro dipendente, 41.500 dove è di lavoro autonomo. Le disuguaglianze tra ricchi e poveri non sembrano in crescita; restano più alte nelle regioni povere e popolose e nel Lazio, più basse a Nord di Roma.
Secondo calcoli della Cgil, in questa fine 2009 la percentuale delle famiglie in difficoltà sarebbe salita ancora, a circa il 25% nel caso dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, rispetto al 16,7% e 18,7% del 2008 dei dati Istat; sapremo tra un anno se è vero o no. Agostino Megale, il segretario confederale Cgil che segue i problemi economici, sostiene che il reddito reale delle famiglie, in calo dello 0,4% nel 2008, sarebbe sceso di un altro 0,5% nel 2009.
E’ questo, secondo il dirigente Cgil, «il volto reale del paese» di contro all’ottimismo governativo, con «1.200.000 persone in cassa integrazione» e mezzo milione di posti di lavoro in meno. Nelle principali previsioni internazionali, la disoccupazione in Italia continuerà a crescere per tutto il 2010.
La Stampa 30.12.09
Pubblicato il 30 Dicembre 2009