Il senato statunitense ha approvato la legge di riforma sanitaria voluta dal presidente Barack Obama. Grazie a sessanta voti a favore (58 democratici più i due indipendenti) la supermaggioranza di 60 voti è stata raggiunta, impedendo ai repubblicani di fare ostruzionismo. La riforma permetterà a oltre 30 milioni di americani di ottenere la copertura assicurativa. Il testo approvato dal Senato non è identico a quello già passato alla Camera dei Rappresentanti: il via libero definitivo arriverà dopo l’armonizzazione tra i due testi. In ogni caso, si tratta di un evento storico, nonché di una grande vittoria politica del presidente democratico.
Ai repubblicani però la riforma sanitaria non va giù. Al punto che uno di loro, il senatore Tom Coburn ha pubblicamente incitato i connazionali a pregare affinché almeno uno dei rappresentanti democratici sia costretto dal fato a disertare le sedute finali per l’approvazione della legge. La speranza è che da qui a febbraio manchi quel sessantesimo voto necessario ad impedire l’ostruzionismo dell’opposizione in aula.
MACABRO AUGURIO
Poiché si dà il caso che l’anziano senatore Robert Byrd sia seriamente malato, le parole di Coburn sono suonate come un macabro augurio di aggravamento o peggio nelle condizioni di salute dell’avversario politico. È in questo clima di feroce contrapposizione ideologica che le parti politiche si sono affrontate per mesi negli Stati Uniti intorno alla proposta, cara ad Obama, di garantire una migliore assistenza medica ai cittadini americani, e consentire che vi abbiano accesso anche coloro che per ragioni economiche ne sono del tutto privi. Con il sì conclusivo del Senato, il cammino è davvero in discesa. Deputati e senatori dovranno armonizzare i due diversi testi passati nei due rami del Parlamento, e la versione finale potrà essere promulgata entro la fine di gennaio. Lungo il percorso, il progetto originario ha perso alcuni pezzi importanti. Già si dà per scontato che verrà cancellata la creazione di un istituto pubblico di assicurazione medica, che i liberal democratici avrebbero voluto affiancare alle compagnie private, per favorire una più vivace concorrenza ed un probabile abbassamento delle tariffe. La lobby medico-farmaceutica-industriale ha trovato sponde non soltanto fra i conservatori dell’Elefante, ma anche nelle frange moderate dell’Asinello. Contro la cosiddetta «opzione pubblica» sono stati sfoderati argomenti spesso del tutto pretestuosi. Attenti, vogliono imporci uno statalismo socialista, ammonivano i più rozzi. Altri agitavano il fantasma di un aumento di tasse necessario a finanziare il progetto, oppure denunciavano il probabile scadimento del servizio. Accuse respinte punto su punto da Obama e dai suoi, ma supportate da un notevole battage pubblicitario mediatico, e capaci di penetrare nell’opinione pubblica. Alla fine Obama ha dovuto piegarsi. Per salvare altre parti della riforma, ha dovuto rinunciare all’opzione pubblica. Benché essa compaia nel testo approvato dalla Camera, non ce n’è traccia in quello del Senato, e scomparirà da quello definitivo. Stessa sorte toccherà alla copertura assicurativa per gli aborti. La formulazione del Senato, destinata a prevalere su quella della Camera, esclude che si usi denaro pubblico per le interruzioni di gravidanza.
EQUITÀ SOCIALE
Sull’altro piatto della bilancia, i promotori della riforma possono vantare progressi significativi. Dei 54 milioni di cittadini che attualmente sono privi di qualunque assicurazione sanitaria, 31 potranno accedervi con il varo della nuova legge. Un grande passo avanti verso un sistema sociale più equo è l’imposta aggiuntiva (più 0,9%) a carico degli individui con un reddito annuo superiore ai 200mila dollari, per finanziare Medicare, l’agenzia statale che garantisce le cure mediche agli anziani con più di 65 anni di età. Verrà inoltre estesa l’area di persone con diritto di accesso a Medicaid, l’altro ente pubblico che tutela la maternità, l’infanzia, la disabilità, i casi di massima indigenza. Forse esagerando un po’ Obama dice che alla fine sarà esaudito il 95% delle promesse fatte in campagna elettorale. «È una falsa impressione che si siano accettati troppi compromessi – afferma il presidente -. È non è vero che alla legge io dia un sostegno a denti stretti, come insinato da alcuni, ma un sostegno ampiamente entusiastico». Lui, al contrario dei conservatori che pregano per un naufragio in extremis, alla riforma ci tiene tantissimo. Tanto che ha rinviato la partenza per le Hawaii, dove trascorrerà il Natale con la famiglia. Doveva lasciare Washington ieri. «Aspetterò fino a che i miei amici al Senato abbiano completato il loro lavoro», ha dichiarato. L’ultima volta che il Congresso ha lavorato alla vigilia di Natale, fu nel 1963. In discussione allora era la guerra in Vietnam.
L’Unità 24.12.09
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Sì del Senato alla riforma sanitaria. Obama: “E’ un voto storico”, dal nostro inviato ANGELO AQUARO
Il testo, approvato con 60 voti contro 39, è diverso da quello varato dalla Camera
Inizia ora il lavoro di armonizzazione, il via libera definitivo a fine gennaio o a febbraio
La riforma sanitaria di Barack Obama ha tagliato il traguardo storico che non era riuscito a nessun presidente – neppure a Bill Clinton. Con un voto al mattino presto alla vigilia di Natale, alle 7.16 il Senato ha licenziato il suo “bill”, il provvedimento (60 a 39 il voto finale, uno dei 40 repubblicani non ha votato) che adesso dovrà essere armonizzato con quello approvato dalla Camera il mese scorso. Se ne parla dopo le feste, naturalmente, e con ogni probabilità la firma definitiva, che il presidente non vede l’ora di apporre, non potrà arrivare prima di fine gennaio o inizio febbraio, vista la particolare difficoltà del dibattito: giusto in tempo perché la controversa legge diventi argomento di discussione della campagna elettorale di metà mandato in cui i democratici si preparano a pagare il calo di consensi di Barack.
Ma per ora è tempo di festeggiare, in tutti i sensi. Il presidente ha rimandato le vacanze alle Hawaii proprio per presenziare da Washington all’ultimo, anzi penultimo, atto della battaglia sui cui si sta giocando tutta la sua credibilità politica. “Una conquista storica” ha detto Obama apparendo di fronte alle tv prima delle nove del mattino americane, accompagnato da Joe Biden, il vicepresidente che aveva eccezionalmente presieduto la seduta del Senato. “Un voto che ci permetterà di far passare finalmente una vera, signficativa riforma sanitaria: siamo incredibilmente vicini a farlo”.
Il voto – il primo alla vigilia di Natale dal 1895, quando si votò per estendere a tutti i militari i benefici federali – ha confermato le previsioni, tra le proteste dei repubblicani. Jon Kyl, un rappresentante dell’Arizona, ha lamentato che il Congresso sia stato tenuto in ostaggio “in questo weekend di tormenta di neve”. I senatori avevano detto sì già tre volte nelle votazioni procedurali di questa settimana. I democratici si sono allineati dietro le direttive di Harry Reid, il capogruppo che ha dovuto mediare tra le diverse anime del partito e farsi garante di una serie di concessioni, politiche ed economiche. Il Wall Street Journal di Rupert Murdoch, che avversa la riforma, ha stilato il lungo elenco degli aiutini che sono serviti a catturare il voto di tutti i 58 senatori democratici e dei due indiependenti che votano con loro (il quorum di 60 voti era necessario per evitare il filibustering, la battaglia cavillare, dei repubblicani): nel Connecticut concessi 100 milioni al centro medico dell’Università, in Florida una clausolda da 5 miliardi di dollari “salva” i nonni che rischiavano di perdere l’assicurazione Medicare, 500 i milioni di aiuti al Massachussettes, 100 milioni al Vermont, esenzioni previste per il Michigan…
L’ultima grande riforma sanitaria risale negli Usa al 1965, anno della creazione di Medicare, l’assicurazione per gli anziani e i disabili. I democratici sostengono che il provvedimento da 871 miliardi di dollari riuscirà ora a coprire 31 milioni di americani per i quali l’assicurazione sanitaria oggi non è prevista. La legge vieta anche alle compagnie di negare la copertura ai bambini e a chi ha particolari “precedenti” medici (una discrezionalità scandalosamente penalizzante per i cittadini). La chiave del provvimento risiede nella norma che prevede l’obbligatorietà dell’acquisto di un’assicurazione sanitaria a tutti: previsti anche sussiddi per chi non se la può permettere e multe per le aziende con più di 50 dipendenti che non forniscono l’assicurazione.
Non c’è, invece, nel testo passato oggi al Senato, alcun riferimento alla cosidetta opzione pubblica, una sorta di assicurazione di Stato: l’accenno è scomparso dopo che l’indipendente Joe Lieberman (l’uomo che quando militava nei democratici fu candidato alla vicepresidenza con Al Gore) aveva minacciato di non concedere il suo indispensabile sì. Come alla Camera, è passata invece la norma che limita ancora di più l’uso di fondi pubblici per l’aborto terapeutico: una concessione già digerita con amarezza dai democratici più liberal ma che è servita a strappare il voto, anche questo necessario, del sessantesimo senatore, Ben Nelson.
Il presidente aveva già detto che il traguardo del Senato è “storico”, la fine di una battaglia “secolare” che permetterà allo Stato di “salvare tante vite e tanti soldi”, con un risparmio sul deficit calcolato da qui a dieci anni in 132 miliardi di dollari dall’Ufficio Budget, una commissione nonpartisan del congresso.
La palla passa adesso alla conferenza Camera-Senato che dovrà stilare quel provvedimento da far approvare nell’ordine ai due rami del Parlamento. L’appuntamento è all’anno prossimo ma il lavoro degli sherpa – una triangolazione tra Camera, Senato e Casa Bianca – è già cominciato.
La Repubblica 24.12.09
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Obama vince la battaglia della Sanità. Via libera del Senato Usa alla riforma.
Il testo andrà ora armonizzato con quello della Camera: il varo definitivo atteso per gli ultimi giorni di gennaio. Il presidente Usa: «Un voto storico»
Il Senato americano ha approvato la riforma sanitaria. Ancora una volta nessun repubblicano si è unito alla maggioranza democratica, 60 voti, votando compatti tutti e 39 contro la misura che garantirà, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, una copertura sanitaria quasi universale, fornendo l’assistenza sanitaria a 30 milioni di americani ora non assicurati.
Ora il testo approvato al Senato dovrà essere armonizzato con quello passato il mese scorso alla Camera, prima di poter essere approvato definitivamente al Congresso e andare alla firma del presidente Obama, i democratici sperano entro la fine di gennaio. Come era stato annunciato, il vice presidente Joe Biden ha presieduto la seduta del Senato, la prima nel giorno della vigilia di Natale da oltre 50 anni, iniziata alle 7 del mattino per permettere poi ai senatori di trascorerre la sera di Natale con le proprie famiglie.
L’approvazione di oggi è un passo importante verso il raggiungimento dell’obiettivo finale, che i democratici stanno cercando di ottenere da oltre 70 anni, cioè la copertura sanitaria universale, ma non è la fine del processo. Ora, subito dopo le vacanze di Natale, dovranno iniziare i negoziati con la Camera per arrivare ad un testo unico, impresa non facile visto che i deputati democratici hanno approvato un testo molto più liberal, che prevede la public option, cioè un ente pubblico di assicurazione che in grado di fare concorrenza ai privati. Ma i democratici sono sempre più fiduciosi nel fatto che Obama potrà firmare la legge all’inizio del prossimo anno. «La riforma non è più una questione di “se”, ma una questione di “quando”» ha detto il portavoce della Casa Bianca, David Gibbs.
Quello di oggi è «un voto storico» che porta gli Stati Uniti «incredibilmente vicini a rendere la legge una realtà», ha commentato Barack Obama. Un passo importante, anzi «il più importante da quando è stata approvata la legge sul social security (la prima versione del testo fu ratificata il 14 agosto 1935 dall’allora presidente Franklin Delano Roosevelt)», ha aggiunto Obama, sottolineando che la legge «include le misure più rigide mai approvate per rendere l’industria delle assicurazioni responsabile e affidabile».
La Stampa 24.12.09